Non è neppure cominciata la (probabile) guerra di perizie su La cattura di San Pietro, il quadro attribuito al pittore del Seicento Rutilio Manetti, che la difesa del sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi ha già chiesto il dissequestro. A presentare domanda di revoca del provvedimento eseguito venerdì scorso dalla Procura di Macerata è stato l’avvocato del critico d’arte e componente del governo Meloni, indagato per riciclaggio di beni culturali dopo un’inchiesta giornalistica portata avanti dal Fatto Quotidiano e da Report. Il sequestro – disposto dal procuratore Giovanni Fabrizio Narbone e dal pm Claudio Rastrelli – era stato eseguito venerdì scorso a Ro Ferrarese dai carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale durante le perquisizioni di alcune case del sottosegretario: era stato lui stesso a consegnare spontaneamente la tela. I magistrati hanno deciso per il sequestro per le verifiche peritali del caso.

Il dipinto è una tela di grosse dimensioni, scrivono i carabinieri, “di autore ignoto che ricorda i pittori Solimena e il Cavallino“: per l’accusa sarebbe provento di un furto avvenuto nel castello di Buriasco (in provincia di Torino), denunciato dalla proprietaria il 14 febbraio 2013 proprio ai carabinieri. In base all’impianto accusatorio il critico d’arte, in concorso con altre persone, avrebbe messo in atto “operazioni finalizzate ad ostacolarne la provenienza delittuosa, facendovi inserire in alto a sinistra della tela una torcia, attribuendo l’opera a Manetti dal titolo La cattura di San Pietro e “affermando la titolarità del quadro”. Sgarbi respinge ogni accusa: afferma che la torcia nel quadro vi sarebbe sempre stata e che quello rubato a Buriasco sarebbe una “brutta copia“. Oggi è tornato ad attaccare i media che hanno condotto l’inchiesta.

L’opposizione è tornata a chiedere la revoca delle deleghe di Sgarbi e l’occasione è stata la (per certi versi paradossale) discussione alla Camera sul provvedimento che introduce un inasprimento delle sanzioni per chi deturpa beni culturali e paesaggistici. Il deputato democratico Andrea Casu, tra le altre cose, ha osservato come sia fonte di imbarazzo per il governo il fatto che oggi l’Aula sia stata impegnata a parlare delle norme che aumentano le pene per i reati sul patrimonio, mentre Sgarbi ha ancora la delega per la sicurezza del patrimonio culturale nonostante ci siano “indagini su furto e deturpamento a suo carico”. In Aula, a rappresentare il governo durante la discussione generale sulla legge, c’era il ministro Gennaro Sangiuliano. “Il silenzio del ministro Sangiuliano – ha aggiunto Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione Cultura – che non ha proferito parola nel corso del dibattito su un provvedimento che porta la sua firma, è la conferma che la sua presenza in aula alla Camera era dovuta solo a coprire gli imbarazzi sul caso Sgarbi dal momento che il sottosegretario ancora detiene la delega al sicurezza del patrimonio culturale italiano. Siamo davanti a una situazione surreale che sta compromettendo la reputazione italiana nella tutela e salvaguardia dei beni culturali”. In altri Paesi, aggiunge Antonio Caso (M5s), firmatario della mozione per la revoca delle deleghe, ci sarebbero state già le dimissioni. La mozione sarà in discussione la prossima settimana, il 22. “Fino a quando Giorgia Meloni continuerà a proteggerlo – si chiede Caso -, preferendo lui al prestigio delle istituzioni e all’immagine della ‘nazione’?”.

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