Impianti sciistici sempre più in difficoltà tra chiusure e aperture a singhiozzo, finanziamenti d’oro per l’innevamento artificiale che non accennano a diminuire e futuro sempre più incerto delle Olimpiadi Milano-Cortina del 2026, tra ritardi, spese faraoniche (più di 30 milioni di euro) e l’incognita neve. Perché con crisi climatica e aumento delle temperature, la montagna cambia volto e il manto nevoso è sempre più effimero su Alpi e Appennini. Lo dimostrano i dati del dossier Nevediversa 2024 di Legambiente: 177 gli impianti temporaneamente chiusi nella Penisola (39 in più rispetto a quelli censiti nel report del 2023), di cui 92 sull’arco alpino e 85 sull’Appennino. Salgono a 93 gli impianti aperti a singhiozzo (nove in più rispetto al 2023) di cui 55 sugli Appennini. Altro dato in crescita è quello delle strutture dismesse che raggiungono quota 260 (erano 249 nel report precedente): 176 sulle Alpi e 84 sulla dorsale appenninica. E poi ci sono i 241 casi (33 in più rispetto allo scorso anno) di ‘accanimento terapeutico’, ossia impianti che sopravvivono solo con forti iniezioni di denaro pubblico. A questo quadro, va aggiunta la crescita dei bacini idrici per l’innevamento artificiale: 158 quelli censiti (16 in più rispetto al report 2023), 141 sulle Alpi e 17 sulla dorsale appenninica. Tutto questo mentre, per aiutare il settore, lo scorso anno il ministero del Turismo ha destinato 148 milioni di euro per l’ammodernamento degli impianti di risalita e di innevamento artificiale a fronte di soli 4 milioni destinati alla promozione dell’ecoturismo. Cresce di poco (ma è comunque un buon segnale) il dato sugli impianti smantellati e riutilizzati, arrivati a 31 e riguardanti solo le Alpi.

Osservati speciali Piemonte, Emilia-Romagna e Toscana – Stando ai dati Arpa Piemonte, nella regione il trimestre appena terminato ha portato l’inverno più caldo degli ultimi 70 anni con una media regionale di 4.5°C, quasi 3°C in più rispetto alla norma del trentennio di riferimento 1991-2020 (i dati sono precedenti alle nevicate cadute in queste settimane, sul finire dell’inverno). Nonostante ciò, in Piemonte, dove i fondi erogati sono tra i più trasparenti e tracciabili, ammontano a oltre 32 milioni di euro i contributi previsti per il biennio 2023-2025 (contro i 29 milioni di euro del biennio 2022-2024). Anche in Appenino la crisi climatica ha pesanti impatti. In Emilia-Romagna, ad esempio, la stagione 2023/24 è iniziata con più di 4 milioni stanziati dalla Regione per indennizzare le imprese del turismo invernale danneggiate dalla scarsità di neve. Legambiente ricorda anche il finanziamento a fondo perduto di 20 milioni di euro per il nuovo impianto di risalita verso il lago Scaffaiolo, un’infrastruttura osteggiata da associazioni e comitati locali. Per quanto riguarda la Toscana, è stato depositato lo Studio di fattibilità dell’impianto funiviario Doganaccia-Corno alle Scale. Costo del progetto: ad oggi 15 milioni e 700mila euro (5,7 milioni a carico dello Stato e 10 milioni a carico della Regione Toscana). “I numeri in aumento degli impianti dismessi, aperti a singhiozzo, smantellati – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – rappresentano l’ennesimo campanello d’allarme di un turismo montano invernale sempre più in crisi. La pratica dell’innevamento artificiale è insostenibile e comporta ingenti consumi d’acqua, forte dispendio di energia, oltre alla realizzazione di più bacini per l’innevamento e, quindi, un consumo di suolo in territori di pregio naturalistico. È fondamentale andare oltre la monocultura dello sci in pista”.

I finanziamenti in altre regioni, dalla Valle D’Aosta alla Lombardia – In Valle D’Aosta si è deciso di sostenere economicamente le piccole stazioni sciistiche a bassa quota con un provvedimento che dal 2022 stanzia 2 milioni di euro l’anno per il triennio successivo. Tra i grandi comprensori, la Monterosa Ski in un solo anno ha ricevuto finanziamenti pubblici dalla regione Valle d’Aosta per oltre 2 milioni di euro. La Regione Lombardia sta finanziando una molteplicità di opere e ampliamenti anche in vista delle prossime Olimpiadi invernali MI-CO 2026 per un totale di molte decine di milioni. Tra i casi segnalati nel report, quelli delle località Montecampione, Artogne e Pian Camune (provincia di Brescia), dove sono stati stanziati 13 milioni di euro dalla Regione per il rifacimento di tre impianti per un dominio sciabile fortemente colpito dalla riduzione dell’innevamento naturale. E poi c’è il caso del comune di Piazzatorre, in provincia di Bergamo, per cui la Regione ha messo a disposizione quasi 14 milioni di euro (Leggi l’approfondimento). In Veneto, invece, per il 2023 la Regione ha messo a bilancio un sostegno al settore sciistico di quasi 3,3 milioni di euro. Ci sono poi i 33,5 milioni per il collegamento Monte Civetta e Passo Giau e, ancora, in previsione delle prossime olimpiadi invernali, 33,5 milioni destinati al collegamento della Ski Area del Civetta con la Ski Area Cinque Torri e alla realizzazione di bacini idrici per l’innevamento. In Trentino-Alto Adige lo sci in pista è sostenuto con consistenti contributi pubblici: ci sono i fondi dell’Alto Adige per la realizzazione di bacini artificiali per i quali può essere concesso un contributo a fondo perduto dell’80% su una spesa massima ammissibile di 3,5 milioni di euro a copertura di un eventuale deficit di finanziamento. Se si tratta di un bacino multifunzionale, però, il contributo a fondo perduto è su una spesa ammissibile di 1 milione e 250mila euro. In Friuli-Venezia Giulia gli impianti per lo sci in pista sono della società Promoturismo Fvg (di proprietà della Regione) dove, pur essendo pubblici bilanci e spese, non vi è distinta specifica per cui si possa ricavare importi precisi riguardanti i contributi. La Regione, inoltre, ha previsto un piano di investimenti di quasi 140 milioni con quasi due terzi dei fondi a disposizione dei poli sciistici montani.

Il Monito della Corte dei Conti francese – Tutto questo mentre la Corte dei Conti francese ritorna sulla questione neve lanciando un monito agli operatori e sottolineando il rischio di indebitamento per le amministrazioni pubbliche che affrontano importanti investimenti fondati esclusivamente su una previsione ormai superata di aumento dei flussi turistici e non considerando gli effetti dei cambiamenti climatici. “Da parte nostra – commenta Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente – non c’è alcuna contestazione nei confronti degli operatori del settore, ma più un’obiezione contro la resistenza al cambiamento. Un inverno senza neve per questo mondo rischia di diventare un inverno senza economia”.

Olimpiadi Milano-Cortina 2026: tra costi e ritardi, la sostenibilità è un miraggio – Come sottolineato nel report, quello delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026 continua ad essere un percorso travagliato, fatto di continui colpi di scena, ripensamenti, rischi, scelte discutibili e forse irrimediabili. A due anni dallo start, la sostenibilità è un miraggio e la crisi climatica incombe con i suoi impatti. E poi ci sono i ritardi nei progetti e nell’avvio dei lavori, rialzi ed extra costi, gare deserte e offerte di impianti oltreconfine, ripiegamenti logistici su strutture più ‘light’, cantieri non ancora aperti e che con molta probabilità verranno completati a olimpiadi concluse con eredità pesanti per i territori e le loro comunità, oltreché per le casse pubbliche. Sono oltre 20 le opere più costose segnalate da Legambiente e che risultano finanziate con importo superiore ai 30 milioni di euro. Varianti, parcheggi, collegamenti, si va dalla pista da bob di Cortina alla variante di Longarone. Opere che si dovrebbero realizzare in Lombardia, Veneto e Trentino-Alto Adige. “La gestione dell’eredità delle Olimpiadi invernali e l’uso a lungo termine delle strutture costruite per gli eventi sono stati una sfida per molte città ospitanti” ricorda Legambiente. Ma alcuni giochi hanno lasciato dietro di sé impianti costosi, poco utilizzati o addirittura abbandonati, sollevando questioni sul loro impatto economico, sociale e ambientale.

IL DISOBBEDIENTE

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