Per l’anteprima della stagione concertistica 2024, che prenderà avvio il 18 marzo, il Bologna Festival ha puntato molto in alto: ha chiamato la Filarmonica della Scala e il direttore Myung-Whun Chung ad eseguire la Quinta Sinfonia di Gustav Mahler (Teatro Manzoni, 5 febbraio 2024).

È stato un concerto-ricordo, un omaggio a un grandissimo artista, Claudio Abbado, scomparso dieci anni fa, il 20 gennaio 2014, ma sempre presente nel pensiero e nei cuori dei bolognesi e dei melomani di tutto il mondo. A Bologna il grande direttore ha vissuto per anni, qui diresse pagine e pagine di autori eccelsi, fondò l’Orchestra Mozart (2004), e per tanto tempo si sottopose a cure per la sua malattia, lottando con strenuo coraggio. Chi ha potuto seguire quel periodo glorioso, in cui Abbado fece di Bologna la ‘sua’ città, ha ben in mente le sue esecuzioni, il piglio scattante, la bellezza della sonorità, la limpidezza del fraseggio, la capacità di tramutare l’orchestra in un personaggio collettivo. L’infaticabile sovrintendente e direttrice artistica del Bologna Festival, Maddalena da Lisca, ha voluto la Quinta di Mahler per questo commovente memento. Abbado l’aveva diretta a Bologna con la European Community Youth Orchestra (ECYO) in un’occasione di grande significato: in Piazza Maggiore, davanti a 5000 persone in religioso silenzio, il 2 agosto 1982, ricordò la strage di due anni prima nella stazione ferroviaria, ferita terribile inferta alla Città, ai suoi cittadini, a tutto il Paese.

Mahler, si sa, è autore tormentato e complesso, e la Quinta è un vertice. In un’ora e venti si passa da gorghi e marosi di suono aggressivi e veementi, per gli interventi vuoi tellurici vuoi siderali degli ottoni, per le tirate aspre degli archi, a momenti di estatica soavità, intimità, dolcezza. Fu composta nel 1901 a Maiernigg, in Carinzia: il compositore aveva trovato rifugio in una villa in affitto, dopo aver patito, l’anno prima, condizioni di salute molto precaria. Il primo tempo – una cosmica marcia funebre, da eseguire “wie ein Kondukt” (come un corteo funerario) – fu concepito proprio nel 1901, nel momento del dolore e fors’anche della disperazione.

La Sinfonia, che non ha un ‘programma’ dichiarato, rappresenta comunque il passaggio dal dolore alla gioia, dallo scoramento alla felicità: una felicità che prende corpo nel terzo tempo, lo Scherzo, dominato da un giubilante assolo del corno che sembra non finire mai. È un tempo di potenza inaudita, clangori poderosi, pathos robusto: un’ondata di suoni che sommerge l’ascoltatore. Il quarto tempo – l’Adagietto per i soli archi con l’arpa, assai noto (Luchino Visconti se ne valse in Morte a Venezia) – echeggia, nell’impostazione sentimentale, il Mahler liederista. Si favoleggia che sia stato dettato dall’amore per Alma Schindler: il 27 dicembre del 1901 i due si fidanzarono, e a marzo si sposarono. Nel 1902 fu scritto il Finale della Sinfonia: allegro, euforico, radioso, vitale, agli antipodi del tetro primo tempo, è la sonora rappresentazione della felicità conquistata.

L’interpretazione di Myung-Whun Chung è diversa da quella, traslucida, di Abbado, ma strepitosamente efficace. Il Maestro coreano punta sulle sonorità metalliche, bronzo e acciaio: il gesto è chiaro, netto, misurato, essenziale. I timbri diventano acri, acidi, pungenti. Ma paradossalmente l’esecuzione mette in risalto i momenti più commoventi, lì dove affiorano i sentimenti più struggenti e sofferti. Interpretazione altissima. L’orchestra scaligera è stata magnifica. Il compito dei 120 musicisti è immane, perennemente sul filo del rasoio: vittoriose tutte le sezioni, tutti i solisti. Applausi osannanti, in particolare per il primo corno, Emanuele Urso, e la prima tromba, Marco Toro.

Il Concerto portava un titolo evocativo: “Music for the cure”. Aveva infatti uno scopo benefico: raccogliere fondi a sostegno del progetto “Donne al centro”, iniziativa promossa da Susan G. Komen Italia, associazione impegnata nella lotta contro i tumori al seno. “Donne al Centro”, dice Carla Faralli, presidente del comitato regionale per l’Emilia Romagna, “nasce per mettere ‘al centro’ del percorso di cura le pazienti, consentendo loro di assumere un ruolo attivo nel processo di guarigione. Per favorire il completo recupero del benessere psico-fisico durante e dopo i trattamenti oncologici, si interviene attraverso attività di supporto, quali bioginnastica, yoga, meditazione, naturopatia, scrittura creativa e musicoterapia. Il Maestro Claudio Abbado, del resto, ha più volte esplicitamente dichiarato: la Musica è sempre stata la mia miglior cura”.

Musica e Medicina, dunque, a servizio delle donne. Azione sostenuta in questo concerto da sponsor illuminati come Banca di Bologna, Alfasigma, Illumia ed altri ancora.

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