Rosa Bazzi e Olindo Romano saranno in aula il 1 marzo a Brescia per l’apertura dell’udienza dibattimentale in cui si discuterà la revisione del processo per la strage di Erba per cui i due coniugi sono stati condannati all’ergastolo. L’11 dicembre del 2006 Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la madre Paola Galli, la vicina di casa Valeria Cherubini furono trucidati e Mario Frigerio marito della Cherubini sopravvisse a uno sgozzamento. Secondo l’avvocata Luisa Bordeaux: “Sono stati citati e quindi con tutta probabilità verranno”. Non ci saranno, invece, i fratelli Pietro e Giuseppe Castagna, parti civili, che nella strage persero madre, sorella e nipote. “Cerchino pure, ma non troveranno un’altra verità”, hanno detto spiegando i motivi della loro assenza.

Per i Castagna, che persero madre, sorella e nipote, “visto il circo mediatico di questi anni, che ha addirittura conquistato anche un sostituto procuratore generale, la decisione di fissare un’udienza anziché dichiarare inammissibile fin da subito la richiesta di revisione del processo non ci stupisce. Questo però non vuol dire nulla: vediamo come andrà avanti, ma noi abbiamo fiducia totale nella giustizia. Un conto sono le suggestioni di una trasmissione tv, un altro le prove di un’aula di tribunale”.

I due fratelli ritengono che “anche se dovessimo rifarlo tre, o quattro o mille volte, il processo arriverebbe sempre alla stessa sentenza, che è quella a cui già sono arrivati oltre venti giudici. In ogni caso qualora dovessero decidere di rifare il processo, noi non parteciperemo. Per noi la sentenza c’è già stata e nulla la cambierà”. Romano si dice “contento” per la decisione dei magistrati . “Non vedo l’ora che arrivi quel giorno per affrontare un vero processo”, ha detto al suo tutore, l’avvocato Diego Soddu, che lo ha incontrato mercoledì mattina nel carcere di Opera.

Le sentenze – Bazzi e Romano sono stati condannati in tutti e gradi di giudizio e dopo le polemiche della scorsa estate la procura di Como aveva messo a disposizione tutte e tre le sentenze con cui i giudici, oltre ogni ragionevole dubbio, aveva ritenuto i due imputati responsabili del massacro. Fu proprio Frigerio a indicare in aula – unica sede della raccolte delle prove – a indicare l’uomo e la moglie seduti accanto nella gabbia apostrofandoli così: “Sono quei due delinquenti lì”.

Alla base delle condanne, secondo i giudici, ci confessioni spontanee ritenute coerenti e “ritrattate se non per scelta difensiva”, parole “riscontrate” dagli appunti che Olindo Romano aveva segnato sulla Bibbia; i particolari indicati da due coniugi che solo chi era stato sulla scena del delitto poteva sapere. Ovviamente il riconoscimento di Olindo da parte di Frigerio che ha avuto “atteggiamento sempre lineare… nonostante l’intensità di un ferreo controesame”. La traccia di sangue di Cherubini nella Seat Arosa dei due imputati. In secondo grado poi i magistrati avevano bocciato le piste alternative: “sono” e riconosciuto nell’odio il movente della ferocia. In 68 pagine la Cassazione aveva confermato il verdetto di secondo grado ripercorrendo tutte le prove raccolte nei gradi precedenti. Per gli ermellini quanto accaduto alle vittime non fu la conseguenza di follia ma qualcosa di riconducibile a “un meccanismo reattivo generato da sentimento di odio, grettezza, individualismo covati per lungo tempo“.

Le richieste di prove – Gli avvocati Fabio Schembri e Nico D’Ascola, per Olindo, e Luisa Bordeaux e Patrizia Morello, per Rosa Bazzi, puntano su nuovi testimoni e una serie corposa di consulenze alla base della richiesta di revisione della sentenza. Uno di questi, “mai sentito all’epoca dei fatti” per i difensori della coppia, è un uomo che abitava nella casa della strage, legato ad Azouz Marzouk. L’uomo aveva riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale anche lui fu ferito, e aveva sostenuto che la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”. Questa, per lui, l’origine della strage non l’odio dei coniugi. Altro testimone citato dalla difesa è “un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parti mancanti del 50% dei momenti topici delle intercettazioni”.

Le consulenze sostengono l’incompatibilità con la ricostruzione fatta dai coniugi – e poi ritrattata – della strage con quella emersa dalle indagini. Un elaborato riguarda la testimonianza di Mario Frigerio, diventato principale testimone dell’accusa che riconobbe Olindo in aula. Una versione in dibattimento che, per i legali, contrasterebbe con quanto dichiarato da Frigerio nell’immediatezza, nel letto d’ospedale, quando era sotto choc dopo essere stato in pericolo di vita per essere stato ferito alla gola. Anche la ricostruzione nelle sentenze della morte della moglie di Frigerio, Valeria Cherubini, contrasterebbe con quella emersa dalle loro consulenze. Sulla novità di queste prove e se queste possano portare al proscioglimento degli imputati (sono queste le condizioni necessarie) la Corte d’appello di Brescia potrà decidere se riaprire un processo, con l’acquisizione dei nuovi elementi, oppure respingere le istanze che sono complessivamente tre, compresa quella del tutore di Olindo e Rosa, l’avvocato Diego Soddu.

La tesi del pg Tarfusser – Il pg Cuno Tarfusser, per cui è stato aperto un procedimento e che mai si è occupato della strage di Erba, ritiene che sia possibile “sgretolare” i tre pilastri che hanno portato al possibile “errore giudiziario”. Le versioni di Frigerio che vanno dal non ricordare, a offrire l’identikit di uno sconosciuto con la pelle olivastra per poi puntare il dito sul noto vicino di casa. Una memoria falsata, così come “false”, indotte, sono le confessioni di Olindo e Rosa. Frigerio indicò in aula, unica sede di formazione delle prove, i due coniugi e i giudici hanno già stabilito che le confessioni di Bazzi e Romano furono spontanee e che furono ritrattate per scelta difensiva. Viene messe in discussione, la “genuinità” della macchia di sangue di Valeria Cherubini trovata sul battitacco dell’auto di Olindo: non convince il modo in cui è stata repertata, così come il risultato scientifico. Era stato lo stesso Romano a chiarire che quella traccia di sangue gli era caduta probabilmente dalla testa e non era stata portata sull’auto perché calpestata. Tarfusser punta il dito su un’indagine lacunosa che non ha valutato piste alternative, ma le piste alternative sono state già consideratie dai giudicie: “Fantasiose ricostruzioni e moventi non hanno trovato alcun supporto probatorio”.

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