Drill, baby, drill. Trivella, baby, trivella. Il grido di battaglia che accarezza le orecchie delle industrie minerarie, e che fu di Donald Trump, fa breccia anche in Europa. Anche tra insospettabili come la Norvegia, paese molto ricco di fonti fossili, e non, ma anche tradizionalmente attento alle questioni ambientali. Eppure il Parlamento di Oslo ha appena dato via libera (80 si e 20 no) al piano del governo per aprire parti dei suoi fondali marini all’esplorazione mineraria. Inutili le proteste degli attivisti e gli avvertimenti degli scienziati sui possibili rischi. Le esplorazioni coinvolgeranno progressivamente un’area di 280mila chilometri quadrati, principalmente nell’Artico. Sono principalmente mirate a reperire minerali necessari per la produzioni di batterie elettriche e altre tecnologie dell’industria delle rinnovabili. Ma, secondo gli esperti, presentano rischi significativi per l’ecosistema marino dell’area. Certo, è altrettanto lecito chiedersi se il peso ambientale di queste ricerche ed estrazioni, debba ricadere unicamente su paesi più poveri. Valga su tutti l’esempio del Congo, dove le normative sono pressoché inesistenti e minorenni vengono spediti in miniera a raccogliere cobalto a mani nude.

Intanto in Inghilterra il governo di Rishi Sunak sta cercando di far passare una legge per consentire una nuova imponente ondata di trivellazioni nel Mare del Nord, in questo caso per cercare i vecchi idrocarburi, petrolio e gas. Una decisione che sconfessa tutte le indicazioni degli esperti e persino le blandissime raccomandazioni emerse dalla quasi fallimentare conferenza sul clima di Dubai (Cop 28). Nel documento finale viene per la prima volta auspicata una graduale uscita dalle fonti fossili. Londra si appresta però a fare esattamente il contrario. Non è mancato un gesto coraggioso: Chris Skidmore, deputato conservatore ed ex segretario all’Energia del governo Tory, ha annunciato le sue dimissioni in polemica con i propositi di Downing Street.

Il 2023 è stato l’anno più caldo dal 1850. L’aumento della temperatura media globale rispetto ai valori pre-industriali è stato prossimo agli 1,5 gradi centigradi, un valore che è considerato la soglia che separa mutazioni climatiche in qualche modo gestibili da scenari ben più imponderabili e potenzialmente catastrofici. Non a caso l’Onu ha parlato di un “assaggio di un futuro catastrofico”. Qualche tempo fa l’Agenzia internazionale dell’energia aveva indicato come unica possibilità per non superare questo limite, l’immediato azzeramento di nuovi investimenti nelle fonti fossili. Non si è mossa foglia, si investe anzi quanto e più di prima. Quella in cui ci siamo cacciati sembra una strada senza uscita. L’economia globale non è in grado di virare verso una vera sostenibilità senza provocare contraccolpi produttivi, occupazionali e quindi sociali che possano essere gestiti. Così, conferenza dopo conferenza, si cerca si calciare un po’ più in là la lattina. E la temperatura intanto sale. Anche mediaticamente la pioggia di dichiarazioni di dedizione alla battaglia ambientale pare lentamente ma inesorabilmente spegnersi.

Il governo statunitense ha appena rivisto al rialzo le sue previsioni sulla produzione nazionale di petrolio e gas. Quest’anno dal sottosuolo e dai fondali americani usciranno 13,2 milioni di barili di greggio al giorno, nel 2025 saranno 200mila in più. Nel 2023 erano stati poco meno di 13 milioni. La produzione di gas naturale secco, nel frattempo, è destinata a raggiungere la cifra senza precedenti di 105 miliardi di piedi cubi al giorno nel 2024 e 106 miliardi di piedi cubi/giorno nel 2025. I livelli di produzione previsti sottolineano l’impatto duraturo della rivoluzione shale oil, estrazione da rocce e sabbie bituminose ad altissimo impatto ambientale, che negli ultimi 15 anni ha consentito agli Stati Uniti di fornire più volumi di petrolio e gas di qualsiasi altro paese nella storia. E ora che gli Usa hanno rimpiazzato gran parte delle forniture russe di gas all’Europa con carichi del suo gnl, nessuno si sogna di ingranare la retromarcia e rinunciare a ricavi per centinaia di miliardi. Drill, baby, drill.

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