È deluso dall’incontro con i ministri, Roberto Salis. Il padre della maestra in carcere da ormai un anno a Budapest, al termine dell’incontro con Carlo Nordio e Antonio Tajani, ha accusato: “Siamo completamente lasciati soli. Abbiamo chiesto due cose e sono state negate. Non abbiamo assolutamente un buon feeling su quello che sta accadendo”. Salis ha anche tracciato quello che a suo avviso sarà lo sviluppo della vicenda, dopo l’indignazione e le rimostranze dell’esecutivo nei confronti di Budapest: “Credo che mia figlia starà molto tempo in galera e che vedremo ancora parecchi processi in cui si troverà con le catene”.

In dettaglio, ha spiegato Salis, la richiesta avanzata dalla famiglia e dai legali è di “due documenti che sarebbero serviti ad agevolare il lavoro dei nostri avvocati in Ungheria e che lo Stato Italiano ritiene di non dover fornire perché ritengono che sia irrituale e che potrebbe creare dei precedenti”. Il padre della 39enne, rispondendo a una domanda, ha precisato di aver ricevuto risposta negativa alla richiesta sia da Tajani che da Nordio.

Una vicenda di fatto confermata dal governo, dal quale è stato fatto sapere che entrambi i ministri hanno evidenziato che i principi di sovranità giurisdizionale di uno Stato impediscono ogni interferenza nella conduzione del processo e che la richiesta di sostituzione della misura cautelare presso l’ambasciata italiana non è possibile. In particolare il ministro della Giustizia Nordio ha rilevato che un’interlocuzione tra un dicastero italiano e l’organo giurisdizionale straniero sarebbe irrituale e irricevibile.

“Sulla nota che avrebbe fornito garanzie sull’applicazione delle misure per i domiciliari in Italia, ritengono che da parte dello Stato italiano sia una excusatio non petita”, ha riferito il padre. “Dovremo cercare noi di fare qualcosa – ha concluso – Ora ci sarà carcere a oltranza fino a quando il giudice ungherese avrà finito il processo o ci sarà un’altra situazione. Ma in quel carcere lì si può anche morire”.

Nordio ha poi fatto sapere di aver suggerito al padre di Salis e al legale l’opportunità che il difensore ungherese insista per la modifica della detenzione carceraria, condizione indispensabile per attivare la decisione quadro Ue del 2009 e quindi l’eventuale esecuzione degli arresti domiciliari in Italia. Nelle stesse ore, tuttavia, la Commissione Europea aveva fatto sapere che proprio la detenzione domiciliare “sarebbe in linea con le conclusioni del Consiglio sulle misure alternative alla detenzione adottate durante la presidenza finlandese nel 2019″, una decisione “recepita dall’Ungheria e dall’Italia”. La Commissione si è anche detta “disponibile per aiutare a trovare una soluzione praticabile nel quadro dell’Ue”.

Durante l’ultima udienza erano state diffuse le immagini di Salis trasportata in aula ammanettata, al guinzaglio e con i ceppi di cuoio ai piedi. Il padre ha spiegato che la figlia è stata sempre tradotta così in udienza, in almeno 4 occasioni, e che era sempre presente un funzionario dell’ambasciata italiana. Ma il ministro Tajani si è mosso con la convocazione dell’incaricato d’affari dell’ambasciata ungherese, per una protesta formale, solo dopo la diffusione degli scatti, sostenendo che era all’oscuro delle condizioni.

“Oggi il ministro degli Esteri mi sembrava stupito quando gli ho raccontato che ambasciata in Ungheria non fornisce un elenco di avvocati per selezionare un difensore – ha detto Roberto Salis – Mi sembra che ci sia un totale scollamento nel funzionamento dello Stato. Ci dicono che ci sono 2.500 italiani in queste situazioni e che non si può fare azione preferenziale per nessuno: se li lasciamo tutti così, siamo uno Stato che difende i suoi cittadini?”.

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