“Ho in mente una donna che venti anni prima era stata in cura da me per una patologia ginecologica, risolta poi brillantemente. Oggi ha circa 40 anni e non molto tempo fa mi telefona preoccupata a causa di una perdita di sangue dall’ano. Mi dice che il suo medico curante le ha fatto una semplice diagnosi di emorroide, ma io ho un altro sospetto”, racconta al FattoQuotidiano.it la professoressa Alessandra Graziottin, ginecologa, oncologa, sessuologa e psicoterapeuta. “Le dico di non perdere altro tempo e di sottoporsi a una colonscopia. Una volta eseguita l’analisi, questa donna scopre di avere un cancro all’ano causato dall’azione oncogena del virus Hpv, contratto con rapporti anali non protetti dal profilattico. È stata poi operata e ora sta bene. Quello che mi interessa sottolineare è che una delle principali cause dell’infezione è la pratica di rapporti sessuali, anche anali, questi ultimi in aumento tra le coppie eterosessuali che lo praticano senza il preservativo. In particolare, le donne utilizzano il profilattico 10 volte meno dei maschi omosessuali. Il risultato? Stiamo assistendo a un incremento dei carcinomi anorettali nelle donne dai 40-50 anni e oltre”.

Che cos’è
Il papilloma virus è responsabile dell’infezione sessualmente trasmessa più comune al mondo ed è causa di tumori e infertilità. Si stima infatti che l’Hpv sia responsabile di quasi il 100% dei tumori della cervice uterina, dell’88% dei tumori anali, del 70% dei tumori vaginali, del 50% dei tumori del pene e del 43% dei tumori vulvari. Quando parliamo di Papillomavirus dovremmo in realtà parlarne al plurale: è una grande famiglia di virus (oltre 130) imparentati tra di loro che, a seconda del sierotipo e della reazione immunitaria dell’ospite, ha effetti biologici diversi. Di fatto, la particolarità di questo virus è che nella maggior parte dei casi le infezioni nella donna e nell’uomo sono asintomatiche. Possono risolversi spontaneamente nel giro di 1-2 anni dal contagio. Tuttavia, il virus può anche rimanere silente per anni, inserito nel Dna, il codice genetico delle nostre cellule, perché usa il nostro stesso alfabeto. Non causa alcun sintomo, e l’ospite, uomo o donna che sia, è un “portatore sano”. Se però l’infezione da Hpv persiste può provocare l’insorgenza di lesioni benigne e maligne della pelle e delle mucose (lesione precancerosa, tumori, verruche genitali), che possono avere evoluzione più rapida in caso di minore efficienza delle nostre difese immunitarie, il nostro esercito, anche per condizioni di stress.

Come si trasmette
La trasmissione del virus avviene attraverso il contatto delle mucose e con la pelle dei due partner. È anche possibile contrarlo in un rapporto sessuale orale per cui l’uso del preservativo, sebbene riduca il rischio di infezione, non lo elimina totalmente dal momento che il virus può infettare anche la pelle non protetta dal profilattico. Secondo l’Iss, “La giovane età, il numero dei partner sessuali e la giovane età al momento del primo rapporto sessuale, risultano i fattori di rischio più rilevanti per contrarre l’infezione da Hpv”.

Occhi puntati sui ragazzi
Una delle false credenze ancora in circolazione è che si tratti di un’infezione solo femminile. In realtà, se da un lato le donne ne sono colpite maggiormente e più spesso sviluppano patologie associate, circa 1 uomo su 3 di età superiore ai 15 anni è infetto da almeno un tipo di papillomavirus umano genitale (Hpv) e 1 su 5 è infetto da uno o più ceppi ad alto rischio od oncogeni. Lo rivela un nuovo studio pubblicato su The Lancet Global Health, che mostra l’alta prevalenza di infezioni genitali da Hpv nei maschi, sottolineando l’importanza di coinvolgerli negli sforzi di prevenzione delle malattie collegate a questo virus. La prevalenza dell’Hpv è elevata nei ragazzi, raggiungendo un massimo tra i 25 e i 29 anni, per poi stabilizzarsi o diminuire leggermente in seguito. Negli uomini, l’infezione da Hpv tende a manifestarsi con verruche anogenitali che, come sottolinea l’Oms, aumentano la percentuale di
trasmissione dell’Hpv.

Prevenzione
La principale prevenzione primaria, che evita di contrarre il virus dell’Hpv, è l’uso regolare del profilattico, fin dall’inizio del rapporto e in tutti i tipi di rapporto. La seconda è il vaccino che viene somministrato gratuitamente a tutti, maschi e femmine, queste ultime a partire dal compimento dei 12 anni. La copertura, stando ai dati del 2021, è molto bassa per le nate nel 2009: solo il 32,2%; i maschi ancora meno, il 26,75%. “Il vaccino è preparato utilizzando una proteina, chiamata L1, che fa parte del capside, ossia della carrozzeria di rivestimento del virus. È diversa per ogni ceppo di virus: in pratica, è l’equivalente del suo numero di targa, che ne consente il riconoscimento e l’eliminazione da parte del sistema immunitario delle persone vaccinate”, spiega la Prof.ssa Graziottin. “Questo consente al sistema immunitario di riconoscere ed eliminare i ceppi contro i quali si sia sviluppata l’immunità grazie al vaccino nonavalente, che protegge contro i 9 ceppi più aggressivi e, cosa molto importante, senza che venga utilizzato il Dna del virus, escludendo quindi ogni rischio di infezione”. Per cui, chi nutre qualche timore verso la vaccinazione, può stare tranquillo: non c’è nessuna possibilità che il vaccino provochi l’infezione da Hpv: “Al limite si possono verificare reazioni agli eccipienti usati per preparare il vaccino, con arrossamenti nel punto in cui viene somministrato o una risposta allergica, per esempio un attacco d’asma, 1 caso su 100mila”, ribadisce l’esperta.

Le altre strategie – che rappresentano la prevenzione secondaria – per ridurre il rischio di tumore al collo dell’utero sono i programmi di screening con ricerca del DNA dell’Hpv, e il pap test che permette di individuare cellule anomale nel collo dell’utero, in modo da rimuoverle prima che il tumore invasivo si sviluppi. “Se una donna ha lesioni precancerose da Hpv al collo dell’utero o in vagina, e ha avuto rapporti anali non protetti”, spiega ancora Graziottin, “dovrebbe fare una valutazione anche proctologica per escludere lesioni da Hpv potenzialmente evolutive a livello della regione anorettale. Idem per la bocca, con valutazione da parte di stomatologo esperto sulle lesioni da Hpv”.

Che cosa “risveglia” il virus
Perché nonostante il virus sia presente in molte persone, solo il 10-15% può sviluppare lesioni gravi? Dipende dalla riposta immunitaria che, a sua volta, è influenzata da diversi fattori. “Partiamo dal fumo”, continua Graziottin. “Una cosa importante da ricordare è che il rischio di contrarre un carcinoma del collo dell’utero aumenta nelle fumatrici. Meno noto è che anche il carcinoma ano-rettale aumenta di circa otto volte nella donna fumatrice che entri in contatto con uno o più papilloma virus oncogeni, a causa di rapporti anali non protetti. I cancerogeni del fumo potenziano infatti moltissimo la capacità oncogena dei papilloma virus. Stesso discorso per la vescica, perché l’Hpv viaggia anche nel sangue. In questo caso il rischio per le fumatrici aumenta di 7 volte, perché di notte i cancerogeni del fumo, eliminati per via renale, si concentrano in vescica”.

Ci sono altri interessanti elementi da considerare: il microbioma intestinale che è al centro delle difese immunitarie e che viene influenzato dallo stile di vita: alimentazione, sostanze dannose come appunto il fumo. E anche lo stress: “perché provoca picchi di cortisolo che causano gravi alterazioni intestinali (disbiosi) che favoriscono l’azione del virus”, prosegue l’esperta. “Altro ambiente da salvaguardare è il microbioma vaginale costituito da oltre 10 miliardi di batteri amici che, per esempio, a causa di una cattiva igiene intima può venire alterato. Questo può causare una ‘disbiosi permittente’ e favorire l’attivazione di virus Hpv ‘dormienti’”. In sintesi, un microbiota vaginale in salute previene le infezioni vaginali creando un ambiente non infiammatorio e impedisce anche la risalita degli agenti patogeni verso la cervice e l’utero, impedendo agli agenti patogeni di infettarli.

In definitiva, “abbiamo sempre più chiaro che la salute della persona”, conclude Graziottin, “è il frutto di un’azione integrata in cui entrano in gioco scelte lungimiranti nell’ambito dello stile di vita personale che impediscono di contrarre il virus o che tengono a bada la possibile presenza di virus dormienti. Su un altro versante, sono essenziali le difese garantite dal vaccino da estendere a tutti: non solo intercetta i virus dell’Hpv, ma sembra ridurre anche del 40 per cento le recidive di lesioni proliferative intraepiteliali causate da virus oncogeni precedentemente contratti”.

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