Campione del mondo, idolo nerazzurro. Terzino di quantità e qualità, tra i migliori della storia del calcio moderno. Poi, appese le scarpe al chiodo, una vita strana, fatta di estrema povertà e di stenti. Andreas Brehme è stato tutto questo. È morto oggi, 20 febbraio, all’età di 63 anni. A darne notizia è stata la sua compagna Susanne Schaefer: “È con profonda tristezza che annuncio a nome della famiglia che il mio partner è morto improvvisamente e inaspettatamente durante la notte a seguito di un arresto cardiaco. Vi chiediamo di rispettare la nostra privacy in questo momento difficile e di astenervi dal fare domande”.

Brehme, nato ad Amburgo, ha giocato tre Coppe del Mondo, perdendo la finale del 1986 a Città del Messico contro l’Argentina e fu autore del gol della vittoria della Germania nella finale dei Mondiali del 1990. Il suo momento migliore da giocatore di club è arrivato all’Inter, dove ha vinto la Serie A nel 1989 e la Coppa Uefa nel 1991, con Trapattoni in panchina. Era l’Inter dei record, per intenderci. Poi ha vinto la Bundesliga con Bayern Monaco e Kaiserslautern. In seguito divenne allenatore, con minor successo, in club tra cui Kaiserslautern e Unterhaching. La morte di Brehme arriva poche settimane dopo quella dell’icona del calcio tedesco Franz Beckenbauer, che ha allenato la squadra ai Mondiali del 1986 e del 1990 dopo averla vinta da giocatore nel 1974.

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Andreas Brehme, ovvero il “piedi di ferro” che divenne laterale moderno: da Trapattoni a Italia ’90, storia di un “non terzino”

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