Dovevo esserci anche io insieme a loro. Sono arrivato tardi soltanto per caso“. È il racconto di un operaio che lavorava al cantiere del supermercato Esselunga di Firenze crollato nella mattina di venerdì 16 febbraio e che per un impegno, un pagamento per la famiglia, ha avvisato che sarebbe arrivato poco più tardi. Un ritardo che probabilmente gli ha salvato la vita.

L’uomo, intervistato da Repubblica, racconta la confusione al suo arrivo sul cantiere dove erano già arrivate ambulanze e vigili del fuoco e dove c’era già una folla di residenti e giornalisti con la polizia che delimitava l’area. “Sono passato tra le persone, nessuno sembrava capire o sapere che cosa fosse successo” racconta, ancora incredulo per ciò che è accaduto. “Dovevo entrare per il mio turno, ma non capivo. Vedevo i mezzi, chiedevo a tutti cosa fosse accaduto. Mi dicevano di un crollo“.

L’uomo era impegnato proprio nella parte del cantiere che è crollata: “Andavo a lavorare in quel cantiere tutti giorni, laggiù, dove è crollato tutto. Ora credo lo chiuderanno. Ma ci spostavamo anche in altre aree”. L’uomo racconta anche di non aver notato nessun problema e che “sembrava tutto normale”, anche se, specifica, “dovrò capire, parlare con gli altri”.

Al momento del crollo, appunto, non era al cantiere, per un caso fortunato. “Avevo avvisato che sarei arrivato più tardi. L’altra mattina avevo un impegno: dovevo andare a fare un pagamento per la mia famiglia, un bonifico. E poi passare a prendere qualche documento prima di entrare in cantiere”.

Il primo pensiero sono stati i suoi colleghi: “Ho provato a fare una chiamata ai colleghi che erano dentro. Mi sono guardato intorno, cercavo qualcuno degli altri operai e là in fondo vedevo quelle macerie. Tante. Cercavo di sapere chi c’era là sotto“. Poi ha visto la polizia e, quando ha riferito che anche lui lavorava lì, lo hanno fatto passare ed entrare per raggiungere gli altri. “Mi guardavo indietro, dove lavoravamo. I miei compagni erano lì tutti insieme, aspettavano di parlare con la polizia. Siamo usciti soltanto la sera. Siamo rimasti tutto il tempo là dentro, mentre spostavano i detriti e tiravano fuori i corpi. Una giornata a piangere e a farci domande domande.”

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