Alcune recenti interviste e dichiarazioni di alti dirigenti dell’intelligence ucraina (Gur) hanno evidenziato come l’agenzia governativa, rifondata e addestrata dalla Cia, stia operando una sua “guerra nella guerra” coordinandosi con gli obiettivi strategici del suo Paese ma approfittando di una libertà d’azione ampia. Tanta spregiudicatezza genera timore tra gli alleati, mentre loro, gli specnaz ucraini, non nascondono una diversa percezione del pericolo di stuzzicare troppo il Cremlino. Non poteva essere diversamente, dal momento che al fronte entrambe le parti risentono della situazione di stallo e della sanguinosa “guerra dei droni”.

È di questi giorni la dichiarazione che i tanti “incidenti” che hanno coinvolto depositi di carburante, impianti dell’industria bellica e strutture militari sul territorio della Federazione continueranno. Dopotutto, come messo nero su bianco da Andriy Yusov, addetto stampa del Gur, il “grande capo” Kyrylo Budanov ha stabilito una strategia, cioè portare la guerra sul territorio dello Stato aggressore, e ha solo rassicurato gli alleati che “gli attacchi si verificheranno esclusivamente contro obiettivi militari coinvolti nella guerra contro l’Ucraina”, risparmiando i civili e i militari russi impegnati altrove. Se non utile alla causa, ha precisato Yusov, i singoli attacchi non saranno né confermati né smentiti dall’agenzia stessa.

Quest’ultima nota richiama alla mente quello che è successo lo scorso luglio, quando un ufficiale dei sottomarini russi, Stanislav Rzhitsky, accusato da Kiev di crimini contro l’umanità per l’uso deliberato di missili da crociera Kalibr contro obiettivi civili in Ucraina, è stato crivellato di colpi di pistola a Krasnodar, mentre faceva jogging usando l’app di fitness Strava per registrare i suoi percorsi di esercizio quotidiani. La sua abitudine salutistica e l’amore per la tecnologia gli sono costate la vita. In quell’occasione, il Gur ha rilasciato una dichiarazione di diniego di responsabilità, ma lo ha fatto citando dettagli precisi sulle circostanze della morte di Rzhitsky che solo qualcuno presente poteva conoscere, oltre al fatto che “non c’erano testimoni”. Solo più tardi, funzionari del governo hanno confermato che il mandante e l’esecutore era il Gur.

D’altronde il Gur, a detta di funzionari della Cia ascoltati dal Washington Post, è una “creatura” dell’intelligence statunitense, scelta perché piccola e giovane – ha appena 5mila effettivi e tutti privi di ascendenze post-sovietiche – ma capace proprio per questo di essere agile nell’operare e ricettiva agli addestramenti specifici per agire contro le forze russe dietro le linee e lontano dal fronte. L’addestramento ricevuto prima del 2021 aveva anche lo scopo di aiutare gli agenti ucraini a proteggersi in ambienti pericolosi controllati dai russi, anche se non – almeno ufficialmente – di insegnare loro a attaccare le basi della Federazione.

Tutto questo training è stato utile durante le missioni dietro agli “incidenti” di cui ha parlato Yusov. Una storia tra le tante ancora top secret è emersa proprio durante le dichiarazioni di Yusov, il quale ha annunciato la declassificazione di una missione in cui una loro squadra lo scorso agosto ha percorso più di 600 chilometri attraverso il territorio della Russia per distruggere i bombardieri TU-22M3 presso l’aeroporto Siltsi nella regione di Novgorod. Ritornando in territorio ucraino, il gruppo di ricognizione sotto il comando del colonnello Oleg Babii è caduto in un’imboscata e ha avuto un conflitto a fuoco con le forze russe. Kiev ha così confermato la morte del comandante nel corso della missione.

D’altronde, appena due settimane fa lo stesso Budanov aveva ripetuto che le missioni sotto copertura oltre confine erano solo all’inizio e che si sarebbero intensificate, in particolare nella Crimea occupata dai russi. Ben informato sulle mosse del nemico, è sembrato indicare le coordinate dei prossimi attacchi quando ha spiegato che “i russi hanno dovuto spostare tutto in fretta a sud-est”, cercando di creare una base navale sulla costa del Mar Nero, nella regione separatista georgiana dell’Abkhazia. “Mi ha sorpreso un certo paradosso russo. Tutti pensavano che Mosca avesse un esercito forte e un’economia debole. In realtà è vero il contrario. L’economia può essere debole, ma il Paese non sta morendo di fame, tutt’altro. Potrebbe durare anche a lungo a questo ritmo”, ha detto Budanov che, quando ha indicato gli obiettivi economici e finanziari contro cui le sanzioni dovrebbero essere applicate, è sembrato anche scrivere la futura agenda dei suoi uomini.

Obiettivi duali, civili e militari, sono sembrati anche i molti impianti elettrici e energetici che sono esplosi nelle ultime settimane, lasciando centinaia di migliaia di russi al freddo e al gelo. Fuori e dentro l’Ucraina, è impossibile ignorarlo quando parla: tra l’altro, era stato uno dei pochi ai vertici di Kiev non solo a prevedere con precisione che la Russia avrebbe attaccato l’Ucraina il 24 febbraio 2022, ma addirittura a indicare con buona approssimazione l’ora dell’offensiva.

È successo in un recente passato che Washington affidasse al Gur missioni particolarmente rischiose. Era stata l’agenzia d’intelligence guidata da Budanov a condurre, cinque mesi prima dello scoppio della guerra, una delle missioni di salvataggio in Afghanistan più pericolose allo scopo di mettere in sicurezza 96 afghani ex-collaboratori degli occidentali rimasti bloccati a Kabul. Fu la prima da quando le truppe americane se ne erano andate lasciando agli islamisti il pieno controllo. Per gli ucraini si è trattato di un corso intensivo su come affrontare un governo, quello talebano, alle prese con la divisione interna, il caos burocratico e un’inclinazione alla violenza appena controllata. Per giorni, come ha raccontato il New York Times, i Talebani si rifiutarono di rilasciare quelle persone, modificando ripetutamente i termini dell’accordo di evacuazione, chiedendo il riconoscimento ufficiale da parte del governo ucraino e, a un certo punto, minacciando di requisire l’aereo. Come spiegò allora Budanov, “la maggior parte dei Paesi occidentali non farebbero qualcosa se fosse pericoloso”, mentre gli uomini del Gur “convivono con una guerra da sette anni, perciò la nostra comprensione di ciò che è pericoloso è un po’ diversa”.

Per questo, a differenza delle cancellerie occidentali, come ha dichiarato al Financial Times, non teme che colpire l’orso russo nella sua tana possa aumentare il pericolo: “Non prevediamo alcun cambiamento drastico nel prossimo futuro, tutto quello che abbiamo fatto continueremo a farlo” dal momento che “l’intera leggenda del potere russo è una bolla di sapone”. Parole di Budanov. C’è da credergli? Per ora sappiamo solo che gli Stati Uniti e il Regno Unito lo hanno invitato pubblicamente alla cautela. Ma, allo stesso tempo, hanno lasciato mano libera ai suoi uomini quando le telecamere erano spente.

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