A Padova i certificati dei bambini con due mamme non possono essere cancellati dall’anagrafe, a Milano invece sì. È il paradosso giuridico che si è venuto a creare nel giro di un mese con due verdetti sulla medesima questione: l’impugnazione da parte delle procure dei certificati su input del ministero dell’Interno in seguito a una sentenza della Cassazione a sezioni Unite che però era intervenuta sul caso di due papà. Martedì il Tribunale veneto ha respinto al mittente il ricorso in quanto la procura “non era legittimata”, mentre solo un mese fa nel capoluogo lombardo i giudici di appello, ribaltando un verdetto del Tribunale, hanno dato il via libera alla cancellazione della madre intenzionale. Abbiamo chiesto a Marilisa D’Amico, ordinaria di Diritto costituzionale alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano e prorettrice con delega alla Legalità, Trasparenza e Parità di Diritti, come è possibile che i due provvedimenti siano così in contrasto e se c’è una lesione del diritto di uguaglianza.

Oggi il Tribunale di Padova ha dichiarato inammissibile il ricorso della Procura che chiedeva la rettifica dell’atto di nascita di bambino con due mamme. Qual è il suo commento?
Si tratta di una decisione che assume particolare rilievo nell’attuale panorama giuridico, che risulta frammentato e incerto. La Procura, nello specifico, richiedeva la rettifica dell’atto di nascita di un minore con due mamme e il Tribunale di Padova dichiara inammissibile il ricorso per motivi di procedura, inerenti alla corretta instaurazione del giudizio.

La Procura aveva chiesto ai giudici l’invio degli atti alla Consulta, ma il Tribunale ha deciso senza passare da Roma. Cosa ne pensa?
Il Tribunale, ravvisando un radicale vizio genetico nel procedimento, non entra nel merito del ricorso.

Un mese fa la Corte d’Appello di Milano ha ribaltato la decisione resa dal Tribunale in primo grado. Come può essere che ci siano due giudicati in contrasto?
Questo aspetto rispecchia l’estrema incertezza che sussiste, ancora oggi, sul riconoscimento dei figli nati da coppie del medesimo sesso. Tuttavia, in questo contesto non possiamo dimenticare, come ha affermato la Corte costituzionale nel 2002, che “la Costituzione non giustifica una concezione della famiglia nemica delle persone e dei loro diritti” (494/2002).

Avere decisioni diverse non lede in qualche modo l’articolo 3 della Costituzione per cui siamo tutti uguali?
La Costituzione, all’art. 101, comma 1, dispone che il “il giudice è soggetto solo alla legge”, pertanto le differenze interpretative che emergono possono trovare ugualmente spazio, in una situazione – come ho già detto – di incertezza e di inutile complessità normativa.

Le differenze di decisione indicano un clima o è solo un caso?
Purtroppo la tutela dei diritti avanza ancora a “macchia di leopardo” senza avere delle risposte certe e soddisfacenti da parte del legislatore. Credo, quindi, che occorra continuare a costruire, caso dopo caso, sentenza dopo sentenza, un più generale clima di uguaglianza, che oggi fatichiamo a “respirare”.