L’Italia non deve occuparsi di Ilaria Salis, che dovrebbe ricevere “la meritata punizione in Ungheria”. È questo il pensiero di Péter Szijjártó, ministro degli Esteri di Budapest, che dopo aver incontrato a Roma il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha criticato l’Italia per il suo atteggiamento sul caso dell’insegnante detenuta da oltre un anno nelle carceri magiare: “È sorprendente che l’Italia cerchi di interferire in un caso giudiziario ungherese”, ha dichiarato Szijjártó. Qualche ora dopo è arrivata la replica di Tajani, affidata a una nota della Farnesina: il ministro e il governo italiano “da tempo hanno preso l’iniziativa di affrontare il tema delle condizioni di detenzione della Signora Salis, come viene fatto in molti casi per cittadini italiani detenuti all’estero. Senza nessuna volontà di interferenza, ma con la chiara intenzione di far pressione per verificare che le condizioni di detenzione rispettino le normative europee che richiamano alla tutela dei diritti umani. Ed è quanto il Governo italiano continuerà a fare in questo come in altri casi simili”.

L’incontro tra Tajani e Szijjártó evidentemente non ha contribuito a distendere i rapporti sul caso Salis. Tutt’altro. Le parole del ministro del governo Orban, riferite dall’account Twitter del portavoce dell’esecutivo ungherese Zoltan Kovacs, sono come benzina sul fuoco: “Questa signora, presentata come una martire in Italia, è venuta in Ungheria con un piano chiaro per attaccare persone innocenti per le strade come parte di un’organizzazione di sinistra radicale. Spero sinceramente che questa signora riceva la meritata punizione in Ungheria”, ha sostenuto Szijjártó. Nella nota della Farnesina si legge che Tajani “ha ribadito innanzitutto l’attenzione con cui il Governo continua a seguire il caso di Ilaria Salis e ha espresso soddisfazione per l’anticipo della prossima udienza al 28 marzo (inizialmente prevista per maggio)” e “allo stesso tempo ha consegnato al Ministro ungherese un nuovo, dettagliato promemoria sulle condizioni detentive della connazionale, evidenziando la necessità di un giusto processo e dell’assicurare la dignità e i diritti fondamentali della Signora Salis, sul cui caso è costante l’impegno dell’Ambasciata d’Italia a Budapest”.

Negativa la reazione di Roberto Salis, che stasera partecipa alla fiaccolata per la figlia nel centro storico di Milano, dall’Università Statale di Milano a piazza Missori: “Dobbiamo chiedere al ministro ungherese cosa intende per ‘martire‘, se intende una persona torturata per 35 giorni certo Ilaria è una martire”. Sull’incontro tra Szijjartó e Tajani, il padre di Ilaria ha commentato amaramente: “L’ambasciatore mi aveva assicurato che l’incontro era stato positivo, pensa se mi avesse detto che era andato male…”. “Sembra quasi che manifestare solidarietà a un’antifascista sia considerato in alcuni Paesi un’interferenza. Ce li siamo presi noi in Europa, ce li abbiamo e dobbiamo conviverci”, ha aggiunto Salis. “Sono molto perplesso dall’esito dell’incontro tra i due ministri degli Esteri di oggi. Il ministro Tajani ha i miei riferimenti se mi vuole comunicare qualcosa”, ha concluso.

Ilaria Salis si trova nelle carceri ungheresi ormai da oltre un anno. La procura ha chiesto 11 anni di carcere per l’insegnante italiana, detenuta per aver partecipato agli scontri con i neonazisti europei dell’11 febbraio 2023. Una richiesta altissima che ha impressionato tanto quanto le immagini dell’udienza al tribunale di Budapest dello scorso 29 gennaio, dove la 39enne è arrivata con mani e piedi legati da catene. Il ministro ungherese Szijjártó, secondo quanto riporta il tweet del portavoce del governo Orban, ha criticato i media italiani per la versione fornita della vicenda e ha trovato “assolutamente sorprendente che l’Italia abbia tentato di intervenire in un processo giudiziario ungherese, sottolineando l’indipendenza della magistratura ungherese e la non interferenza del governo”.

Quegli scatti della insegnante 39enne di Monza incatenata in Aula hanno provocato una debole reazione del governo italiano, che ha convocato l’ambasciatore ungherese a Roma. A parte questa mossa, però, il padre di Salis ha sempre denunciato lo scarso appoggio da parte delle istituzioni italiane, dallo stesso ministro Tajani al Guardasigilli Carlo Nordio. Negli ultimi giorni, Ilaria Salis ha confessato a Paolo Ciani, segretario di Demos, la speranza di ottenere quanto meno gli arresti domiciliari a Budapest, che sarebbe un primo passo verso un successivo (possibile) trasferimento in Italia. “Mi auguro che Tajani faccia sapere agli amici ungheresi di Meloni e Salvini che chiedere il rispetto dei diritti civili umani non vuol dire interferenza. Se poi il governo Orban è allergico alle regole del vivere civile, può sempre uscire dalla Ue in cui indegnamente siede”, scrive il segretario nazionale di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni, commentando le parole del ministro degli Esteri Szijjártó sul caso Salis.

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