Mentre Mittal cerca di bloccare l’amministrazione straordinaria incardinando una discussione in tribunale, Confindustria e sindacati rilanciano di fronte ai senatori l’allarme sulle condizioni dell’Ilva. In giorni di stallo per la vertenza che coinvolge 20mila lavoratori tra diretti e indotto, c’è una piccola certezza: l’amministrazione straordinaria predisposta dal governo potrebbe non partire nelle prossime 48 ore. Stando ai tempi cadenzati dalle mosse di Invitalia, socio pubblico di Acciaierie d’Italia col 38% del capitale, e dal governo attraverso il decreto approvato nelle scorse settimane, l’amministratrice delegata di Acciaierie d’Italia, Lucia Morselli, ha tempo fino a giovedì 1 febbraio per rispondere alla richiesta di amministrazione straordinaria avanzata da Invitalia. In caso di silenzio o risposta negativa, la società controllata dal Mef potrà chiedere autonomamente al ministero delle Imprese l’avvio della procedura.

Il 15 gennaio, però, Acciaierie d’Italia ha promosso la composizione negoziata della crisi. Il giudice del Tribunale di Milano, Francesco Pipicelli, ha fissato l’udienza di comparizione delle parti per il 9 febbraio per discutere le domande cautelari e le misure protettive a valle del deposito dell’analisi dell’esperto nominato, Giuseppe Cesare Meroni. Domani (31 gennaio) si terrà intanto una prima udienza in cui Invitalia potrà contestare le richieste cautelari presentate da Acciaierie d’Italia. La promozione della composizione negoziata della crisi è quella mossa che – aveva spiegato il governo ai sindacati – ha spinto Invitalia ed esecutivo ad agire (il decreto, secondo il governo, “spegne” la procedura voluta da AdI) perché considerata una “azione di disturbo” da parte di Mittal per guadagnare tempo. Nelle ultime due settimane, tra l’altro, i sindacati hanno lanciato l’allarme sulle condizioni degli impianti avvertendo che ci sono tutti i “segnali” di un imminente spegnimento dell’acciaieria di Taranto.

Alert ripetuti di fronte alla commissione Industria del Senato nel corso dell’audizione sul decreto varato dal governo per “proteggere” continuità aziendale e occupazione nel caso partisse l’amministrazione straordinaria, la seconda in nove anni. “Nel decreto si fa riferimento solo alla continuità aziendale, ma da sola non garantisce la continuità produttiva. Invece è necessario indicare proprio la continuità produttiva, perché questa permette di tenere in manutenzione gli impianti”, ha avvisato il segretario generale della Fiom, Michele De Palma, sottolineando che i 320 milioni di euro garantiti come “limite massimo” di dotazione per il 2024 sono uno stanziamento che non è sufficiente “a poter garantire gli appalti e l’approvvigionamento di materie prime necessarie per la produzione”.

Per il segretario della Uilm, Rocco Palombella, sarà fondamentale “sbloccare immediatamente i 320 milioni che dovranno garantire totalmente i creditori funzionali alla continuità produttiva: i lavoratori dell’indotto, le rispettive aziende, i fornitori, la logistica, i servizi”, anche perché ha ricordato “il 40% dei lavoratori dell’indotto non ha ancora ricevuto lo stipendio di dicembre e la tredicesima” e si stanno “registrando i primi licenziamenti nelle aziende dell’appalto”. Proprio sulle difficoltà delle ditte che lavorano nell’indotto si è soffermato il presidente di Confindustria Taranto, dicendosi “fortemente preoccupato” perché “si rischia la bomba sociale”. In caso di mancato pagamento delle fatture scadute, “tante” aziende “chiuderebbero”. E per questo hanno proposto di inserire nel decreto la possibilità di “un ristoro, anche tramite cartolarizzazioni”.

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