È stata confermata anche in secondo grado la condanna per Piercamillo Davigo. L’ex consigliere del Csm è stato condannato a un anno e tre mesi dalla Corte d’Appello di Brescia. Il magistrato, ora in pensione, era accusato di rivelazione del segreto d’ufficio in merito alla vicenda relativa alla diffusione dei verbali in cui l’avvocato Piero Amara parlava dell’esistenza della Loggia Ungheria. “Continuo ad essere convinto dell’innocenza del mio assistito. Ricorreremo in Cassazione. Leggeremo le motivazioni”, ha detto l’avvocato Davide Steccanella, che con il collega Francesco Borasi difende Davigo, uscendo dalla Corte d’appello di Brescia. L’ex magistrato è invece uscito dall’aula dicendo non aver nulla da dichiarare.

I verbali secretati – La vicenda nasce poco prima dell’epidemia di Covid. Il pm di Milano Paolo Storari riteneva che la sua procura non stesse approfondendo le dichiarazioni di Amara, ex avvocato esterno dell’Eni. Una convinzione che lo portò a contattare Davigo, allora consigliere del Csm, per denunciare l’inerzia dell’ufficio governato da Francesco Greco. I verbali di Amara, però, erano stati secretati. L’accusa per Davigo è di aver consegnato a varie persone – tra cui ex consiglieri di palazzo dei Marescialli, ma anche l’ex presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra – copie dei verbali d’interrogatorio in cui Amara riferiva dell’esistenza di una presunta loggia massonica – la Loggia Ungheria – di cui avrebbero fatto parte importanti esponenti delle istituzioni, della finanza e delle forze dell’ordine.

Tutti assolti – Davigo aveva appunto ricevuto i verbali da Storari, il pm milanese che aveva ascoltato Amara e che lamentava una presunta inerzia da parte del suo superiore, l’allora procuratore capo Francesco Greco, nell’avviare le indagini. Per quelle dichiarazioni, ritenute inattendibili, l’avvocato Amara è stato rinviato a giudizio per calunnia e autocalunnia, e il fascicolo aperto sulla base dei verbali, trasmesso a Perugia per competenza territoriale, è stato archiviato su richiesta della stessa Procura, così come il procedimento per omissione d’atti d’ufficio aperto a Brescia nei confronti di Greco. Storari, imputato insieme a Davigo, ha optato invece per il rito abbreviato ed è stato assolto sia in primo grado che in appello perché “il fatto non costituisce reato”: l’assoluzione è poi diventata definitiva. Di segno opposto invece il destino giudiziario di Davigo.

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