Per Stefano Benni il terzino sinistro, a forza di marcare il 7 avversario, nel calcio di una volta dotato di fantasia, capacità di dribbling e finte ubriacanti, finiva per assumerne le caratteristiche nel tempo. Andreas Brehme detto Andy, scomparso oggi a 63 anni per arresto cardiaco, declinava perfettamente questa teoria: tanta corsa, meticoloso in difesa e una maledizione per i colleghi difensori avversari quando decideva di attaccare, usando destro e sinistro nella stessa maniera, e molto bene peraltro. Merito del papà, Bernd, ex calciatore che lo allena in maniera estenuante a trattare il pallone con entrambi i piedi: pare che in gioventù non fosse così “delicato”, tanto da guadagnarsi il soprannome, sempreverde in Germania, di “Eisenfuss”, “piedi di ferro”.

Condivideva quel soprannome col collega Jurgen Kohler, che però se lo portò per tutta la carriera a differenza di Andy. E con Kohler condivide pure la professione alternativa al calcio: studia da meccanico, ma si capirà ben presto che non dovrà aggiustare macchine per vivere. Già a quindici anni infatti nel Barmbek si mostra un calciatore fuori dal comune: è veloce, calcia bene, ma soprattutto ha una resistenza in grado di fargli giocare anche due partite in un giorno, e poi ha il carattere del leader, venendo fuori nei momenti decisivi delle gare. Sogna l’Amburgo e in un provino, per la verità, se la guadagnerebbe pure la maglia degli Anseatici rifilando finte e tunnel a destra e a manca, ma questo lo fa apparire presuntuoso e dunque la carriera di Brehme prosegue al Saarbrucken in Serie B. Grazie all’ottima stagione guadagna la chiamata nella nazionale Under 21 tedesca e soprattutto quella del Kaiserlslautern in Bundesliga, portando avanti ottime stagione sia in Germania che nelle coppe europee.

Intanto arriva anche la chiamata in nazionale con cui partecipa agli Europei del 1984 e ai Mondiali del 1986, dove segna un gol importantissimo, contro la Francia in semifinale. Il Kaiserslautern ridimensiona le ambizioni e Brehme passa al più ambizioso Bayern, ma avrà modo di rifarsi con i diavoli rossi. Vince subito la Bundesliga e nasce un’intesa meravigliosa con il compagno Lothar Matthaus che di lui dirà “Brehme è il calciatore più forte con cui ho giocato”. Eppure al Bayern non lega con Heynckes che lo utilizza praticamente in tutti i ruoli. Dopo la finale persa col Porto e il rapporto col tecnico sempre peggiore Andy passa all’Inter di Pellegrini nel 1988, ritrovando il suo amico Matthaus che ne aveva caldeggiato l’acquisto. Il Trap intuisce che Brehme partendo da dietro è devastante, e infatti in quel ruolo il tedesco diventa un pilastro dell’Inter dei record che vince il 13esimo scudetto: in nerazzurro, assieme a Lothar Matthaus e Jurgen Klinsmann vincerà anche una Supercoppa Italiana e la Coppa Uefa, e in Italia diventerà anche Campione del Mondo nel 1990, vincendo la finale contro l’Argentina segnando il rigore decisivo (calciato col destro). Nel 1992 passa in Spagna al Saragozza ma l’annata è negativa, tornando al Kaiserslautern invece ritrova livelli altissimi vincendo incredibilmente la Bundesliga nel 1998, con la squadra neopromossa. Appesi gli scarpini al chiodo tenta la carriera da allenatore, ma una volta abbandonato il calcio giocato cominciano i problemi: il divorzio dalla prima moglie, un’indagine per guida in stato d’ebrezza, problemi economici che lo portano a perdere tutto quel che aveva guadagnato in carriera. Per lui si mobilita anche Franz Beckenbauer, invitando la federazione a dargli una mano: arriva il Bayern perciò a offrirgli un posto da osservatore che gli restituisce tranquillità. Si è spento oggi, dopo un arresto cardiaco nella notte, notizia confermata dalla compagna che ha chiesto riserbo e rispetto per la privacy della famiglia.

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