La direttiva sulle Case Green riceve il primo sì all’Eurocamera, da parte della Commissione Industria, Ricerca e Energia (Itre) ed è il sigillo all’accordo al ribasso raggiunto dal Trilogo tra le istituzioni europee lo scorso 7 dicembre. Perché il testo entri in vigore, manca solo l’ok finale della Plenaria. La revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, responsabili del 40% del consumo energetico europeo e del 36% delle emissioni dirette e indirette di gas serra, è frutto di una lunga trattativa. Più che nella direzione indicata dalla Commissione Ue a dicembre 2021, il testo va in quella sostenuta dal Consiglio Ue e da alcuni Paesi, tra cui l’Italia, dove il 53,7% degli edifici risale a prima del 1970. Il provvedimento è stato approvato con 38 voti a favore, 20 contrari e 6 astenuti. Una buona notizia soprattutto per Fratelli d’Italia e Lega, nonostante secondo il Carroccio permangano “alcune criticità”. Per gli europarlamentari della Lega, Paolo Borchia (coordinatore Id in commissione Itre) e Isabella Tovaglieri (componente commissione Itre, relatrice ombra del provvedimento) si tratta di un provvedimento che “come era stato pensato da Bruxelles, sarebbe andato a colpire duramente aziende, lavoratori e famiglie italiane. Una minaccia scongiurata – commentano – grazie alle battaglie condotte dalla Lega in Europa e all’impegno del governo italiano”.

Dai requisiti per ristrutturare alle caldaie: ecco cosa cambia – Uno dei punti più controversi è stato quello dei requisiti di ristrutturazione. Originariamente si prevedevano obblighi e tempi per ciascuna categoria di edificio: quelli pubblici e non residenziali sarebbero dovuti rientrare nella classe E entro il 2027 (e nella D entro il 2030), quelli residenziali almeno nella classe E dal 2030 (nella D dal 2033). Obiettivo della direttiva era quello di agire prioritariamente sul 15% degli edifici più energivori, che i Paesi avrebbero collocato nella classe energetica più bassa, la G. Secondo i dati Istat, in Italia si parla di circa 1,8 milioni di edifici residenziali su un totale di 12 milioni. Il testo attuale non prevede requisiti di ristrutturazione per singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate a livello europeo, ma gli Stati potranno definire un proprio piano nazionale di ristrutturazione, con un approccio basato sulla media sull’intero patrimonio edilizio e sul sistema nazionale di classi energetiche. Per quanto riguarda il risparmio energetico, gli edifici residenziali più inquinanti dovranno ridurre il consumo medio di energia primaria del 16% entro il 2030 (tra il 20 e il 22% entro il 2035). Anche gli edifici non residenziali dovranno ridurlo del 16% entro il 2030 (ma del 26% entro il 2033). Dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero, per gli edifici pubblici l’obbligo partirà dal 2028. Date slittate di due anni rispetto alla proposta iniziale. Sarà obbligatorio installare pannelli solari solo per i nuovi edifici, quelli pubblici e quelli non residenziali molto grandi (con ampie eccezioni). Vengono esclusi dall’obbligo quelli residenziali. Si sposta dal 2035 al 2040 lo stop definitivo alle caldaie alimentate a gas. Si mantengono gli incentivi per quelle ibride, ma dal 2025 verranno eliminati tutti gli incentivi per le caldaie autonome.

Le reazioni – “Vengono ammorbidite le richieste iniziali della Commissione europea” commenta Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, secondo cui “l’Europa grazie a Giorgia Meloni finalmente ci ascolta e viene incontro alle richieste della nostra Nazione”. Tiziana Beghin, capo delegazione del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo, pur riconoscendo i “compromessi al ribasso”, parla di un provvedimento che, comunque, “fissa obiettivi comuni per l’ammodernamento degli edifici, il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni inquinanti”. Eppure, secondo l’esponente del M5S, “il governo Meloni imbocca una strada opposta a quella dell’Europa, visto che ha deciso di fare a pezzi il Superbonus. Ricordiamo agli smemorati della maggioranza – aggiunge – che dopo l’approvazione definitiva della direttiva, l’Italia dovrà recepirla e approvare un Piano nazionale di ristrutturazione dei propri edifici. Dopo tanta opposizione condita da una bella dose di fake news siamo proprio curiosi di vedere cosa scriveranno e dove troveranno i soldi per finanziare le ristrutturazioni obbligatorie”.

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