Per far tornare il sorriso alle “mamme arcobaleno” di Padova sono servite 21 pagine di una motivazione, suddivisa in cinque parti, redatta da tre giudici-donna. Il collegio del Tribunale di Padova (Volontaria giurisdizione) composto dalla presidente Cinzia Balletti, da Barbara De Munari e dalla relatrice Luisa Bettio, ha dichiarato infatti “inammissibili” i ricorsi della Procura della Repubblica che chiedeva di cancellare il nominativo della madre non biologica dagli atti di nascita di figli nati all’estero da coppie di donne omosessuali. Una vittoria per il Comune di Padova e per l’avvocato Michele Giarratano, che assiste le madri, il quale ha commentato: “È una grande soddisfazione che sia stata accolta la mia linea difensiva, dichiarando inammissibili i ricorsi e confermando di fatto gli atti di nascita con doppia maternità, a tutela di tutti i minori coinvolti”.

SCONFESSATI PROCURA E MINISTERO DELL’INTERNO – L’argomentazione dei giudici ha sconfessato la linea adottata dall’allora procuratrice reggente Valeria Sanzari (ora a Venezia) che aveva applicato una circolare del ministero dell’Interno, chiedendo di togliere la doppia iscrizione all’Anagrafe civile. Il decreto dei giudici non stabilisce però la legittimità dell’iscrizione delle due mamme, ma si limita a negare la procedura di cancellazione adottata dalla Procura. Sostiene che la vicenda debba essere affrontata in una causa di merito (“non il rito camerale, ma la cognizione ordinaria”). In ogni caso, il pubblico ministero “non ha una legittimazione attiva ad una azione di stato”, da cui, se accolta, deriverebbe “la rettifica dell’atto di nascita del minore tramite la cancellazione della madre intenzionale”. Il pm può solo avere “una funzione di mero impulso all’azione ‘nell’interesse del minore’ infra-quattordicenne, interesse la cui valutazione deve passare attraverso il vaglio da parte del Tribunale che, solo ove ritenga l’azione effettivamente nell’interesse del minore, nomina un curatore speciale, cui unicamente spetta il potere di promuovere l’azione”.

IL RICORSO – Le 37 cause erano state iscritte nei confronti del comune di Padova, del Ministero dell’Interno e dei genitori dei minori “dello stesso sesso femminile” che avevano fatto ricorso alla fecondazione eterologa all’estero. La Procura contestava il fatto che sia prevista dalla legge la solo menzione della madre biologica nell’atto di nascita, unitamente al padre di sesso diverso, mentre la legge 40 del 2004 pone tra i requisiti soggettivi “la diversità di sesso tra i genitori”. La Procura aveva così chiesto di cancellare la seconda madre, mentre il giudice tutelare aveva suggerito alle madri di percorrere la via dell’adozione. Il Comune di Padova ha sostenuto la legittimità della doppia iscrizione, alla luce delle dichiarazioni rese delle due madri. In ogni caso, la correzione non sarebbe ammissibile perché non riguardante un errore, ma un’attribuzione di stato, per la quale serve un “procedimento a cognizione piena”, che deve accertare lo “status” dei genitori e non il procedimento amministrativo di iscrizione all’anagrafe. Il ministero dell’Interno aveva sposato la tesi della Procura, sostenendo il nostro ordinamento “non consente la formazione di un atto di nascita che indichi due persone dello stesso sesso”.

“L’ISCRIZIONE, UN ATTO COMPLESSO” – I giudici ribadiscono come l’iscrizione contestata non sia frutto di “un errore materiale”, ma di una “dichiarazione di filiazione all’Ufficio dello Stato Civile, in quanto atto complesso”, che determina immediatamente gli effetti civili. Esaminano pronunciamenti difformi della Cassazione (2022), nonché della Corte d’appello di Firenze (2023) e del Tribunale di Milano (2023), ma fanno propria l’interpretazione lombarda (in un altro caso) secondo cui “i vizi prospettati non potevano essere esaminati mediante il procedimento di rettificazione ma, bensì, attraverso l’istaurazione di un ordinario processo di cognizione “.

“NON È UN ERRORE CORREGGIBILE” – Soltanto in alcuni casi la correzione di “errori materiali di scrittura” può essere effettuata “con un procedimento di tipo amministrativo compiuto direttamente dall’ufficiale di stato civile mediante annotazione a margine”. Al di fuori di quei casi, “quando debba procedersi ad accertamenti costitutivi influenti sullo stato delle persone, il giudizio deve svolgersi nelle forme del processo ordinario di cognizione, con la partecipazione dei soggetti che hanno interesse a contraddire alla domanda”. Scrivono i giudici: “Pur non ignorando l’esistenza di pronunce contrastanti sul punto, il Collegio ritiene che non si verta in una ipotesi di mera contestazione circa la correttezza della annotazione sull’atto di nascita, ovvero di errore nella sua formazione, ma nella diversa ipotesi di controversia sullo status ovverossia di controversia che investe il fatto posto alla base di tale atto”. Citano, a dimostrazione, anche il fatto che la Procura abbia chiesto di sollevare una questione di legittimità costituzionale.

“SERVE UN ACCERTAMENTO SULLA FILIAZIONE” – Secondo i giudici “è evidente che non sarebbe possibile una pronuncia sul merito della rettificazione dell’atto di nascita senza avere, a monte, svolto un accertamento sulla sussistenza o meno del rapporto di filiazione”. Si dovrebbe, quindi, “affrontare la questione inerente la validità, o meno, del riconoscimento del figlio davanti all’ufficiale di stato civile”, con riferimento “alla certezza degli status e alla stabilità dei rapporti familiari, nell’ambito di una sempre maggiore considerazione del diritto all’identità personale, non necessariamente correlato alla verità biologica, ma ai legami affettivi e personali sviluppatisi all’interno di una famiglia, specie quando trattasi di un minore infra quattordicenne”.

“PM NON LEGITTIMATO” – Se la cancellazione non può essere effettuata dal pubblico ministero, secondo i giudici “il pm non ha legittimazione attiva a promuovere l’impugnazione del riconoscimento di figlio, potendo solo formulare istanza al giudice per la nomina di un curatore speciale a favore del minore infra quattordicenne, che eventualmente procederà nell’interesse del minore stesso”. In ogni caso, questa iniziativa “spetta ai soli soggetti privati che abbiano un interesse individuale qualificato (concreto, attuale e legittimo) sul piano del diritto sostanziale, di carattere patrimoniale o morale, all’essere o al non essere dello status, del rapporto o dell’atto dedotto in giudizio”.

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