Aziende non molto sostenibili, o addirittura protagoniste dell’insostenibilità, “fanno finta” di avere un’etica “verde” con iniziative marginali che “lavano” la loro reputazione: il greenwashing, il lavaggio verde. Però, se un’azienda che produce e vende energia fossile, contribuendo al riscaldamento globale, intraprende una strada verso le rinnovabili, e le sue intenzioni non sono di facciata, non me la sentirei di accusarla di greenwashing. Chi vende energia, in un periodo di transizione ecologica, si deve adeguare e, se vuole restare sul mercato, deve “transitare”. Non lo fa per beneficenza, lo fa per interesse, ma il suo interesse coincide con la lotta al cambiamento climatico e, alla fin fine, qualcuno la dovrà ben produrre, l’energia rinnovabile.

Non sono un integralista ecologista, però sono sospettoso. Chi fabbrica auto con motore termico sta passando a auto con motore elettrico. Non è greenwashing, ma lo è se si sostituisce l’inquinamento del motore termico con l’inquinamento generato dalla costruzione e dallo smaltimento delle batterie. Bisogna valutare bene i pro e i contro delle proposte “verdi”, a volte lo sono davvero, a volte no. E bisogna fare attenzione a chi cerca di convincerci che sono tutti disonesti e che quindi possiamo fare a meno di “transitare”.

A fianco del lavaggio verde, prende piede il soul washing, il lavaggio dell’anima: forse ho inventato un nuovo termine, anche se la carità pelosa, che si fa per interesse e non per semplice generosità, ha significato analogo. Certi che la Chiesa adotti in modo acritico il detto Pecunia non olet (il denaro non puzza: il motto dei banchieri), gli amministratori di una fabbrica di armi, il cui nome si rifà a un luminare della scienza, della tecnologia e dell’arte (che progettò anche armi), hanno offerto una generosa sovvenzione a un ospedale del Vaticano. Francesco ha più volte condannato le fabbriche di armi, dice che grondano di sangue, e ora una fabbrica di armi gli offre soldi per iniziative benefiche. Forse un altro papa li avrebbe intascati; Francesco, però, ha rifiutato l’offerta, etichettandola come “inopportuna”.

Qualcuno potrebbe dire: quelle fabbriche danno lavoro a tanta gente, e poi… se non fabbricano loro le armi, le fabbicano altri, e allora tanto vale che lo facciano loro. Non fa una grinza, se si ha pelo sullo stomaco. La condanna papale della pratica di costruire e vendere armi, per chi ha sentimenti religiosi, è una macchia sull’anima. Dare soldi al Papa, per nobili motivi, potrebbe lavare la macchia, ed ecco il soul washing. Se il papa accetta soldi provenienti dalla vendita di armi scatta il ragionamento: vedi?… ci condanna, ma poi accetta i nostri soldi e, se li accetta, vuol dire che, alla fine, approva quel che facciamo, e quindi non siamo così cattivi come ci dipinge: grondanti di sangue. Se li accettasse sarebbe come la moglie e i figli di Alberto Sordi in “Finché c’è guerra c’è speranza”, inorriditi dall’apprendere che i soldi che garantiscono il loro benessere derivano dalla vendita di strumenti di morte. Pronti però a chiudere un occhio sulle porcate di Albertone per mantenere un altissimo standard di vita. Francesco non ha chiuso un occhio, e ha rifiutato di prestarsi a lavare l’anima di chi fabbrica e vende morte.

Un altro bel tipo, premio Nobel per la letteratura, Robert Allen Zimmermann, affrontò lo stesso tema con un testo sui Padroni della Guerra:

Permettetemi di farvi una domanda: i vostri soldi sono così buoni? Vi compreranno il perdono? Pensate che possano? Io penso che quando la morte prenderà quel che le è dovuto tutti i soldi che avete guadagnato non potranno mai ricomprare la vostra anima.

Dylan non ci va per il sottile:

E spero che morirete, e che la vostra morte venga presto, seguirò la vostra bara nel pallido pomeriggio e guarderò mentre sarete calati nel vostro letto di morte e starò in piedi sulla vostra tomba finché non sarò sicuro che siate morti.

Francesco e Robert non le mandano a dire! Gli extraprofitti di alcune aziende sono stratosferici, a seguito dei conflitti, e non solo quelle di armi. Vengono in mente i costruttori che ridono al pensiero degli affari che faranno dopo il terremoto de L’Aquila, altri stanno già pensando alla ricostruzione in Ucraina e Gaza.

Le aziende che vendono energia possono lavarsi coscienza e reputazione transitando verso l’energia pulita, e in più possono restare in affari, con la transizione ecologica. Quelle che vendono armi possono fare altrettanto. Dopotutto molte tecnologie miracolose per usi civili sono state sviluppate per scopi militari. I cinesi, a quanto pare, svilupparono l’agopuntura mentre praticavano raffinate torture, e anche trattando le ferite da trafittura di frecce.

Oltre al green soul washing c’è anche il lick washing (lavaggio per leccata), e ci sono regimi che pagano fior di quattrini per sentirsi lodare in modo spudorato da personaggi che, per loro, hanno una reputazione politica. Dato che la reputazione è quello che gli altri dicono di noi, questi tentativi di lavaggio reputazionale significano che noi (gli altri) abbiamo un potere collettivo, soprattutto quando andiamo a votare, e quando scegliamo cosa comprare. Non facciamoci fregare.

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