di Sara Gandini e Paolo Bartolini

Bisogna avere pazienza e, prima o poi, i nodi vengono al pettine. La saggezza popolare qui è davvero istruttiva. È notizia recente il fatto che il governo in carica ha ratificato un “nuovo” piano pandemico che, nel caso di future emergenze, ricalcherà esattamente le stesse linee direttrici adottate da Conte e Draghi, i precedenti responsabili della gestione (funesta) della pandemia/sindemia Covid-19. È confermata la centralità assoluta dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, dei vaccini come “arma” decisiva per proteggere la cittadinanza dai virus, delle restrizioni e se necessari dei lockdown più o meno estesi.

Di nuovo si parla della possibilità di interrompere attività sociali, come la scuola in presenza, come mezzo per limitare i contagi.
Di nuovo si prendono decisioni politiche senza usare le evidenze scientifiche emerse negli ultimi anni. Anche i nostri studi italiani che hanno indagato se l’apertura delle scuole fosse stata un motore della pandemia hanno mostrato che non ci sono dati solidi in questa direzione e anche i recenti studi internazionali durante la diffusione della variante Omicron l’hanno confermato.

Nel testo del piano pandemico si specifica che “Eventuali restrizioni alla libertà individuale devono rimanere in vigore solamente lo stretto necessario ed essere proporzionate sia alla probabilità sia all’entità dell’evento, affinché i rischi e i danni che potrebbero derivare per i singoli individui siano contenuti e inferiori al beneficio collettivo auspicato”, ma sono gli stessi identici ragionamenti che sono stati fatti durante la pandemia. Questo “stretto necessario” è un concetto che dipende dagli interessi in gioco e in passato è stato dettato più dalla necessità dei politici di difendersi da eventuali accuse di non avere chiuso abbastanza (la cosiddetta epidemiologia difensiva), in una situazione di sanità che è totalmente allo sbando, che dalla necessità di tenere conto degli effetti delle chiusure sulla salute psicologica dei giovani. Eppure anche noi abbiamo mostrato recentemente l’effetto che ha lasciare i giovani in casa di fonte ad uno schermo per mesi.

La logica è sempre quella: di nuovo si ribalta sui cittadini responsabilità che sarebbero di governi che si susseguono uno dopo l’altro lasciando la sanità sempre meno in grado di far fronte alle richieste quotidiane. Figuriamoci di fonte alla prossima emergenza pandemica.

Meloni ha ribadito nei fatti, se ce ne fosse ancora bisogno, che la politica odierna – quantomeno quella esercitata da un ceto dirigente pavido e confuso – può solo abbracciare i diktat neoliberisti, per i quali le emergenze sono occasioni di profitto e di riorganizzazione autoritaria dello spazio pubblico. Gli investimenti sulla sanità non sono solo inadeguati, largamente inferiori a quanto necessario, ma si accompagnano a una progressiva svendita dell’intero sistema di servizi. Il privato si lecca i baffi e, sulla scia dell’esempio a stelle e strisce, allunga le mani sulla medicina pubblica, preparando in tema di salute quello che l’autonomia differenziata sta realizzando sul versante dei rapporti tra sud e nord nel nostro Paese.

Le diseguaglianze sono così destinate a crescere, e una sanità lasciata alle brame degli agenti di profitto potrà solo divaricare ulteriormente le condizioni di vita che separano ricchi (pochi) e poveri (sempre di più). Difficile, vista la complessiva concordanza tra centro-destra e centro-sinistra sugli strumenti da adottare per affrontare eventuali fenomeni “pandemici”, che qualche settore della politica parlamentare si opponga a questa ristrutturazione in senso ultraliberista della sanità italiana.

Alla luce di questa deriva, che ci obbliga a non tacere e a sollevare la questione con ancora più forza, risulta chiarissimo a cosa sia servita l’opposizione feroce e ideologica tra fazioni che ha ruotato ossessivamente intorno al fulcro dei vaccini dal 2021 ad oggi: a spezzare in due l’opinione pubblica, spostando su questo versante critiche e dissenso che andrebbero riorientati decisamente contro le politiche neolibpop (neoliberiste e populiste) che stanno togliendo ai cittadini ogni accesso costituzionalmente garantito a servizi sociosanitari di qualità. Come affrontare, dunque, questa spoliazione a danno di tutte/i noi? Intanto ribadendo con nettezza che il finto bipolarismo all’italiana confluisce puntualmente sulle larghe intese, anche in materia di governance delle emergenze.

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