di Federica Morrone

Uno degli incubi dell’era digitale è che qualcuno viaggi liberamente nel nostro computer, avendo accesso a tutto quello che ci riguarda, cancellando a piacimento. A me è accaduto davvero.

Circa un mese fa mi accorgo che mancano alcuni documenti dal Mac. Chiedo in giro, in molti rispondono che può capitare, è un problema di caricamento, “non preoccuparti, riappariranno”. Non sono convinta, ma mentre cerco una soluzione mi ammalo. Al quinto giorno di influenza e di 39,5 che non scende, ricevo una telefonata, sta per partire un progetto a cui tengo molto. Apro la cartella del computer che contiene i testi che avevo scritto per questo lavoro, improvvisamente è vuota. Resto allibita, considero l’ipotesi hacker, ma valuto il Mac sicuro.

Credo sia un buon esercizio mettersi in discussione in modo costruttivo, resto vigile sulla possibilità di aver commesso qualche errore. O forse sono impazzita. Mentre rivedo A Beautiful Mind contemplo addirittura l’ipotesi di avere una personalità nascosta, un alter ego che butta file.
Continuano a sparire documenti, il nuovo libro, la sinossi di un altro, C.V., diplomi di insegnamento, certificazioni mediche, meditazioni … Cartelle totalmente vuote, altre defraudate in parte.

Provo a iscrivere mio figlio alle medie, la password dello Spid risulta errata, vengo ripetutamente buttata fuori da quella che dovrebbe essere la mia identità. “Mamma, allora resterò per sempre alle elementari con la maestra Francesca!”, esclama Lorenzo felice.

La febbre passa, porto il computer da un tecnico che si impegna ad aiutarmi, è stupito quanto me, ma è convinto che i documenti persi siano da qualche parte e che riusciremo a trovarli. Innanzitutto – appurato che dal mio è impossibile -, cerchiamo dal suo computer di fare l’iscrizione a scuola. La procedura richiede più tempo del previsto, contattiamo Poste e cambiando l’ennesima password finalmente ci riusciamo. Subito dopo provo ad accedere allo Spid dai miei device, niente da fare.

Il tecnico si concentra sul mio Mac, il disco rigido è a posto, pulisce, disinstalla e istalla di nuovo, mi invita a salvare sul desktop i documenti che sono su iCloud (ho un abbonamento). Il mio Apple ID risulta errato e io non ho mai ricevuto alcuna notifica di tentato cambiamento di password. Risolvo e riesco a entrare, mentre continuo a importare mi accorgo che quasi tutti i documenti risultano visualizzati, l’ultima volta, il medesimo giorno, alle 19,37. La mattina prendo il computer e vado alla Polizia Postale. Ricevo un’accoglienza gentile e anche le prime spiegazioni. L’intrusione è avvenuta da iCloud, sono entrati da lì, sono avvenuti già diversi casi, gli hacker di solito cercano foto compromettenti per ricattare la vittima (ma io non ho nulla); oppure rubano documenti e poi chiedono un riscatto.

Mentre elenco alcuni dei file mancanti gli agenti ipotizzano la possibilità che sia stato un attacco mirato, un furto, ma io lo escludo, non sono la Rowling, con il ricavato dei miei libri non pago le bollette. Quando finisco di fare la denuncia, gli agenti mi invitano a cambiare tutte le password e a contattare il servizio di assistenza Apple. Li ringrazio e appena torno a casa seguo il loro consiglio. Spiego alla persona che risponde al telefono quanto è accaduto, me ne passa subito un’altra, e così via; la frase che ognuno ripete è più o meno la stessa: serve una competenza maggiore.

Capisco da questa staffetta che l’invasione che ho ricevuto è grave e che loro per primi sono interessati a capire il come. Si tratta di un’azienda che considera la sicurezza informatica un fiore all’occhiello. La quinta voce è quella giusta, arriva da Atene e si esprime in un italiano eccellente. È la voce che mi accompagnerà per dieci giorni, dedicandomi, per iniziare, un intero pomeriggio. Una voce professionale, ma soprattutto vera, umana, capace di slanci sensibili. Ho autorizzato l’accesso nel mio computer e nel mio telefono, e così lo specialista Apple mi ha guidato con una freccia nei diversi controlli e passaggi che ho dovuto effettuare. Ha fatto un ulteriore tentativo di ricerca dei documenti dispersi, coinvolgendo degli ingegneri, ma nulla è stato ritrovato. Entrando da iCloud gli invasori hanno cancellato i file anche sul computer, quindi il mezzo che avrebbe dovuto proteggermi è stato invece il cavallo di Troia.

Ho comprato un disco esterno, sto sistemando i file che sono rimasti, ho recuperato qualcosa poiché allegato alle mail; ora cerco di considerare questo avvenimento un reset, un lasciar andare per seguire nuove direzioni.

Restano dei dubbi. Siamo pronti per un’era digitale? Possiamo davvero affidarci esclusivamente all’intelligenza artificiale? Se non ci fosse stata la solidarietà umana mi sarebbe stato precluso persino il passaggio alle medie di Lorenzo, mentre fino a qualche anno fa avrei effettuato velocemente l’iscrizione andando in segreteria a via Giulia. Non mi sembra progresso, ma involuzione. Se qualcuno si impossessa del mio computer e mi caccia dallo Spid, oggi io divento impotente, e questo proprio non mi piace, mi sento privata della mia libertà.

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