C’è chi bolla opinioni diverse dalle proprie come ideologiche. Tra le tante definizioni di ideologia, quella che meglio definisce l’uso del termine è questa: ogni dottrina non scientifica che proceda con la sola documentazione intellettuale e senza soverchie esigenze di puntuali riscontri materiali, sostenuta per lo più da atteggiamenti emotivi e fideistici, e tale da riuscire veicolo di persuasione e propaganda.

I movimenti ambientalisti sono spesso accusati di avere posizioni ideologiche. Il riscaldamento globale è ideologico, la transizione ecologica si basa su presupposti ideologici, e altre amenità che trascurano un piccolo dettaglio: l’evidenza scientifica. Chi accusa di ideologismo chi si affida alla scienza per affrontare la crisi climatica di solito non basa i propri argomenti su evidenze scientifiche e, paradossalmente, soffre di ideologismo basato su atteggiamenti emotivi e fideistici. La fede, ad esempio, che le tecnologie risolveranno ogni problema e che le scienze dell’ambiente sbaglino. La scienza ovviamente può sbagliare e, da sempre, corregge i propri errori. Le migliaia di climatologi che fanno parte del panel internazionale sul cambiamento climatico (Ipcc) sono stati molto cauti, all’inizio dei loro lavori, nel ritenere le attività umane responsabili di un cambiamento climatico sempre più evidente. Anno dopo anno, l’accumulo di una massa enorme di dati osservativi ha trasformato il dubbio in certezza: il cambiamento climatico è innegabile, e ne siamo responsabili soprattutto a causa di stili di vita insostenibili.

Piccole frange della comunità scientifica, non comprendenti climatologi professionisti, continuano a negare che il cambiamento ci sia o, se ne prendono atto, negano che ne siamo responsabili. Chi, ideologicamente, non vuole accettare le risultanze della scienza si aggrappa a questi pochi devianti che, peraltro, non riescono a pubblicare i loro argomenti su riviste scientifiche serie perché non sono in grado di fornire evidenze inoppugnabili, contrapponendo le loro ideologie ai dati della stragrande maggioranza della comunità scientifica. Siamo al paradosso che chi ha posizioni ideologiche (i negazionisti) accusa di ideologismo chi si affida al metodo scientifico per analizzare la crisi climatica: i buoi danno del cornuto all’asino.

Queste persone, soprattutto in ambito climatico-ecologico, sono di due grandi categorie. Ci sono gli aderenti puri ad un’ideologia che, ignorando il metodo scientifico, rifiutano una realtà sgradita. Poi ci sono i disonesti intellettualmente. Chi vende pesticidi o combustibili fossili dispone di enormi ricchezze e ha la possibilità di “influenzare” le opinioni di una parte della comunità scientifica, in modo da creare l’impressione che non tutti siano d’accordo. Queste persone non riescono a pubblicare i loro lavori su riviste scientifiche serie, lo voglio ripetere, ma trovano ampio spazio sui media, spesso controllati da chi sarebbe danneggiato da una transizione ecologica, e torniamo a chi dispone di enormi ricchezze.

C’è un solo modo per smascherare chi accusa di posizioni ideologiche chi si affida alla scienza: il controllo dei fatti. Per effettuarlo bisogna saper consultare la letteratura scientifica e bisogna saper “pesare” l’attendibilità di chi esprime un’opinione. Gli scienziati pubblicano lavori scientifici su riviste più o meno prestigiose ed esistono piattaforme (ad esempio Google Scholar) dove si può vedere cosa ha pubblicato ogni ricercatore, su quali argomenti e quanto le sue ricerche sono citate da altri ricercatori. Se un esperto di tumori si esprime sulla sicurezza delle centrali nucleari, ad esempio, la sua opinione non può essere professionale, visto che non ha competenze scientifiche sull’argomento. In questo caso il detto “uno vale uno” non funziona: uno non vale l’altro. Il nucleare, però, si presta bene a un uso ideologico della scienza. Gli scienziati e i tecnologi che lavorano alla realizzazione di centrali nucleari sono spesso a favore di questa tecnologia e tendono a minimizzarne i costi ambientali, economici, sociali e sanitari. Non sono esperti di ambiente, economia, sociologia, medicina.

Può avvenire, quindi, che esperti in un campo dicano una cosa ed esperti in altri campi ne dicano un’altra. In questi casi è più difficile farsi un’opinione quanto più oggettiva possibile, visto che la comunità scientifica è spaccata su fronti contrapposti. Ma per la questione climatica no: ci sono gli scienziati da una parte, e gli ideologici dall’altra.

Che un esponente della religione cristiana, capo della chiesa cattolica, scriva un’enciclica dove chiede la conversione ecologica, cioè la conversione ad una scienza, è una dimostrazione scientifica dell’evoluzione. La fede evolve e si adatta alla scienza, come ha già fatto con Galileo, e si dimostra meno ideologica di certi negazionisti. Intanto, nella Commissione Europea, si inizia a dire che il Green Deal è frutto di posizioni ideologiche: il negazionismo avanza, assieme al bellicismo. All’ideologia va risposto con la scienza e chi brandisce a sproposito l’accusa di ideologismo va sconfessato.

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