Joe Biden conservò e divulgò volontariamente materiali altamente classificati quando era un privato cittadino, inclusi documenti sulla politica militare ed estera in Afghanistan e altre questioni sensibili di sicurezza nazionale, ma non va incriminato perché sarebbe difficile convincere una giuria a condannarlo. Il motivo? È un uomo anziano con poca memoria. È la conclusione del rapporto del procuratore speciale Robert Hur. Se il presidente Usa può tirare un sospiro di sollievo sul piano giudiziario, su quello politico-elettorale subisce un triplo smacco. In campagna elettorale difficilmente potrà attaccare il suo rivale Donald Trump per il procedimento sulle carte classificate di Mar-a-Lago. Soprattutto, dovrà provare a convincere l’opinione pubblica – anche nell’elettorato democratico – di non essere troppo anziano per guidare gli Stati Uniti. E nel frattempo i repubblicani più vicini al suo prossimo sfidante per la Casa Bianca si appellano al 25simo emendamento che permette di rimuovere un presidente ritenuto “non idoneo” all’incarico.

Biden è così stato costretto a replicare pubblicamente al rapporto di Hur. “Il procuratore speciale ha concluso che io non ho commesso nessun crimine con le carte classificate. Io ho collaborato con la giustizia, Trump al contrario ha mentito e non ha collaborato”. “La mia memoria è buona” e se ci sono stati eventuali errori, era perché “ho deposto per cinque ore in due giorni, l’8 e il 9 ottobre, all’indomani dell’attacco di Hamas contro Israele, quindi nel bel mezzo di una crisi internazionale“, si è difeso Biden. Che subito dopo però ha commesso un’altra gaffe: nel corso della conferenza stampa ha parlato di Abdel Fattah al-Sisi come “il presidente del Messico”, e non dell’Egitto qual è. Non è la prima volta che Biden confonde due leader. Domenica scorsa, infatti, ha scambiato il presidente francese Emmanuel Macron con l’ex presidente francese François Mitterrand. Ieri invece ha parlato di un G7 del 2021 con Helmut Kohl, ma al summit c’era Angela Merkel e non il defunto cancelliere tedesco.

Il rapporto ha scatenato anche i pezzi del partito repubblicano più vicini a Trump. La deputata Marjorie Taylor Greene ha sottolineato: “Non è in grado di sostenere un processo per i documenti rubati dopo aver lasciato l’incarico al Senato e da vice presidente, ma è invece in grado di portare in giro la valigetta nucleare?”. La deputata della Georgia di estrema destra, un tempo seguace della setta QAnon, ha sostenuto che ci sono solo due soluzioni “il 25esimo emendamento o l’impeachment”. Il rapporto “non descrive qualcuno che deve essere il comandante in capo delle nostre forze armate e il difensore delle libertà americano” le ha fatto eco il senatore della Florida, Rick Scott, chiedendo al gabinetto di Biden di invocare il 25esimo emendamento. Dovrebbe essere la vice presidente Kamala Harris ad avviare la procedura e i membri dell’amministrazione democratica dovrebbero concordare sul fatto che il presidente “non sia in grado di esercitare i suoi poteri ed assolvere i suoi compiti”, come recita l’emendamento. A questo punto poi servirebbe la maggioranza qualificata sia di Camera che Senato per rimuovere il presidente.

L’inchiesta su Biden era stata avviata dopo che l’Fbi aveva scoperto alla fine del 2022 documenti top secret nel suo garage di casa a Wilmington e in un ufficio privato di un think tank di Washington. Il presidente ha offerto pieno sostegno all’indagine e si è fatto interrogare, ma dall’inchiesta sono emerse molte circostanze allarmanti. Ad esempio, la scarsa sicurezza con cui erano custoditi i documenti che avrebbero dovuto essere consegnati agli Archivi nazionali. Biden non avrebbe potuto essere perseguito come presidente in carica, ma nel suo rapporto il procuratore speciale afferma che non avrebbe comunque raccomandato accuse contro di lui per varie ragioni. Tra queste il fatto che in un processo Biden probabilmente si sarebbe presentato alla giuria “come un uomo anziano empatico, ben intenzionato e con una scarsa memoria“.

Commentando la memoria del presidente, Hur afferma che in una “non ricordava quando era vicepresidente, dimenticandosi quando era terminato il suo mandato”, in un altra quando era iniziato. Inoltre “non ricordava, nemmeno dopo diversi anni, quando morì suo figlio Beau“. Il presidente Usa sul punto ha replicato duramente: “Come diavolo osa parlare di questo? Francamente, quando me l’ha chiesto ho pensato che non fossero affari suoi. Non ho bisogno che nessuno mi ricordi quando è morto mio figlio”. E poi, rispondendo ai giornalisti, ha ribadito: “La mia memoria sta bene. Guardate quello che ho fatto da quando sono diventato presidente. Nessuno di voi pensava che riuscissi a fare ciò che ho fatto”. E ancora: “Sono un uomo con buone intenzioni. E sono un uomo anziano. So cosa sto facendo. Sono stato presidente, ho rimesso in piedi questo paese”. Trump nel frattempo è già passato all’attacco: “Questo caso ha dimostrato che il sistema giudiziario ha un doppio standard e i processi contro di me sono selettivi e incostituzionali! Il caso di Biden è 100 volte diverso e più grave del mio”.

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