Quando un paio di giorni fa è sbarcata su Instagram l’influencer Francesca Giubelli – giovane, bella, con la maglia della Roma addosso e un manuale di tuttologia già in mano: discetta di calcio, di maternità surrogata e di turismo – gli animi hanno iniziato a incendiarsi. Francesca ha tutto per piacere a un certo tipo di pubblico: è nata a Roma il 5 gennaio del 2020, nel quartiere della Garbatella; poi si è trasferita a Milano, dove si è laureata in Comunicazione e Moda, infine è tornata nella Capitale per intraprendere una carriera di modella e food and travel creator.

Tutto, purtroppo, nella norma (data di nascita a parte), se non fosse che Francesca è finta: un automa, un ologramma, una “influencer virtuale” come l’ha definita l’agenzia che l’ha creata. Congelo per un attimo il mio giudizio, lasciando spazio alle parole di una delle ideatrici di Francesca Giubelli, la pubblicitaria Valeria Fossatelli: “Francesca (i maligni dicono che l’assonanza nasconde la volontà di creare un alter ego, ndr) non vuole essere solo una bella ragazza che mostra il suo fisico e i suoi outfit, ma vuole dire la sua quando lo ritiene necessario, anche su temi di attualità o di politica. Perché Francesca è nata per rappresentare il made in Italy e per essere vicina alla gente comune”.

Romana, under 30, Fossatelli ha lavorato nello staff di Matteo Renzi, quando l’ex enfant prodige ora senatore semplice e consulente milionario, era segretario del Partito Democratico. Insieme al collega Emiliano Belmonte – con cui ha creato OnlyFansNews.it, il primo giornale italiano interamente dedicato al mondo di OnlyFans – Fossatelli gestisce KTP Web Agency, “il miglior ufficio stampa di Roma” che ha lavorato a questo progetto con il supporto di Francesco Giuliani, imprenditore ed esperto in programmazione di nuove tecnologie.

Ma torniamo a Francesca. Nella sua bio l’AI-powered influencer si definisce, dicevo, “food and travel blogger” che adora il cibo italiano: nel post in cui afferma di iniziare sempre la giornata con prodotti genuini tagga anche il ministro della sovranità alimentare e delle soste treno ad personam Francesco Lollobrigida. A proposito di treni: l’impressione è che, in questi giorni in cui la regina Ferragni è ferita, molti stiano provando a saltare sul convoglio reale, tra cui mamme influencer decadute che dopo essere finite nell’occhio del ciclone per aver mentito sulle proprie dinamiche familiari tornano a fare stories trasudanti umanità e, appunto, creator creati con l’AI che vengono lanciati con tanto di comunicato stampa a corredo. Due dubbi, a volte, fanno una certezza: quando la matriarca è in difficoltà, i cortigiani si agitano, cercando un posticino un po’ più vicino al sole, a cui Ferragni, citando la stampa estera – a proposito, anche loro non hanno altre priorità o si occupano, semplicemente, di una notizia? – “si è avvicinata troppo, incendiandosi le ali”. Insomma: all’indomani del “pandoro-gate” c’è già chi – puntando su ideali di semplicità e schiettezza – prova a rosicchiare fettine di “cake”, di torta, come i giornali stranieri hanno definito il pandoro Balocco.

Ora, divagazioni a parte: lo sbarco su Instagram di Francesca è per certi versi interessante. Da tempo alcuni addetti ai lavori preconizzano che gli influencer in carne e ossa scompariranno in un prossimo futuro, rimpiazzati da quelli generati con AI, meno costosi e suscettibili di gaffe ed errori. A livello di comunicazione turistica – non è un caso che proprio questo segmento sia stato prescelto per le skills di Francesca – si potrebbe arrivare (leggete: si arriverà) ad affidare a questi personaggi digitali ciò che oggi viene demandato agli influencer umani.

Francesca ha già settemila follower: a breve arriveranno sponsorizzazioni – una collaborazione con la AS Roma è già attiva – e le prime ADV a pagamento. Magari da ristoratori romani che vogliono pubblicizzare il proprio locale: perché ospitare o pagare un influencer reale quando si può concordare con un’agenzia taglio del post, foto, testo e proporre ai follower un’esperienza “reale” perfettamente ritagliata sui loro bisogni? Sarebbe un bel problema per gli influencer e sì, anche per i giornalisti che si occupano di queste tematiche. “Ormai la gente preferisce trovare il locale preferito attraverso i canali social, Instagram e TikTok” ha dichiarato di recente il critico gastronomico Edoardo Raspelli, licenziato in tronco da Gedi dopo 40 anni di collaborazione.

Semplice sviluppo della tecnologia o distopia? Forse più la seconda. Come afferma l’esperta di dinamiche social Serena Mazzini, che sul suo profilo Instagram ha commentato la vicenda, “chi ha più soldi potrà creare influencer customizzati su una moltitudine infinita di target, definire un aspetto e un linguaggio affine a quello del target di riferimento e creare centinaia di profili con il solo scopo di utilizzarli come strumenti di propaganda. Dobbiamo pretendere subito delle leggi perché oggi è già troppo tardi”.

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