Troppo anziani per la Casa Bianca. I due candidati, di fatto già in campagna elettorale e che hanno cominciato a incassare i voti delle primarie, non trovano l’apprezzamenti di chi ha risposto al nuovo sondaggio ABC News/Ipsos. Ben l’86% degli statunitensi ritiene che Joe Biden, 81 anni, protagonista di gaffe e cadute, sia troppo vecchio per guidare il Paese. Il 59% degli americani che pensa che sia lui che l’ex presidente Donald Trump, in corsa per i repubblicani ma coinvolto in molte inchieste e senza immunità per il processo dell’assalto a Capitol Hill, siano troppo vecchi e il 27% che pensa che solo Biden sia troppo vecchio. Il 62% degli intervistati ritiene invece che Trump, che ha 77 anni, sia troppo vecchio per ricoprire la carica.

Il 73% dei democratici pensa che Biden sia troppo vecchio per guidare gli Usa, ma solo il 35% dei repubblicani pensa che Trump sia troppo vecchio per farlo. Il 91% degli indipendenti pensa che Biden sia troppo vecchio e il 71% dice lo stesso di Trump. Il sondaggio arriva sulla scia del rapporto della scorsa settimana del procuratore speciale Robert Hur, che ha messo in dubbio l’idoneità mentale di Biden definendolo un anziano con poca memoria.

Al momento però i candidati sono loro. E non esiste un’alternativa democratica a Biden (leggi l’articolo di Roberto Festa). Nonostante questo, il toto-nomi su chi potrebbe sostituire Biden come candidato democratico impazza. E come ogni volta che si apre un simile dibattito rispunta il nome di Michelle Obama, il sogno di molti giovani democratici e il possibile incubo dei repubblicani. All’ex First Lady si aggiungono i nomi del governatore della California Gavin Newsom e della governatrice del Michigan Gretchen Whitmer.

“Michelle Obama ama questo paese, è una persona brillante e una brillante comunicatrice. Ma la politica non le piace. Ci sono più chance che io balli il prossimo anno al Bolshoi che Michelle si candidi“, afferma David Axelrod, l’ex stratega di Barack Obama, cercando di spegnere le voci che si rincorrono. “Non c’è un piano B, un piano C, o piano D. Quindi combatteremo fino alla fine” per Biden, aggiunge un altro stratega democratico ed ex dell’amministrazione Obama con il Washington Post.

Mentre le voci e i sogni si rincorrono, la realtà e le regole vigenti non offrono molte chance ai democratici per cambiare la corsa in atto. Una delle poche alternative è un passo indietro volontario di Biden, come fece Lyndon Johnson nel 1968. Ma se Biden non si farà volontariamente da parte, i democratici hanno di fatto le mani legate: il presidente ha il pieno appoggio del Democratic National Committee e un accordo con questo sulla raccolta fondi. Entro la metà di marzo, inoltre, Biden potrà contare sull’impegno di un numero sufficiente di delegati democratici da assicurarsi la nomination.

Questo significa che alla convention di Chicago i timori su Biden dovrebbero essere così pesanti da convincere gli stessi delegati che si sono impegnati con il presidente a cambiare voto. Dopo la convention sarebbe praticamente impossibile per un nuovo candidato presidenziale sostituirlo, a meno che Biden non risultasse incapace di svolgere le sue funzioni.

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