Prosegue la dieta forzata degli italiani stretti tra prezzi che salgono e stipendi che restano al palo. E che quindi scendono come capacità di acquisto. In novembre le vendite al dettaglio sono aumentate dell’1,5% come valore di spesa rispetto all’anno prima ma sono diminuite del 2,2% per quantità di beni acquistati. Le vendite dei beni alimentari crescono del 4,1% in valore e calano del 2% in volume. Spendiamo di più per comprare di meno. Nel confronto mese su mese, quindi rispetto allo scorso ottobre, la spesa è salita dello 0,4% in valore e dello 0,2% in quantità. Tuttavia per i prodotti alimentari l’Istat registra un + 0,2% in valore e un calo dello 0,2% in quantità. Praticamente inesistente, come si vede dalle cifre, l’effetto dell’iniziativa “trimestre anti inflazione”, varata dal governo.

Su base annua da segnalare il comparto profumi e prodotti per la cura della persona per cui si è speso il 5% in più del novembre 2022. Il calo più consistente colpisce viceversa elettrodomestici, radio, tv e registratori (-4,1%). Ci si indirizza sempre di più verso la grande distribuzione, in particolare gli hard discount. In generale la grande distribuzione registra un aumento degli incassi del 3,4% su base annua mentre per i piccoli negozi si segnala una flessione dello 0,3%. Gli hard discount che vendono a prezzi vantaggiosi hanno chiuso novembre mettendo a segno un + 6,9%.

“Con l’auspicio che la stagione dei saldi possa dare un impulso positivo ai consumi per alcuni settori merceologici del non alimentare, la domanda interna rimane debole. La Distribuzione moderna, da parte sua, si impegnerà anche nel 2024 nel difendere il potere d’acquisto delle famiglie, ma occorrono misure di lungo periodo a sostegno dei consumi e maggiore attenzione al sistema delle imprese. Dai consumi dipende la tenuta di tante filiere del Made in Italy e l’equilibrio economico del sistema Paese”, afferma il presidente di Federdistribuzione, Carlo Alberto Buttarelli, commentando i dati Istat. “Italiani sempre in cura dimagrante. Se è positivo che rispetto al mese precedente salgano le vendite non alimentari, sia in valore che in volume, è negativo che scendano quelle alimentari in volume, -0,2%. Significa che le famiglie continuano la loro dieta forzata e a stringere la cinghia, essendo costrette a spendere di più pur mangiando di meno”, dice il presidente dell’Unione nazionale consumatori, Massimiliano Dona.

“Il segnale più allarmante che arriva dal commercio è relativo agli alimentari, settore che in volume registra un calo sia su base mensile (-0,2%) che annuale (-2%), a fronte di una spesa per cibi e bevande che sale in valore del 4,1% sull’anno. Questo significa che, al netto degli effetti dell’inflazione, le famiglie hanno tagliato nel 2023 la spesa alimentare per complessivi 3 miliardi di euro annui”, stima Assoutenti, commentando i dati. Bicchiere mezzo pieno per Confcommercio: “Anche le vendite del mese di novembre testimoniano la salute di un contesto economico che nell’ultima parte del 2023 sembra aver superato la fase più critica. Per il secondo mese consecutivo si è registrata una variazione congiunturale positiva in termini di volumi venduti”.

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