A Pordenone una bambina di 10 anni si è presentata in classe con il niqab, il vestito islamico integrale che lascia scoperti solo gli occhi, e la maestra ha chiesto ai genitori di far togliere il copricato durante la permanenza a scuola. Il contatto diretto ha contribuito a risolvere la situazione, ma sono stati attivati anche i servizi sociali comunali. La notizia è finita in rete provocando numerose reazioni: se la politica si espressa quasi univocamente a favore dell’intervento della maestra, il tema ha riaperto la discussione nel mondo della scuola. Mentre la stessa comunità musulmana ha preso le distanze dal gesto della famiglia: “Stiamo parlando di un caso che sembra non esistere, frutto forse di un malinteso”, hanno detto alcuni esponenti di Pordenone. “Non abbiamo commenti da fare anche perché la nostra religione ci rammenta che quel tipo di copricapo va indossato solo quando si è più grandi di età. Dunque, usarlo, in generale, non soltanto a scuola, per una bimba così piccola, era forse frutto di un errore di interpretazione dei genitori”.

In Italia esiste il divieto di rendersi irriconoscibili in pubblico, eppure non esiste il divieto di indossare vestiti o simboli religiosi a scuola. Il presidente friulano dell’associazione nazionale presidi, Luca Gervasutti, ha dichiarato: “Per dirimere una questione così controversa la scuola ha agito appellandosi al buon senso, prima ancora che alla legge, spiegando alla famiglia che gli alunni devono comunque essere riconoscibili”. Però ha ammesso che il Ministero dell’istruzione dovrebbe fornire indicazioni chiare su come comportarsi, mentre i dirigenti degli istituti comprensivi di Pordenone hanno chiesto agli insegnanti segnalazioni di eventuali altri casi. Molto più prudente la dirigente dell’ufficio scolastico regionale, Daniela Beltrame. “La maestra ha agito senza dubbio in buona fede e ha anche risolto brillantemente il problema, ma dovrebbe riconsiderare il suo pensiero, alla luce del fatto che non ci sono norme o leggi specifiche che impediscano l’ingresso a scuola con il velo. Anzi, sino a quando non sarà espressamente vietato, è necessario favorire l’inclusione degli studenti stranieri favorendoli anche sulle scelte legate alla loro religione”. Una forma di legittimazione del niqab? “La norma legata esclusivamente alla tutela dell’ordine pubblico che prevede il volto sempre scoperto non è assimilabile alle regole scolastiche. Serve, dunque, una nuova direttiva che specifichi nel dettaglio l’impossibilità di accedere con il velo o con il volto coperto”. C’è anche un altro aspetto, sollevato dalla professoressa Beltrame: “Ci sono mamme di fede islamica che si presentano a prendere i loro figli coperte con il velo e quindi non sono riconoscibili. Come deve comportarsi una maestra?”. In qualche caso è stato chiesto alle donne di presentarsi in segreteria per farsi riconoscere, prima della consegna del figlio.

Le forze politiche hanno dato un giudizio sostanzialmente positivo e univoco per il modo in cui è stata affrontata la vicenda dalla scuola. Alessandro Basso, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, preside di un istituto superiore e già presidente dell’associazione regionale dirigenti scolastici, ha dichiarato: “La maestra non poteva fare diversamente. Vista l’assenza di una regolamentazione specifica, ha fatto bene ad agire secondo il buon senso nella direzione prioritaria della riconoscibilità. Ed è falso affermare che in questo modo si sarebbe messo in discussione il processo di integrazione”. Sulla stessa linea anche il Pd, con il commento del segretario provinciale di Pordenone, Fausto Tommasello: “Nascondere il volto delle donne, fin da bambine, significa togliere loro la dignità di persone”. E della segretaria regionale Caterina Conti: “Ci sono acquisizioni di diritti femminili che non possono essere messe in discussione. Bisogna lavorare sull’integrazione, contro qualsiasi ghettizzazione”. Analoga la posizione di Mauro Capozzella, coordinatore dei Cinquestelle a Pordenone, che ha elogiato “la saggezza e discrezione degli insegnanti”. In Friuli la sindaca leghista di Monfalcone, Anna Maria Cisint, si distingue anche su questo tema. Da tempo è stato approvato un provvedimento che vieta il niqab negli edifici di proprietà comunale, e quindi anche nelle scuole.

*Foto Creative Commons Marcello Casal Jr/ABr. – Agência Brasil

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