Altri due suicidi in carcere. Quindici da inizio anno. Sono avvenuti nel carcere di Carinola, a Caserta, dove a togliersi la vita è stato un detenuto disabile di 58 anni, e nella casa circondariale Montorio di Verona, dove a morire è stato un cittadino straniero, dimesso da pochi giorni dal reparto psichiatrico.

A dare il terribile annuncio del detenuto morto a Caserta è stato il Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), con il segretario generale, Donato Capece, che ha definito l’episodio “una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”. L’uomo, ha spiegato la segretaria del sindacato, Tiziana Guacci, “è stato trovato impiccato nella sua cella e sono stati inutili i tentativi di soccorso da parte dei sanitari e del personale di Polizia Penitenziaria”. Quello di Caserta, ha proseguito Guacci, è solo l’ultimo caso che racconta di una situazione in graduale peggioramento all’interno degli istituti penitenziari italiani: “Il suicidio è sicuramente un evento imprevedibile, il problema è prevenirlo. Con il passaggio della sanità penitenziaria alle Regioni, la situazione è purtroppo estremamente peggiorata. La carenza di operatori sanitari, psicologi e psichiatri è il punto cruciale della questione. A nostro avviso servono concorsi regionali e assunzioni di personale sanitario da destinare esclusivamente alle carceri campane”.

L’ennesimo suicidio in carcere a Verona, invece, è stato reso noto dall’associazione “Sbarre di zucchero“. Una “morte annunciata”, secondo l’associazione, perché il detenuto, di origini ucraine, aveva già tentato il suicidio all’inizio di gennaio, tagliandosi la gola. L’episodio è avvenuto sabato sera, attorno alle 20: l’uomo si è impiccato nella sua cella della sezione infermerie. Inutili, spiega una nota della Uilpa Polizia penitenziaria, i soccorsi degli agenti di custodia e del personale sanitario. “Nostro malgrado – commenta il segretario Uilpa Gennarino De Fazio – la carneficina nelle carceri del Paese continua, così come proseguono il malaffare, le risse, le aggressioni alla Polizia penitenziaria, il degrado e molto altro ancora. Pure un appartenente al Corpo di polizia penitenziaria due settimane fa si è tolto la vita. Apprezziamo che il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dopo le incaute dichiarazioni in occasione della relazione al Parlamento sull’amministrazione della giustizia, abbia parzialmente corretto il tiro rispetto alla drammatica piaga delle morti in carcere, ma è ancora troppo poco”. A Verona, denuncia ancora l’associazione Sbarre di zucchero, è il quinto suicidio in tre mesi, il secondo dall’inizio dell’anno.

E a toccare il problema dei suicidi in carcere è stato anche lo stesso ministro Nordio. Come riporta il Corriere del Veneto, il ministro, parlando all’assemblea dell’Unione triveneta degli avvocati e dei magistrati, ha rilanciato la proposta di riconvertire “decine di caserme dismesse” per far fronte al sovraffollamento. Una ristrutturazione, ha aggiunto però (e qui sta la novità), che “sarebbe a spese contenute” e che “potrebbe essere realizzata anche dai detenuti“. Secondo il ministro, infatti, per arginare il problema ci sono due soluzioni: o ridurre il numero delle persone che entrano in cella, oppure aumentare i posti.

Intanto i due suicidi hanno allarmato le opposizioni. “Siamo quest’anno a una media di circa un suicidio al giorno. Un numero enorme ed è grave che questo succeda nell’inerzia di chi dovrebbe prendere decisioni e fare qualcosa contro il sovraffollamento delle carceri”, ha commentato la senatrice Ilaria Cucchi (Avs), vicepresidente della Commissione Giustizia di Palazzo Madama, contattata da LaPresse. “Avere un ministro della Giustizia che si dispiace molto, ma non fa nulla per risolvere il problema, non è rassicurante, ma in fondo si è dispiaciuto anche per Ilaria Salis, senza riportarla a casa da un anno”. “Di soluzioni ce ne sarebbero ed è francamente inutile si continui a dire che ‘dispiace ma non si può fare nulla’ – aggiunge la senatrice – Innanzitutto togliere dalle carceri tutti coloro che non dovrebbero starci perché affetti da malattie psichiatriche a volte anche gravi. I tossicodipendenti dovrebbero essere seguiti in altre strutture, per non parlare di tutti coloro che sono in carcere per scontare i cosiddetti reati minori e che potrebbero usufruire delle misure alternative”. “La soluzione non è costruire nuove carceri – conclude – ma rendere efficienti quelle che ci sono e mettere il personale che ci lavora nelle condizioni di poter garantire una qualità di vita dignitosa ai detenuti”.

“I malati psichici non dovrebbero stare in carcere, ci meravigliamo per quello che accade in Ungheria, ma in Italia lo Stato è ‘fuorilegge'”, aggiunge su Twitter il capogruppo di Italia Viva alla Camera, Davide Faraone. “Andrebbero inseriti nelle Rems, strutture sanitarie di accoglienza per chi ha commesso dei reati ma è affetto da disturbi mentali. Andrebbero creati nuovi posti in queste strutture e invece le liste d’attesa sono infinite e con esse si allunga la lista dei suicidi nelle strutture penitenziarie. L’infermo di mente, il socialmente pericoloso, è ancora più solo di prima in carcere. Il carcere non rieduca e non protegge. Bisogna intervenire davanti a questa strage, ogni suicidio è una sconfitta per lo Stato“.

Se hai bisogno di aiuto o conosci qualcuno che potrebbe averne bisogno, ricordati che esiste Telefono amico Italia (0223272327), un servizio di ascolto attivo ogni giorno dalle 10 alle 24 da contattare in caso di solitudine, angoscia, tristezza, sconforto e rabbia. Per ricevere aiuto si può chiamare anche il 112, numero unico di emergenza. O contattare i volontari della onlus Samaritans allo 0677208977 (operativi tutti i giorni dalle ore 13 alle 22).

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