Prosegue in Argentina la discussione parlamentare sulla legge Omnibus promossa dal nuovo presidente Javier Milei, dopo una sollevazione popolare e istituzionale che ha costretto il governo a non pochi ripensamenti. È il caso del pacchetto fiscale, rimosso dal progetto di legge che ha ottenuto un primo via libera alla Camera venerdì scorso: l’insieme di misure includeva condoni, moratorie, nuove regole pensionistiche e l’aumento dei dazi all’esportazione con la revisione della politica delle quote, per esempio nel settore della pesca (ipotesi che aveva messo in subbuglio gli operatori economici anche dell’altra parte dell’Atlantico). Una delle previsioni più discusse era il cosiddetto “blanqueo”, che avrebbe dovuto favorire la regolarizzazione delle attività sommerse. Chi avesse fatto emergere beni non dichiarati – valute nazionali e straniere, immobili, azioni, criptovalute – fino a 100mila dollari non avrebbe pagato nulla, mentre beni di valore superiore sarebbero stati soggetti a una tassa speciale del 5% se la regolarizzazione fosse stata effettuata entro maggio, del 10% se entro agosto e del 15% fino a novembre. L’adesione al regime avrebbe liberato i contribuenti da ogni rischio di azione civile.

Altra misura del pacchetto era una moratoria fiscale con diverse opzioni di saldo. In caso di pagamento in contanti entro novanta giorni dall’entrata in vigore, il debito con l’erario sarebbe stato tagliato del 50%; il pagamento rateale invece avrebbe comportato sconti dal 10% al 30% a seconda della rapidità. In tutti i casi sarebbero state annullate le sanzioni previste. Tra le novità figurava inoltre un anticipo dell’imposta sui beni personali prevista fino al 2027, possibile pagando entro due mesi il 75% della quota prevista. Attualmente questa imposta si aggira tra lo 0,5% e l’1,5%, ma il governo ne proponeva un ribasso progressivo fino ad arrivare al 2027 a un’aliquota unica dello 0,5%.

Nelle intenzioni c’era anche la modifica della formula di aggiornamento delle pensioni, che avrebbe sospeso la mobilità pensionistica utilizzata per aggiornare le prestazioni pensionistiche e previdenziali, ad esempio l‘assegno universale per figli e l’assegno di gravidanza, i redditi di base universali e compensativi, e il pensionamento per invalidità e per decesso. In questo caso la misura aveva già subito un primo ridimensionamento alla luce delle proteste della prima ora.

Le politiche di welfare sono al centro dell’azione del governo, che da un lato promuove una razionalizzazione dei sostegni, avendo ad esempio identificato 27mila titolari senza requisiti del reddito di base per chi è in cerca di lavoro, e dall’altro prova ad aiutare le famiglie in difficoltà, colpite da un’inflazione che a dicembre ha superato il 211%. Con un 40% della popolazione nella fascia di povertà, sono stati raddoppiati gli importi del Piano nazionale contro la fame, i cui beneficiari riceveranno 44mila pesos al posto degli attuali 22mila. Il sostegno riguarderà le famiglie con un figlio da 0 a 14 anni che ricevono l’assegno universale per figli, l’assegno universale per figli con disabilità, l’assegno di gravidanza o la pensione per la madre di sette o più figli. Il provvedimento prevede inoltre un aumento da 34.500 pesos a 69mila per le famiglie con due figli che soddisfano le stesse condizioni, e da 45.500 pesos a 91mila per chi ha tre o più figli.

Molto rumore, da una sponda all’altra dell’Oceano Atlantico, ha fatto invece il progetto di revisione dei dazi all’esportazione, che avrebbe colpito in modo significativo le imprese spagnole della pesca, in particolare quelle della Galizia, attive in Argentina e che inviano il pescato in Europa. La proposta di legge mirava a mettere all’asta i diritti di pesca al miglior offerente, eliminando le detrazioni fiscali per le industrie che trasformano i prodotti della pesca in territorio argentino, oltre al divieto di cattura per le aziende non presenti sul territorio. Quando alcuni decenni fa è stato promulgato questo quadro normativo le imprese internazionali della pesca, molte delle quali galiziane, hanno costituito delle proprie società nel Paese sudamericano avviando impianti di trasformazione sulle coste argentine.

Il progetto di una tassa del 15% sulle esportazioni ha messo in allarme le imprese galiziane che operano con circa 80 pescherecci e occupano migliaia di persone nel porto di Vigo, sulla costa ovest della Spagna, da cui passa circa l’80% del pescato argentino prima di essere distribuito in tutta Europa. Ma è stato soprattutto il progetto di superare la politica delle quote e di mettere all’asta i diritti ad aver spaventato gli investitori. “Questo significa non rispettare gli investimenti fatti finora, né i diritti storici, e va contro il principio della certezza del diritto”, ha affermato, al network spagnolo Antena 3, il presidente della cooperativa degli armatori di Vigo, Javier Touza. “Costruire una di queste barche può richiedere un investimento di 30 milioni di euro. Chi se ne assumerebbe la responsabilità se non si sa se l’anno prossimo si potrà andare nelle zone di pesca?”, si è domandato Touza. Fino ad oggi le imprese della pesca hanno operato con società miste, a capitale argentino e galiziano. “In questo momento non si può avere diritto alle quote se dietro non c’è un’azienda argentina e non si lavora insieme”.

Ecco perché sul piede di guerra si sono mossi anche i sindacati argentini degli equipaggi, che avrebbero visto scomparire la politica di preferenza nazionale all’impiego, e sarebbero stati in competizione con equipaggi provenienti da altri Paesi, in primis asiatici. Le proteste di imprese e sindacati hanno raggiunto l’attenzione dei governatori provinciali e delle leader politici territoriali, trasferendo poi il conflitto politico al Congresso e al Senato dove sono state avanzate diverse azioni parlamentari che hanno poi favorito l’impasse. Il conflitto sulla pesca potrebbe non essere l’unico e alcuni osservatori ritengono che possa estendersi anche ad altri settori regolamentati.

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