I paesi del G7 (Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia, Giappone) e l’Unione europea si stanno ingegnando per trovare un modo di finanziare la ricostruzione dell’Ucraina, senza pagare. Ma nel farlo rischiano di creare un nuovo incentivo alla prosecuzione della guerra. L’idea che circola con insistenza è quella di consentire a Kiev di emettere bond zero coupon (ovvero senza cedole periodiche ma con interessi pagati tutti insieme al momento della restituzione del prestito) che avrebbero come garanzia gli asset della banca centrale russa congelati in Europa. Asset che valgono circa 250 miliardi di euro. Secondo chi lavora a questa soluzione non esistono dubbi sulla legittimità delle pretese occidentali sugli asset russi, alla luce del diritto internazionale. Tuttavia nessun tribunale si è ancora pronunciato su questo punto e Mosca ha annunciato l’intenzione di ricorrere in ogni sede conto iniziative di questo genere.

Poiché molto difficilmente Kiev avrà la capacità di ripagare i bond acquistati dagli investitori internazionale, si tratterebbe di fatto di un esproprio degli asset russi rimandato nel tempo. Per i governi in carica questa soluzione ha però il vantaggio di raccogliere denaro ora e rimandare la questione di cosa fare degli asset russi a un non meglio precisato futuro. Probabilmente quando i governanti oggi in carica saranno già passati a fare i conferenzieri di qualche meeting in Arabia Saudita.

L’operazione non è priva di rischi e controindicazioni. E infatti non tutti sono d’accordo. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ed il presidente francese Emmanuel Macron si oppongono, ritengono che questa strada potrebbe destabilizzare l’euro. La maggior parte delle riserve russe sono detenute in euro e la Banca centrale russa ha scelto questa moneta ritenendola più sicura e affidabile del dollaro, più remota la possibilità che gli asset venissero requisiti. Se così invece non fosse la caratura dell’euro come valuta internazionale alternativa al dollaro vacillerebbe. Così come il biglietto verde sta risentendo in termini di credibilità a causa delle dilaganti sanzioni, Tuttavia in virtù della sua posizione dominante, il biglietto verde risente meno di queste dinamiche.

Le riserve russe attualmente si trovano presso il depositario centrale Euroclear, domiciliato in Belgio, e sono, appunto, congelate. Esiste il pericolo che i contenziosi legali non diano un esito così scontato come presupposto dal G7, oppure che le cause si trascinino con tempistiche incompatibili con le scadenze dei bond. Anche perché, in relazione agli asset russi che transitano da Euroclear non tutto sembra avvenire nel pieno rispetto del diritto internazionale. Il rischio più grande è però probabilmente di natura geopolitica. Un’obbligazione così strutturata, che in sostanza per essere rimborsata presuppone l’esproprio degli asset russi, non è certo un elemento che favorisce dialoghi di pace. Anzi è un ostacolo gettato sulla strada del percorso che potrebbe portare ad un’intesa tra le parti. Qualora l’ipotesi del bond collateralizzato si concretizzasse, si aggiungerebbe ai piani dell’Ue di applicare una tassa sui profitti generati dagli asset russi depositati in Euroclear che, nel 2023 hanno generato 4,4 miliardi di euro. Diverse aziende russe hanno contestato le sanzioni e sono in corso numerosi procedimenti legali , quasi esclusivamente nei tribunali russi.

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