Si è aperto a L’Aia il processo della Corte Internazionale di Giustizia dell’Onu che dovrà stabilire se Israele è responsabile di aver violato la Convenzione Onu sul genocidio con la sua operazione a Gaza. La prima udienza, riservata all’accusa, è stata accompagnata dalle forti pressioni di Israele che si è scagliato contro il Sudafrica in seguito alle accuse mosse ins enoa lla Corte contro il comportamento dell’esercito nella Striscia. Pretoria è “il braccio giuridico dell’organizzazione terroristica Hamas“: ha dichiarato Lior Hayat, portavoce del ministero degli Esteri israeliano. Mentre il primo ministro Benjamin Netanyahu ha affermato che “anche oggi abbiamo visto un mondo alla rovescia: Israele è accusato di genocidio mentre sta combattendo il genocidio”. Per il portavoce del consiglio della sicurezza nazionale della Casa Bianca, John Kirby, le accuse di genocidio a Israele sono “senza merito” e “non ci sono le basi” per muoverle.

Il processo nasce da una denuncia del Sudafrica che ha consegnato un corposo dossier in cui vengono documentati diversi accadimenti di questi due mesi di guerra che, secondo gli accusatori, configurano la fattispecie di genocidio. Le vittime civili a Gaza sono state sinora oltre 23mila, tra cui circa 10mila minori. L’agenzia di soccorso palestinese delle Nazioni Unite, Unrwa, ha stimato che 1,9 milioni di persone sono state sfollate internamente a causa della guerra, quasi l’85% della popolazione, mentre decine di migliaia di edifici sono stati distrutti. Il documento del Sudafrica ha raccolto il sostegno di diversi altri paesi tar cui Brasile, Colombia, Venezuela, Turchia, Pakistan, Giordania, Iran, Maldive e i Paesi della Lega araba.

Nella richiesta di 84 pagine presentata il 29 dicembre scorso alla Corte, il Sudafrica ha dichiarato: “Gli atti e le omissioni di Israele lamentate dal Sudafrica hanno carattere genocida perché sono intesi a provocare la distruzione di una parte sostanziale del territorio palestinese, del gruppo nazionale, razziale ed etnico”. Il documento cita anche innumerevoli dichiarazioni pubbliche di leader politici israeliani in cui si prospettano soluzioni come deportazioni di massa o la realizzazione di “un’altra Nakba”, che configurerebbero la fattispecie del genocidio. Il crimine in esame, per concretizzarsi, richiede l’intento specifico dell’autoredi distruggere tutto o parte di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso identificato. In secondo luogo, la commissione di almeno uno dei cinque atti necessari per la realizzazione di tale proposito. Tra questi c’è anche la creazione di “condizioni di vita calcolate per provocare la loro distruzione fisica”. La Corte è stata chiamata a pronunciarsi con urgenza “per proteggere da ulteriori, gravi e irreparabili danni ai diritti del popolo palestinese derivanti dalla convenzione sul genocidio, che continua ad essere violata impunemente”.

Il procedimento inizierà con due giorni di pubblico dibattimento, giovedì l’accusa, venerdì la difesa. A pronunciarsi saranno poi 15 giudici di altrettanti Paesi più un giudice a testa scelto da Israele e Sudafrica. Tel Aviv ha scelto Aharon Barak, ex capo della Corte Suprema, Pretoria si affida invece al giurista Dikgang Moseneke, ex vice capo della giustizia. La Corte dovrà inizialmente decidere un provvedimento preliminare che, da un punto di vista legale, imporrebbe a Israele di cessare le operazioni a Gaza, sebbene la Corte non disponga poi degli strumenti per imporne l’applicazione. Per una sentenza definitiva serviranno probabilmente anni. Un caso del 2019 che il Gambia ha intentato contro il Myanmar per la sua repressione militare nei confronti dei rifugiati Rohingya, per esempio, è ancora in corso.

Israele rigetta totalmente le accuse. “L’ipocrisia del Sudafrica grida al cielo – ha affermato Netanyahu – Israele combatte contro terroristi assassini che hanno commesso crimini terribili contro l’umanità. Hanno massacrato, violentato, bruciato, smembrato, ucciso bambini, donne, anziani, giovani. Un’organizzazione terroristica che ha commesso il crimine più terribile contro il popolo ebraico dai tempi della Shoah e ora c’è chi viene a difenderla in nome della Shoah. Che audacia. Il mondo sottosopra”. E ha poi rilanciato: “Dove era il Sudafrica quando milioni di persone furono uccise e sfollate dalle loro case in Siria e Yemen? E da chi? Dai partner di Hamas, il mondo sottosopra. Ed è proprio l’Idf, l’esercito più morale del mondo, che fa di tutto per evitare di nuocere a chi non è coinvolto, ad essere accusato dai rappresentanti dei mostri di ‘genocidio'”.

Per l’ex premier israeliano Naftali Bennett, la seduta della Corte di giustizia è “l’Affare Dreyfus del 21esimo secolo, uno spettacolo di ipocrisia, antisemitismo e vergogna. È stata Hamas che, senza nessuna ragione, il 7 ottobre ha attaccato, bruciato, ucciso e rapito israeliani. Eppure è Israele che è sotto accusa”, ha detto. “Vergogna per coloro che prendono parte – ha concluso – a questa finzione”. Martedì il segretario di stato Usa Antony Blinken in conferenza stampa a Tel Aviv ha affermato “Riteniamo che la presentazione di un ricorso contro Israele al Tribunale dell’Aja distragga il mondo da importati sforzi. Inoltre, l’accusa di genocidio è infondata”. “Il regime sionista ha commesso tutti i crimini sanciti dalle convenzioni internazionali contro il popolo palestinese”: ha affermato in un comunicato il ministero degli Esteri iraniano appoggiando l’accusa contro Israele.

Il Cile, ha annunciato intanto la volontà di rivolgersi alla Corte penale internazionale (che non è una corte Onu) per chiedere un’indagine sull’operato del governo di Israele nella Striscia di Gaza. “Il Cile – ha dichiarato ambasciatrice cilena Paula Narváez – non rimarrà indifferente alla situazione attuale e al dolore del popolo palestinese” e “per questo il Cile presenterà tempestivamente un’ istanza riguardante la situazione in Palestina alla Procura della Cpi”. Chiederemo, ha infine detto, “un’indagine sui crimini internazionali commessi nei territori palestinesi occupati, alla quale speriamo che altri paesi possano unirsi”. Il Cile ospita la maggiore comunità palestinese al di fuori del mondo arabo, forte di 400-500.000 membri, e le vicende della guerra a Gaza hanno suscitato tra le sue fila una forte ondata di indignazione e proteste.

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