Il fronte della destra contro il suicidio assistito perde un altro pezzetto. Non solo il leghista Luca Zaia, ora anche Giovanni Toti mostra segnali di apertura sulla legge regionale che dà tempi certi alle procedure sul fine vita. Dopo che il caso è scoppiato in Veneto, dove il consiglio regionale ha fatto fallire il provvedimento nonostante il voto a favore del presidente del Carroccio, continuano le campagne nelle altre Regioni. E uno spiraglio viene proprio dal governatore ligure: “Personalmente”, ha detto l’ex esponente di Fi e ora con Italia al centro, “anche io come Zaia voterei a favore, ma sulle questioni etiche a ognuno deve essere garantita piena libertà e pertanto ritengo non debbano esserci rigide discipline o diktat di partito“. Intanto in Lombardia, guidata dal leghista Attilio Fontana, l’ufficio di presidenza ha stabilito all’unanimità che la proposta è ammissibile e si avvierà la discussione.

L’Associazione Luca Coscioni sta portando avanti una campagna perché siano le Regioni a discutere leggi di iniziativa popolare che garantiscano tempi rapidi e definiti a chiunque decide di far ricorso alle procedure sul fine vita. La proposta è stata già bocciata dal Veneto, ma è in attesa di discussione negli altri consigli regionali d’Italia. E in Liguria è stata sosttoscritta dai capigruppo di Pd, Lista Sansa, M5s e Linea Condivisa: a breve deve iniziare l’iter in commissione Sanità e poi passerà in Consiglio regionale. “Credo”, ha detto Toti, “sia arrivato il momento, anche per la politica, di esprimersi su una questione che ha ancora confini giuridici poco chiari. Quello del fine vita è un tema tanto sensibile quanto reale, quindi sono favorevole al fatto che la discussione arrivi anche in Consiglio regionale pur considerando che dovrà essere affrontata anche a livello nazionale dal Parlamento italiano”.

Ad accogliere con favore le parole di Toti è stata la segretaria nazionale dell’Associazione Coscioni Filomena Gallo: “In Liguria”, ha detto, “auspichiamo la convergenza delle forze politiche nel portare avanti una proposta che parte dai cittadini e non ha alcun colore politico, come dimostra la gradita apertura da parte del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti”. E ancora: “Per evitare strumentalizzazioni ci teniamo a precisare, una volta per tutte, che la morte volontaria assistita in Italia è già possibile, grazie alla sentenza Cappato/Antoniani della Corte costituzionale del 2019, che ha valore di legge su tutto il territorio nazionale. I consiglieri regionali in Liguria dovranno solo esprimersi sulla volontà di definire procedure e tempi certi per la verifica dei requisiti stabiliti dalla sentenza della Corte per poter accedere al suicidio assistito”. A rendere difficile l’applicazione delle sentenza, sono proprio i tempi lunghissimi e i ritardi delle singole aziende sanitarie: “In assenza di tempi definiti”, ha chiuso Gallo, “per la verifica delle condizioni da parte del sistema sanitario nazionale nei confronti di persone malate che soffrono un dolore intollerabile determinato da patologie irreversibili, sarà necessario ricorrere ai tribunali con conseguente condanna delle aziende sanitarie come già avvenuto in passato e ulteriori sofferenze di chi non può aspettare i tempi delle amministrazioni impreparate”.

Il Consiglio Regionale della Regione Veneto è stato il primo in Italia ad affrontare la proposta di legge definita “Liberi subito”: il testo è stato però rinviato in commissione e la discussione si è arenata. Attualmente, oltre al Veneto, anche gli uffici tecnici di Regione Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia (e da oggi in Lombardia) hanno ritenuto che le norme contenute nella proposta di legge rientrino nelle competenze regionali e siano rispettose della Costituzione italiana, si attende la discussione. Infine, in Sardegna, Basilicata, Lazio e Liguria la proposta di legge è stata depositata tramite l’iniziativa dei consiglieri regionali o per iniziativa dei Comuni. In Toscana invece è in corso la raccolta firme. Proposte analoghe sono state depositate nelle Marche e in Calabria. La Puglia ha approvato una delibera di giunta, ma al momento non è ritenuto sufficiente e si punta alla discussione della legge.

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