Con l’approvazione della legge n. 6 dell’8 febbraio 2005 veniva istituita dalla Regione Abruzzo la “Riserva Naturale Regionale Guidata Borsacchio”, comprendente l’area Cologna-Borsacchio già protetta con la “Dichiarazione di notevole interesse pubblico” e con i Decreti ministeriali dell’11 aprile 1963 e del 25 ottobre 1969. La legge del 2005 conteneva però un errore di battitura: l’estensione dell’area protetta veniva indicata in 110 ettari anziché i 1100 indicati nelle cartografie, un piccolo zero mancante, a cui si pose rimedio l’anno successivo con la L.R. n.11 del 3 maggio 2006. Ma la storia continua.

Appena pochi mesi dopo, con un emendamento inserito nella L.R. n.27 del 9 agosto, si permetteva la realizzazione di diverse opere cementizie all’interno della zona di massimo vincolo di conservazione integrale del luogo e del biotipo. Una quarta legge regionale, la n.34 del 1 ottobre 2007, ribadiva che la superficie protetta era di 1100 ettari. Siamo in pieno scontro tra poteri.

Un parco, per quanto perimetrato sulla carta, sulla carta resta se non si concretizzano i piani di gestione, individuando i progetti per il futuro. Il 2 ottobre 2008 veniva presentato alla cittadinanza il Piano di Assetto Naturalistico (Pan) della Riserva naturale Borsacchio, raccogliendo un coro di critiche in quanto prevedeva, nel cuore della Riserva, la realizzazione di nuovi edifici per una superficie di oltre 5 ettari, oltre a varie opere di urbanizzazione, senza riuscire a trovare un collegamento con il Piano Regolatore locale. Il Pan non riusciva ad essere approvato in Consiglio Comunale causa i numerosi conflitti di interesse presenti tra i votanti, e il 27 novembre 2008, con Deliberazione n. 1153, la Giunta Regionale affidava la gestione della Riserva naturale Borsacchio alla Provincia di Teramo. Ma nemmeno la Provincia successivamente ha proceduto alla nomina degli Organi di gestione e all’adozione del Pan; in questo immobilismo perdurante, alla fine del 2009 qualcuno ha iniziato a manifestare l’esigenza di una riperimetrazione dell’area per riportarla agli “originari” 110 ettari, poi negli anni seguenti ancora nuove proposte di variazione dei confini, fino ad arrivare ai giorni nostri.

Lo scorso 29 dicembre, verso le 2.30 del mattino, con un emendamento alla Legge di Bilancio si è intervenuti in Consiglio Regionale sulla Riserva del Borsacchio riducendone l’area da 1100 a 24,7 ettari, quasi il 98% in meno, in pratica resta la sola fascia costiera compresa tra la ferrovia e il mare a protezione delle tartarughe e del fratino, area litoranea indispensabile per ottenere le famose “bandiere blu” che piacciono ai turisti. I promotori dell’emendamento hanno liquidato le conseguenti proteste come “strumentalizzazioni” in vista delle prossime elezioni regionali che si terranno il 10 marzo 2024, lamentandosi di “un ambientalismo di maniera e dei suoi eccessi” e definendo il proprio operato come “una risposta sbagliata a una giusta domanda”. Di sbagliato sicuramente c’è, come lamenta il sindaco di Roseto, «il fatto che l’Amministrazione comunale e il territorio non siano stati assolutamente coinvolti in questa decisione che andrà a incidere profondamente sul futuro sviluppo del nostro territorio»; il famoso Pan, adottato dal nuovo Consiglio comunale di Roseto nel 2021, era ormai in fase di approvazione definitiva e ora sarà di nuovo tutto da rifare. Oltretutto la legge quadro regionale per le aree protette (L.R. n.38 del 1996) prevede una precisa istruttoria per la richiesta di modifica territoriale delle aree protette regionali esistenti, una procedura che non è stata assolutamente rispettata.

In questi ormai 19 anni gli schieramenti politici, da destra e da sinistra, si sono alternati alla guida del governo di questo territorio in un modo perlomeno poco lungimirante. Un’area protetta lasciata allo sbando, prigioniera dei diversi appetiti speculativi e delle scaramucce da faida di paese, sta per essere cancellata quando le ultime direttive europee vanno in una direzione opposta, vedi ad esempio la Nature Restoration Law o la Strategia Europea per la Biodiversità al 2030 che richiede almeno il 30% di territorio protetto a terra e a mare (in Italia siamo a poco più del 10% sulla terra e meno del 15% sul mare).

Su tutto si può discutere, persino sull’opportunità di mantenere in vita un’area protetta, ma certamente non con questo modo di fare.

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