Hotel Universal, di Simona Sora (traduzione di Sara Salone; Bottega Errante Edizioni), è un puzzle in cui ogni tessera serve per svelare un pezzo della storia dell’albergo ubicato nel centro di Bucarest. Un luogo magico e popolare, prima bordello, poi tana della Securitate durante il regime del Conducător Ceaușescu e infine un ostello per studenti bohémien dopo la caduta del comunismo. Chi conduce il lettore tra le mura dello stabile è Maia, una giovane inquilina che narra una storia matriarcale lunga centocinquant’anni e un’antica e segreta ricetta per fare una marmellata alle rose.

Sono tantissime le storie e gli aneddoti raccontati da Simona Sora. Storie che vedono protagonisti personaggi bizzarri e gustosamente bucarestani, tracciati con uno stile che ricorda il realismo magico, il memoir e la lirica umoristica e decadente di Norman Manea. Di stanza in stanza, da epoca a epoca, Hotel Universal porta il lettore nella psicologia di un micromondo che è rappresentazione, disordinata e credibile, dell’intera città. Un po’ come fatto da Nagib Mahfuz per Alessandria in Miramar e da ‘Ala al-Aswani per Il Cairo in Palazzo Yacoubian.

Bucarest. Polvere e sangue, di Margo Rejmer (traduzione di Marco Vanchetti; Keller Editore), è un atto d’amore (spesso intervallato da luoghi comuni) nei confronti della capitale romena e della sua popolazione, narrato attraverso i cambiamenti della storia e della società. Con una prima parte sicuramente più obiettiva, prima che il testo si trasformi in una propaganda tardiva anti-Ceaușescu, il lavoro di Margo Rejmer si legge agevolmente grazie a un linguaggio diretto e conciso. Bucarest. Polvere e sangue è un viaggio tra i bloc popolari, i rimasugli della vecchia “Parigi dell’Est” e le tracce di contaminazioni turche, ebraiche e armene che hanno plasmato, fino a oggi, la città.

Il libro racconta di come, dal dopoguerra, Bucarest si trasforma, urbanisticamente (complice anche il terremoto di Vrancea del 1977 e una visita esaltata a Pyongyang del Conducător e signora), tra distruzione e ricostruzione di interi quartieri, fino ad arrivare alla farsa della “rivoluzione”, dove nulla cambia se non l’emergere di caos e anarchia e dello svelamento della corruzione dietro la maschera dei salvatori della Patria.

Bucarest. Polvere e sangue è un testo utile per conoscere, dove emergono le brutture (che sono poi anche le caratteristiche indelebili della città, oggi, e ne plasmano lo spirito collettivo), e tutto ciò che è “sentimento della morte”, stato d’animo etichettato “nazionale” da filosofi e poeti del passato, prima ancora che dall’autrice polacca che, spesso, ha la tendenza a proiettare le censure e l’oppressione del suo Paese sulla Romania, anche se Varsavia non è Bucarest e il Partito Operaio Unificato Polacco non è il Partito Comunista Rumeno. Storie diverse, culturalmente, unificate nel vizio della globalizzazione intellettuale.

Articolo Precedente

Eleonora Duse a cent’anni dalla morte continua ad essere un enigma

next
Articolo Successivo

La rivolta degli artisti per il golpe della destra sul direttore del Teatro di Roma. Da Garrone a Germano: “Grave colpo, stiamo col Comune”

next