Da quando le milizie yemenite Houthi hanno iniziato a prendere di mira le navi che commerciano con Israele e transitano nel mar Rosso, si sono registrati poco meno di una trentina di attacchi, nessuna vittima. I danni concreti riguardano più che altro l’allungamento dei tempi per trasportare le merci che dall’Asia arrivano in Europa. Molte portacontainer scelgono ora, per evitare rischi, di circumnavigare l’Africa, invece che percorrere la via più breve del Canale di Suez. Significa navigare 9mila kilometri in più ed aggiungere almeno 8 giorni di navigazione per raggiungere porti come Rotterdam, Amburgo o anche i più piccoli scali italiani. I costi del viaggio salgono, sono più o meno triplicati da quando gli assalti alle navi sono cominciati. Aumenta anche la spesa per assicurare i carichi. Un problema per chi compra e chi vende, un vantaggio per chi trasporta. E infatti in Borsa i titoli dei grani armatori come Maersk o Lloyd hanno messo a segno guadagni a doppia cifra.

Dal Canale sotto il controllo egiziano (il Cairo incassa circa 8 miliardi l’anno dai pedaggi) che, attraverso il mar Rosso, unisce Mediterraneo ed Oceano Indiano, transita circa il 12% del commercio globale, e il 30% di quello via nave. Qualche azienda, come Ikea o Tesla, ha iniziato a segnalare ritardi nella filiera delle forniture. Tuttavia, per ora, le ricadute economiche delle azioni Houthi non sembrano apocalittiche. Neppure sulle quotazioni i profitti energetici come gas (via nave arriva quello liquefatto) o petrolio. Dopo un rialzo seguito ai primi attacchi, le quotazioni avevano ritrovato una certa calma riportandosi stabilmente sotto gli 80 dollari al barile. Una nuova impennata ha invece fatto seguito ai bombardamenti di Usa e Gb.

Naturalmente molto dipenderà da quanto durerà questa situazione e dalla possibilità che la crisi si incancrenisca e/o estenda. Un protratto aumento dei costi di viaggio potrebbe dare una nuova spintarella all’inflazione, proprio ora che le banche centrali iniziavano a raccogliere qualche frutto dei loro sforzi. In questo contesto l’Italia, per semplici ragioni geografiche, rischia di essere tra i paesi più danneggiati dalla crisi del mar Rosso. La quota di commercio navale italiana è un po’ più alta della media ma, soprattutto, quando si immette nel Mediterraneo, una nave che ha attraversato Suez si trova quasi di fronte gli scali del Sud Italia. Se si circumnaviga l’Africa, viceversa, è più comodo approdare negli hub del nord Europa, spesso già preferiti per ragioni di infrastrutturazione. Più che per i danni concreti sinora prodotti, la reazione armata degli Stati Uniti e della Gran Bretagna si spiega con altre ragione. Il dominio marittimo della grande flotta statunitense ha come sua primaria ragion d’essere quella di assicurare la sicurezza dei trasporti marittimi. Gli Houthi punzecchiano insomma la U.S. Navy nel suo core business. Era lo stesso compito che in passato fu appannaggio della marina britannica che, come si vede, non rinuncia alle occasioni che permettono di rinverdire un po’ i fasti del passato.

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