Chi protesta a favore dell’ambiente è un ecoterrorista, chi manifesta a favore dei pesticidi è un eroe che difende l’agricoltura. Entrambi bloccano le strade: i primi sono fortemente osteggiati, i secondi sono salutati dalla folla festante e blanditi dai media.

Le campagne contro gli “ecoterroristi” sono intense e pochi osano dichiararsi d’accordo con loro. Se gettano minestrone sul vetro che protegge la Gioconda, la notizia è che hanno gettato minestrone sulla Gioconda. I loro blocchi stradali fermano le ambulanze e fanno morire i malati, i blocchi dei trattori no.

La campagna di denigrazione contro chi denuncia il nostro impatto sull’ambiente è potentissima, tanto che la Commissione Europea sta facendo passi indietro nell’attuazione del Green Deal e della transizione ecologica, per paura di perdere consensi. Dichiararsi contro i pesticidi significa mettersi contro Bayer (che li produce e li vende), dichiararsi contro il fossile significa mettersi contro i petrolieri. La potenza mediatica di questi giganti è enorme, quella dei difensori dell’ambiente è infinitamente minore. Anzi: non esiste.

Nella contrapposizione tra chi è pro-natura e chi è pro-economia, sembra che chi è a favore dell’ambiente sia contro l’economia, e chi è a favore dell’economia, e avversa ogni salvaguardia del capitale naturale, sia contro-natura. Le due posizioni non sono equivalenti. Chi è pro-natura chiede che si modifichi il modo con cui estraiamo risorse dalla natura. Chi non vuole modifiche non riconosce la gravità della situazione ambientale del pianeta, sottolinea l’importanza dell’economia e reputa la salvaguardia della natura come una calamità economica.

Essere contronatura significa essere contro le leggi naturali. Chi pensate prevalga, nel lungo termine, in una lotta contro la natura? Per un po’ vinciamo noi, ma il resto della natura (di cui facciamo parte e da cui dipendiamo) sta ora esigendo il conto delle nostre vittorie temporanee. L’estrazione di risorse da popolazioni naturali non è più possibile negli ecosistemi terrestri: tutto deriva da agricoltura e allevamento del bestiame. Negli oceani stiamo ancora prelevando risorse da popolazioni naturali, con la pesca, ma stiamo passando all’acquacoltura perché le popolazioni di pesci sono decimate. Il motivo è semplice: li peschiamo industrialmente, prelevando più di quel che si rinnova con i processi riproduttivi.

Il cambiamento climatico sta creando notevoli problemi all’agricoltura, con lunghi periodi di siccità seguiti da alluvioni disastrose. Per non parlare dell’inquinamento da pesticidi e fertilizzanti.

Agricoltura, pesca e acquacoltura sono sostenute da enormi finanziamenti comunitari. I sussidi perpetuano l’insostenibilità ambientale ed economica di queste attività. La pesca industriale impoverisce le popolazioni ittiche, e i guadagni derivanti dalla pesca non compensano i costi della pesca stessa. I costi delle attività di pesca non coprono i benefici derivanti dalla vendita dei prodotti ittici, ma se copriamo questi costi con i sussidi incoraggiamo lo sfruttamento industriale delle popolazioni ittiche fino all’esaurimento. Ora stiamo allevando i pesci che in natura non ci sono più. L’agricoltura non è da meno.

Pesca e agricoltura possono essere fiorenti solo se non si uccide la gallina dalle uova d’oro: l’ambiente dal quale estraiamo le risorse. Un ambiente in buono stato è nell’interesse di pescatori e agricoltori: non possiamo estrarre risorse durature da un ambiente malato. Non dovrebbe essere difficile capire queste cose, ma vale la pena ripetere che i media spingono in tutt’altra direzione e i gruppi di interesse che sostengono agricoltura a base chimica, pesca industriale e utilizzo dei combustibili fossili hanno la possibilità di fornire informazioni fuorvianti che alterano la percezione della gravità della situazione.

Una democrazia matura si basa su una sola cosa: il livello di conoscenza dell’elettorato. Un elettorato che conosce elegge politici che conoscono. Un elettorato che ignora elegge politici che ignorano o che fingono di ignorare. Il messaggio economia uguale bene, ambiente uguale male si basa sull’ignoranza che l’economia dipenda dallo stato dell’ambiente, come anche la nostra salute. Chi “vende” questi concetti o è ignorante o è in malafede. Mettere l’ambiente al primo posto non garantisce successo elettorale: i sostenitori del Green Deal iniziano a fare passi indietro.

Chi si deve votare se si è capito che non sono possibili un’economia e un’umanità sane in un ambiente malato? Il tema “ambiente” passa in secondo, e poi in terzo e quarto piano anche in chi lo metteva avanti a tutto, come precondizione al nostro benessere economico e sociale.
Ho scritto molti articoli dicendo queste cose, e vedo che le mie più fosche previsioni si stanno avverando. Li chiudo sempre nello stesso modo: non cambieremo le cose per alzata di mano, le conseguenze di scelte scellerate saranno pagate dalle generazioni più giovani tra quelle attuali e dalle future.

L’egoismo ignorante delle generazioni più anziane è semplicemente criminale. Ignorante non è un insulto, definisce soltanto “chi ignora”. Egoismo non è una brutta cosa: penso che difendere l’ambiente sia nel nostro interesse e, quindi, sono egoista perché mi preoccupo prima di tutto del nostro benessere, incluso il mio. L’egoista ignorante pensa di fare i propri interessi ignorando le conseguenze nefaste di quel che reputa “bene”.