Una scena che solo trent’anni fa sarebbe stata improponibile. Su uno sfondo non più spettrale, dopo lo sblocco delle istituzioni di governo di sabato scorso, il castello di Stormont è tornato ad essere animato da sorrisi e strette di mano tra il primo ministro di Londra Rishi Sunak, il Taoiseach (il premier irlandese) Leo Varadkar e quella che è ufficialmente la protagonista di un nuovo capitolo di storia a Belfast: Michelle O’Neill, cattolica, nazionalista prima leader dello Sinn Fein, l’ex braccio politico dell’Ira (l’esercito repubblicano irlandese), ad arrivare ora sulla poltrona di primo ministro dell’Irlanda del Nord.

Il trentennio di bombe e violenze settarie tra nazionalisti cattolici e unionisti protestanti era stato chiuso 26 anni fa dagli accordi di pace del Venerdì Santo che di fatto hanno sancito il principio democratico della condivisione di poteri tra le forze politiche dell’Assemblea di Stormont, dove ogni decisione ora deve essere presa per consenso tra le parti. Alle elezioni politiche del 2022 c’era stata la sorprendente vittoria del Sinn Fein, che per la prima volta nella storia aveva strappato la maggioranza al Dup. Poi, però, la Brexit ha congelato la gioia dei nazionalisti facendo saltare tutto il meccanismo. il Partito Unionista Democratico ha bloccato la formazione del nuovo governo in protesta contro le barriere commerciali nel mare d’Irlanda che di fatto separavano Belfast da Londra.

Michelle O’Neill è rimasta ferma e paziente nell’anticamera del governo di Stormont per due anni nei quali il Parlamento non ha legiferato e l’esecutivo non ha potuto prendere decisioni su temi come i servizi sanitari post pandemia e le misure economiche contro la crisi del carovita. E quando già l’eco dei troubles stava cominciando a risuonare, è arrivata la svolta. A pochi mesi dalle elezioni più tese che i Tory ricordino, il governo Sunak ha concesso nuovi accordi eliminando i controlli sulle merci che si spostano dalla Gran Bretagna per restare in Irlanda del Nord, oltre che circa 3 miliardi e mezzo di euro a Belfast, per buona pace del Dup che così ha cessato l’ostruzionismo delle istituzioni.

“Oggi è un giorno storico e importante per il Paese perché i politici dell’Irlanda del Nord sono tornati al lavoro, a prendere decisioni per conto del loro popolo – ha detto Rishi Sunak a termine degli incontri con la first minister O’Neill e la vicepremier del Dup, Emma Little-Pengelly – Adesso il nuovo accordo dà loro più fondi e più poteri di quanti ne abbiano mai avuti, in modo che possano realizzare programmi per le famiglie e le imprese del Paese. Questa è la priorità di tutti, non quella di un referendum per cambiamenti costituzionali”, ha ribadito il leader conservatore tutto sorrisi dopo essere riuscito nell’accordo fallito dai suoi predecessori Theresa May e Boris Johnson e che è sceso saltellante dalle scalinate del Castello di Stormont con arie da nuovo Tony Blair (che firmò gli storici accordi di Belfast nel 1998) in vista della campagna elettorale.

Michelle O’Neill, 47 anni, ex vicepremier, madre a 15 anni e con miliziani dell’Ira in famiglia, è nota per la sua determinazione a realizzare un punto specifico del suo programma: il referendum per l’unificazione della Repubblica d’Irlanda, che vorrebbe entro il prossimo decennio. “Da qualunque parte stiamo, qualunque siano le nostre aspirazioni, possiamo e dobbiamo costruire il nostro futuro insieme”, aveva detto la repubblicana nel suo discorso di insediamento a Stormont sabato scorso, promettendo cooperazione e impegno genuino in quella che ha chiamato a “un’assemblea per tutti, cattolici e protestanti”.

Mentre il governo di Londra ha ribadito che quella dell’unità dell’Irlanda non è un’opzione e che le priorità ora devono essere i servizi e l’economia del Paese, la O’Neill ha sottolineato: “Si possono avere poteri condivisi, lavorare insieme sui servizi pubblici e nello stesso tempo perseguire altrettanto legittime aspirazioni”. La visita del premier irlandese all’apertura dei lavori di Stormont ha ricordato alla nazione che con una rimonta di Sinn Feinn alle prossime elezioni a Dublino il progetto Irlanda unita potrebbe essere più vicino di quanto Sunak non pensi. Da parte sua, Varadkar per ora tergiversa sulla questione: “Oggi è la giornata per celebrare l’implementazione degli accordi del Venerdì Santo e non per parlare di referendum sull’unità dell’Irlanda”.

La ritrovata intesa tra i Repubblicani e gli Unionisti passa attraverso i finanziamenti da Londra, o meglio dalla missione di convincere il governo Sunak a concedere più dei 3,3 miliardi di sterline ricevute per implementare servizi pubblici, salari dei lavoratori, istruzione e sanità. Condividendo il microfono, O’Neill e Little-Pengelly hanno fatto il loro primo vero fronte comune: “Siamo impegnate a lavorare insieme e abbiamo inviato una lettera congiunta al primo ministro Sunak perché l’offerta sul tavolo sembra buona in apparenza, ma per avere successo politico abbiamo bisogno di più fondi al governo devoluto di Stormont che ci permettano di trasformare i settori della sanità e dei servizi pubblici”, è stato il loro coro.

Pronto a promettere un ulteriore sostegno economico è stato il premier irlandese Varadkar nel corso di una conferenza stampa che, tensioni in sottofondo, è stata tenuta “in solitaria” e non congiuntamente insieme a Sunak. Il nuovo esecutivo nordirlandese dunque parte con tante speranze, promesse di sinergie e con l’impegno a lavorare sui rapporti con Londra e con l’Unione europea in un momento in cui , ai due lati della Manica, gli equilibri politici sono appesi alle nuove elezioni.

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