Sono appena scaduti i termini per le domande del servizio civile universale. In realtà la scadenza era prevista per il 15 febbraio ma, a ridosso della chiusura, decine di associazioni hanno chiesto di prorogare: le domande arrivate per i bandi, pareva, non bastavano a coprire i posti disponibili e così si è deciso di arrivare al 22 febbraio. Eppure il servizio di volontariato riservato ai giovani tra i 18 e i 28 anni, a cui va un rimborso spese di 500 euro circa al mese, è sempre stato partecipato. Un recente rapporto del dipartimento delle Politiche giovanili e il servizio civile, che è in seno alla Presidenza del Consiglio, ha infatti rilevato che il 95 per cento di chi ne ha preso parte ne è stato soddisfatto e lo consiglierebbe. Da qualche anno a questa parte, però, si fa fatica a trovare interessati, i posti messi a disposizione si sono gradualmente ridotti a meno di metà, non viene pubblicizzato adeguatamente in scuole e università, i tempi per iscriversi sono molto brevi. Soprattutto, non esiste un monitoraggio che riesca a capire se e come domanda e offerta si incontrano nei vari territori e nei diversi settori: la realtà è che ci sono casi in cui le domande sono più dei posti e altri in cui restano vacanti.

Accade ad esempio nelle Misericordie: “Il numero delle domande – spiegano al Fatto dalla Confederazione Nazionale – è più basso rispetto al numero dei posti messi a bando. Naturalmente si parla di numeri assoluti senza entrare nel merito delle singole regioni o province. E anche se la proroga di una settimana potrebbe diminuire questa percentuale siamo ancora lontani dalla totale copertura di tutti i posti per tutte le sedi”. Al 13 febbraio, c’erano circa 1.000 domande arrivate contro una disponibilità di 1.660 posti. In alcune sedi, però, i progetti erano stati già interamente coperti mentre in altre non era arrivata neanche una domanda. Se in Sardegna, Calabria, Basilicata la copertura era quasi totale, nelle regioni centro settentrionali come Toscana, Lombardia, Emilia Romagna si stanno registrando molte difficoltà.

Non è proprio una novità. “Purtroppo negli ultimi tre anni questa tendenza va sempre confermandosi, connotando una divisione dell’Italia fra Centro nord e Sud – spiegano ancora -. Finora le regioni del Sud non hanno mostrato grandi difficoltà nella copertura dei posti messi a bando, ma anche in queste regioni si sono registrate riduzioni, siamo infatti passati da 30-40 domande per otto posti a 10-20 gli stessi posti”. Dal Movimento Volontari Italiano spiegano che il problema è anche in questo caso percepito di più al centro-nord, dove ci sono meno candidature e diversi progetti rischiano di non essere avviati. Mercato del lavoro e servizio civile vanno quindi in contrasto, ma c’è anche un dato demografico perché ci sono meno giovani nella classe d’età 18-28.

Intanto, le associazioni chiedono uno stanziamento fisso annuo. “La flessibilità di finanziamento che ha caratterizzato tutti i governi fino ad oggi rende questa esperienza estremamente volubile e mette gli enti in condizioni di non investimento in promozione”. Che avviene per lo più nei due mesi che vanno dalla graduatoria con i finanziamenti alla scadenza del bando e che, oltretutto cadono proprio nel periodo di preparazione degli esami universitari, così come le attività iniziano spesso a cavallo della Maturità.

Durante gli anni del Pnrr, si è riusciti a dare stabilità all’istituto arrivando con il bando dello scorso anno a 71mila posti, già con quello di quest’anno si è scesi a poco più di 52mila. Ad oggi, la legge di stabilità per il 2024 ha stanziato 143 milioni che bastano per circa 20mila posizioni. Il governo si è impegnato a trovarne altri e sarebbe un duro colpo se non avvenisse. Anche perché le domande generali continuano a essere più dei posti. Basterebbe capire come distribuirli per salvare quella che è un’esperienza unica di educazione civica per i giovani e uno strumento di inclusione e di coesione sociale, volto al benessere delle comunità e alla tutela del bene comune, che ha ricadute importanti anche nel percorso di vita dei giovani, tanto più se si tiene conto che chi partecipa al servizio civile ha il 15 per cento dei posti riservati nei concorsi pubblici.

“In generale, premesso che non abbiamo ancora i dati effettivi, nel bando in corso ci sembra che il numero delle domande sia in leggero aumenta rispetto al bando dell’anno scorso – spiega Laura Milani, presidente della Cnesc, la Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile -, ma alcuni territori sono in affanno”. Non esiste, ad esempio, un monitoraggio del rapporto tra l’offerta degli enti e la domanda dei giovani, per capire se ci sono territori in cui c’è una offerta maggiore rispetto alle domande e viceversa. Inoltre, c’è bisogno di allargare il bacino dei giovani che vi aderiscono. “Se oggi fermiamo dieci giovani per strada, quanti sanno cosa sia? – si chiede Milani – Pochi. Non esiste infatti una informazione strutturata e continuativa, ad esempio nelle scuole e nelle università, dove potrebbe entrare nell’orientamento, anche formando i docenti”. Una possibilità su cui dipartimento e ministeri pare stiano lavorando. “Siamo fiduciosi – continua Milani -, ma va fatto un passo deciso prima possibile”.

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