“In Argentina l’8 marzo ci saranno manifestazioni in tutto il Paese. Marciamo per rivendicare i diritti sociali e riproduttivi”. Luci Cavallero, sociologa, docente presso la facoltà di Scienze Sociali dell’Università di Buenos Aires e attivista di Ni Una Menos, spiega a ilfattoquotidiano.it come i movimenti femministi si stanno organizzando nei primi mesi del governo del presidente di estrema destra Javier Milei. Per la Giornata internazionale dei diritti delle donne è stato indetto uno sciopero nazionale: per prepararsi, le attiviste stanno organizzando insieme ai sindacati e alle organizzazioni della società civile, delle assemblee popolari in cui si parla di diritti, lavoro e degli effetti della crisi economica.

Il leader del partito La Libertad Avanza ha espresso in più occasioni l’idea di attuare politiche antifemministe. Il presidente ha eliminato il ministero delle Donne, dei Generi e delle Diversità, riducendolo a un sottosegretariato sotto il controllo del ministero del Capitale umano. Ha negato l’esistenza di un divario retributivo tra donne e uomini e si è detto contrario all’educazione sessuale nelle scuole.

Una deputata del suo partito, Rocío Bonacci, ha presentato a febbraio un disegno di legge per abrogare la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, approvata dal Congresso nel dicembre 2020 dopo la mobilitazione nazionale dei movimenti femministi. Il testo comporta l’abrogazione della legge vigente che consente alle donne di abortire in modo legale e gratuito fino alla 14esima settimana di gestazione. Non autorizza ad abortire nemmeno in caso di stupro, rimettendo la decisione al giudice, proponendo di punire con pene fino a tre anni di carcere “la donna che provoca il proprio aborto o acconsente a che un altro glielo causi”. Prevede inoltre pene da uno a quattro anni per i professionisti che aiutano una donna a interrompere la gravidanza e pene da tre a dieci anni per coloro che praticano un aborto senza il consenso della donna. Anche se il portavoce del presidente ha affermato che non si tratterebbe di un’iniziativa dell’esecutivo, le posizioni di Milei sono anti-abortiste così come quelle di alcuni suoi ministri.

“Il diritto all’aborto simboleggia una delle conquiste più importanti dei femminismi. In Argentina è stato ottenuto grazie a un forte sostegno sociale e ha avuto un impatto mondiale. È a causa della sua potenza che continua a essere messo in discussione”, commenta Cavallero. Dal 2021 a oggi, secondo i dati del ministero della Salute, nel Paese ci sono state 245mila interruzioni volontarie e legali della gravidanza nel settore pubblico. Nel 2023 sono state 69.421. “C’è inoltre da riflettere sulle tempistiche che hanno accompagnato la presentazione della proposta di legge, avanzata in un momento di forte crisi politica cioè la sconfitta della Ley Omnibus”. Il pacchetto di leggi è stato rinviato in commissione per la mancanza del sostegno di alcuni parlamentari e il “rechazo” è stato definito come la prima sconfitta politica di Milei. La Ley Omnibus avrebbe previsto, tra le altre, alcune modifiche alla Legge Micaela che stabilisce una formazione obbligatoria sulla violenza di genere per chi lavora nel settore pubblico.

“Non bisogna spostare l’attenzione dalle questioni più urgenti. Le realtà femministe stanno sottolineando l’importanza di rendere visibile la grave crisi che sta colpendo le classi popolari”, prosegue Cavallero che ha indagato il tema nel libro Vivere, libere e senza debiti!, scritto insieme a Veronica Gago (Ombre Corte, 2020). In Argentina alla fine del 2023, circa il 40% degli abitanti viveva sotto la soglia di povertà. A gennaio l’inflazione ha raggiunto il 254,2% annuo. Milei ha iniziato un piano di riduzione della spesa pubblica che potrebbe portare, come affermato in campagna elettorale, a smantellare lo stato sociale. I comedores, le mense pubbliche, hanno già smesso di ricevere finanziamenti e generi alimentari. “Questa situazione colpisce in particolare le lavoratrici dell’economia popolare e domestica. L’inflazione e la liberalizzazione del mercato agiscono su persone e famiglie che sono già indebitate per vivere, in particolare le donne che lo fanno per comprare medicinali, cibo e pagare l’affitto, quindi per attività relative alla cura”, spiega Cavallero. “Così nella giornata dell’8 marzo, la mobilitazione parlerà anche del congelamento dei salari, dell’aumento dell’inflazione e della povertà. Sarà una denuncia della violenza economica”.

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