Uccidersi in carcere. Nel giro di un paio di mesi nella casa circondariale di Montorio, alle porte di Verona, si sono suicidati quattro detenuti. Un numero agghiacciante, che è stato rimarcato anche nella relazione del presidente della Corte d’Appello di Venezia all’inaugurazione dell’anno giudiziario, pur riferite al periodo giugno 2022-giugno 2023. Carlo Citterio ha detto: “Nelle carceri del Veneto i posti previsti sono 1947, i detenuti invece sono 2481, di cui 1250 stranieri e 131 donne. È cresciuto il numero dei suicidi, da 4 a 6, dei tentati suicidi da 95 a 99 e di episodi di autolesionismo, da 768 a 787. Ricordiamoci che i detenuti sono affidati allo Stato e il suicidio è un’anomalia difficilmente accettabile”.

Se dal palazzo della giustizia arrivano queste parole, i familiari dei detenuti hanno deciso di mobilitarsi. L’appuntamento è per domenica 28 gennaio alle 14.30 davanti a Montorio, con un “presidio contro il suicidio in galera”. L’iniziativa è promossa da due associazioni, Sbarre di zucchero-Mai più una/uno di meno e Ristretti Orizzonti, che dichiarano: “Noi non ci stiamo, non possiamo e non vogliamo né accettare né considerare i suicidi in carcere come un male incurabile ed inevitabile. Un carcere migliore equivale ad una maggiore sicurezza per la collettività, all’abbattimento della recidiva, a condizioni lavorative migliori per tutti gli operatori penitenziari. Ma soprattutto equivale a meno suicidi, che in questo primo scorcio del 2024 sono già 10”. Il dato riguarda tutta l’Italia, l’ultimo suicidio dietro le sbarre a Verona è avvenuto il 23 gennaio scorso, gli altri tre risalivano all’autunno. Monica Bizaj, Micaela Tosato e Marco Costantini denunciano anche “l’ennesimo governo sordo e cieco di fronte a una situazione carceraria drammaticamente abbandonata a sé stessa – Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”. E aggiungono: “E’ un attimo perdere ogni speranza e farla finita con una corda attorno al collo in un carcere dove non ci sono attività e non c’è lavoro, se non alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, dove regna la povertà, dove i ristretti vengono da ambienti di marginalità sociale, dove moltissimi sono stranieri senza l’appoggio economico ed affettivo delle famiglie”.

La denuncia si estende al mancato rinnovo dell’accordo con una cooperativa di lavoro che occupava 150 detenuti. “In questo modo il carcere diventa un non-posto e la pena un deleterio non-tempo”. Attualmente a Verona lavorano 35 detenuti su 540. A dicembre un gruppo di detenuti aveva inviato un esposto in Procura dopo il suicidio di un marocchino, con problemi psichici e già reduce da un tentato suicidio, che era stato messo in isolamento. Gli avvocati della Camera penale di Verona avevano dichiarato lo stato di agitazione. Paradossalmente il sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari (Lega) in visita a Montorio a metà gennaio, ha detto: “La cura contro i suicidi in carcere è il lavoro”.

Qualche giorno fa il consiglio regionale del Veneto ha approvato a maggioranza una risoluzione presentata da Erika Baldin, capogruppo del Movimento 5 Stelle, che impegna la giunta regionale a trovare soluzioni concrete ai problemi di sovraffollamento, suicidi, sommosse, carenza di personale e condizione delle madri detenute. “Mi fa piacere che il Consiglio regionale, con l’eccezione di Fratelli d’Italia, abbia convenuto di auspicare l’impegno dell’esecutivo regionale con il governo. – ha detto Baldin – Il sovraffollamento delle carceri venete si attesta in media al 128 per cento, con picchi che raggiungono il 156 per cento nelle case circondariali di Treviso e Verona, del 144 per cento nella casa di reclusione di Padova”. “In media dove dovrebbero esserci al massimo dieci detenuti se ne trovano almeno tredici, con picchi di 16, gestiti da un numero sempre inferiore di guardie carcerarie” conclude Baldin.

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