Nelle scorse ore abbiamo presentato – scegliendo il luogo simbolico del Roma Scout Center e alla presenza del Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, Antonio Sangermano – il nostro nuovo rapporto sulla giustizia minorile in Italia. Nei mesi scorsi abbiamo girato per il paese, visitando le carceri minorili italiane, le comunità, parlando con gli operatori, osservando i ragazzi.

Abbiamo intitolato questo rapporto “Prospettive minori”, per sottolineare la nostra preoccupazione per un sistema che sta rinunciando a quei principi ispiratori che lo hanno reso un modello per l’intera Europa e sempre più sta offrendo ai giovani delle prospettive di futuro e di vita inadeguate e insufficienti.

I numeri della carcerazione minorile stanno crescendo. Il cosiddetto decreto Caivano, approvato dal governo nel settembre scorso, sta già mostrando i propri effetti. A breve avremo un problema di sovraffollamento anche negli istituti per minori, mentre negli ultimi decenni il sistema era sempre riuscito a usare il carcere come misura estrema e a disegnare per i ragazzi e le ragazze percorsi di recupero più significativi all’interno della comunità.

Girando per le carceri minorili, ci siamo resi conto di varie pratiche deteriori che da qualche tempo vengono messe in atto. La prima è quella di trattare i ragazzi difficili come pacchi postali da spostare da qui a lì. Si tratta in particolare di giovani stranieri, molti di loro minori non accompagnati, ragazzi con un vissuto tragico alle spalle e nessun riferimento sul territorio. Ragazzi che hanno bisogno di essere protetti, sostenuti e indirizzati. L’istituzione li tratta spesso invece come seccature da neutralizzare. La presa in carico psichiatrica e psicologica si riduce di frequente solo alla somministrazione di quantità neutralizzanti di psicofarmaci. E si unisce alla rotazione tra istituti – in particolare lungo la rotta che da nord porta a sud – che punisce il ragazzo difficile spostandolo da un carcere all’altro, così da mandare altrove il problema e togliere a lui ogni speranza di costruzione di un futuro.

Questi ragazzi, che avrebbero bisogno di tutta l’attenzione e la disponibilità all’ascolto che una società sa dare, entrano in carcere con un reato e dopo poco ne hanno ascritti dieci. La ben comprensibile irrequietezza di adolescenti privati di qualsiasi affetto famigliare e di ogni indirizzo di vita si trasforma con grande facilità nelle accuse di oltraggio a pubblico ufficiale, danneggiamento, rissa, rivolta. I ragazzi stranieri sono circa la metà dei presenti in carcere, una sovra-rappresentazione che si spiega con la maggiore difficoltà ad accedere, anche in caso di reati lievi, alle alternative previste dalla legge.

Un’altra pratica sempre più accentuata è quella di trasferire i ragazzi maggiorenni nelle carceri per adulti. La legge italiana prevede che un ragazzo o una ragazza che ha commesso il reato da minorenne possa permanere nel circuito della giustizia minorile fino al compimento del 25esimo anno di età. Un’opportunità fondamentale per dare continuità all’intervento educativo. Il Decreto Caivano consente alle direzioni degli Ipm di chiedere l’allontanamento del ragazzo maggiorenne, cedendo alla facile tentazione di disfarsi del problema di fronte a un giovane di difficile gestione.

Un momento di difficoltà, che si sarebbe potuto superare valorizzando un approccio costruttivo, finisce in questo modo per vanificare anni di relazione educativa e per condannare il giovane a quella fabbrica di criminalità che è il carcere per adulti.

Per fortuna non c’è solo questo. Le istituzioni della giustizia minorile sono piene di operatori che svolgono un lavoro eccezionale e che si dedicano ai ragazzi con passione e senza risparmiarsi. Girando per le carceri abbiamo anche trovato tante buone pratiche che sono capaci di avvicinare il carcere alla cittadinanza e non lasciarlo isolato. Il laboratorio teatrale al carcere minorile di Bari che organizza spettacoli per la cittadinanza, il laboratorio di politica a Nisida (Napoli) dove i ragazzi si confrontano con la città su tematiche di rilievo sociale, i progetti di canottaggio a Caltanissetta e a Catania che prevedono uscite esterne, il biscottificio “Cotti in Fragranza” a Palermo dove i ragazzi si fanno imprenditori e che ormai distribuisce su tutto il territorio nazionale.

Queste sono solo alcune delle belle iniziative cui abbiamo assistito e delle preoccupazioni che ci rimangono nel vedere tante, troppe “Prospettive minori”. Nel rapporto trovate numeri, norme, accadimenti, storie. Continueremo a monitorare la giustizia minorile italiana. Il compito di ogni società sana è quello di garantire il presente e il futuro dei giovani che la incrociano.

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