A Formia c’è Christian che insieme alla moglie e le due figlie è costretto, dopo 15 anni, “a tornare a vivere dai genitori“. Giuseppe, invece, che vive in provincia di Varese ma non riesce a trasferirsi vicino al suo luogo di lavoro (nel Comasco) per gli affitti troppo cari: “La zona è piena di persone che lavorano in Svizzera e che guadagnano molto di più”, racconta. “Vivere a Milano è diventato il modo migliore per impoverirsi“, spiega A. costretta a lasciare il suo vecchio appartamento (che è stato venduto) per spostarsi in un monolocale dove paga 1.100 euro al mese. O Giuseppe che si è trasferito per lavoro a Bari e che racconta come nel capoluogo pugliese “non si trovano più appartamenti” per colpa “dell’aumento dei b&b“. E c’è addirittura chi, come M.P. che vive in Toscana, dopo aver vinto un concorso pubblico rischia di rinunciare al posto perché, dovendo trasferirsi a Roma, “pagando l’affitto mi troverei con il medesimo stipendio che ho oggi”. Sono queste alcune delle storie sul caro-affitti in Italia che sono state inviate alla redazione de ilfattoquotidiano.it. Mentre il caro vita colpisce indiscriminatamente gli italiani, infatti, molti centri urbani attrattivi (dalle metropoli alle piccole località turistiche) propongono affitti impossibili. Negli ultimi otto anni è cresciuto di 39,7 punti percentuali il prezzo dell’affitto medio in Italia, con punte di oltre il 70% a Milano e Bologna. Così sempre più persone, soprattutto le famiglie, non possono più permettersi la città e spesso sono costrette a cercare alternative allontanandosi dal luogo di lavoro.

Un problema che non è relegato alle grandi metropoli settentrionali ma che riguarda anche il Sud Italia. “Siamo una coppia che per motivi di lavoro si é trasferita a Bari da novembre”, racconta Giuseppe. “A causa dell’aumento dei b&b nella città non si trovano più appartamenti e, anche quando escono, è una vera e propria battaglia per accaparrarselo e passare lo screening esigente dei proprietari. I monolocali costano dai 700€, i bilocali a partire da 800/900€ spese escluse”. Per quanto riguarda i trilocale o gli appartamenti con più stanze, gli affitti “possono costare anche 1.200/1.300€ al mese”. Nonostante questo, spiega, “comunque non ce ne sono abbastanza”. Per questo “siamo obbligati a stare in b&b fittizi a 1.000 euro al mese (monolocali), senza contratti e senza certezza di avere un tetto sulla testa nei mesi estivi”. In estate, infatti, “questi appartamenti tornano ad essere normali b&b, puntando dunque ai turisti”. “Per le famiglie con bambini la ricerca – aggiunge Giuseppe – è praticamente impossibile e leggo centinaia di appelli disperati nei gruppi su Facebook da parte di anziani, neo-lavoratori o famiglie che non riescono a trasferirsi neanche fuori città“. Pertanto non rimane che sperare “che la situazione migliori quanto prima e si regolamenti meglio l’abuso degli appartamenti per vacanze nelle città più gettonate”.

Ovviamente il problema interessa la città con i prezzi d’affitto più alti d’Italia. “Vivere a Milano è diventato il modo migliore per impoverirsi e sentirsi inadeguati e andare letteralmente in crisi, da lavoratori professionisti che vivono per lavorare”, spiega A. (che preferisce mantenere anonima la sua testimonianza). Lavora nell’ufficio legale di una banca e, spiega, “dal 2020 il mio potere d’acquisto è crollato”. “Dopo anni e anni in cui mi sono costruita un bagaglio di professionalità con tanto impegno e dedizione, oggi – racconta – mi trovo a pagare un monolocale in affitto a 1.100 euro al mese e non a reggere più i costi per vivere in città anche per le cose essenziali. Prima vivevo in affitto in un bilocale a 750 euro tutto incluso, in un’ottima zona. È stato venduto e sono stata costretta a cambiare per andare a vivere nella metà dei mq e pagando 350 euro in più“. Ovviamente anche i prezzi di vendita delle case sono aumentati negli ultimi anni. “Non riuscirò mai a comprare un appartamento da single con il mio attuale stipendio”, racconta A.: “A Milano possono viverci solo i ricchi di famiglia che comprano le case ai figli o già sono proprietari di immobili oppure gente che guadagna da 4.000 euro netti al mese in su. Per tutti gli altri…”

G., invece, racconta di essersi “trasferito per lavoro nella provincia di Varese esattamente a Tradate” ma lavora “nel comune di San Fermo della Battaglia provincia di Como”. È un dipendente pubblico con “uno stipendio medio/basso (circa 1.500€)”. “Sto cercando di avvicinarmi al posto di lavoro ma gli affitti nei comuni vicino a Como sono in media 800/900€ per un trilocale!”. Come racconta al fattoquotidiano.it in questo caso il caro affitti è addebitabile anche a un altro fattore: “Perché la zona è piena di persone che lavorano in Svizzera (i famosi frontalieri). Guadagnano 4.000/5.000 franchi al mese e possono tranquillamente sostenere quel costo”. “Da calcolare – aggiunge – che questi individui usufruiscono del sistema sanitario italiano gratuito senza pagare tasse in Italia”.

E c’è chi per colpa del caro-affitti rischia anche rinunciare a un miglioramento professionale. È il caso di M.P. dipendente pubblico che lavora da 17 anni “in un Ateneo italiano toscano, come sistemista ICT“. “Il mio stipendio mensile è di 1.400€ – racconta – e mi permette comunque di vivere, anche se con sempre più difficoltà. Per cercare di migliorare una situazione che non promette miglioramenti economici né carriera, ho fatto e vinto il famoso concorso in ACN (Agenzia Cybersecurity Nazionale) che offre un contratto da ben 2.500€ mensili, che per la Pubblica Amministrazione sono un vero e proprio miraggio”. Nonostante la prospettiva di un rilevante aumento dello stipendio “il problema è che – spiega – dovrei trasferirmi a Roma e gli affitti per un monolocale in una zona adeguata non sono meno di 1.000 euro mensili“. Così, “facendo due banali conti della serva”, “in sostanza pagando l’affitto mi troverei con il medesimo stipendio che ho oggi”. Per M.P. il problema principale, oltre al caro-affitti, rimane quello degli “stipendi inadeguati“. “È tutto qui il problema italiano – conclude – e la PA ne è la maggiore responsabile”.

Dai problemi della Capitale a quelli della provincia di Latina. Anche Christian, che vive a Formia con la moglie e le due figlie, conferma che “trovare casa in affitto è diventato difficilissimo”. “Noi – spiega al fattoquotidiano.it – non riusciamo a trovarla e siamo stati costretti a tornare vivere dai genitori dopo altre 15 anni. Vergognoso…”. Per Christian una delle criticità principali riguarda l’assenza di “politiche per la casa”. “Noi viviamo a Formia e né il Comune né gli altri enti sono di supporto per le famiglie in difficoltà. Abbandonati a noi stessi senza prospettive”, conclude.

Problemi che si riscontrano anche in Campania. Se il prezzo medio degli affitti nella regione è molto più basso di altre zone d’Italia, questo non vale le aree dove c’è molta presenza turistica. Come spiega N., che vive a Meta “uno dei quattro paesi della penisola sorrentina, in provincia di Napoli”. “È sempre stato un posto caro da viverci – racconta – ma da quando ogni abitazione vuota è stata trasformata in casa vacanze, anche nei condomini, non si trova più un buco in affitto“. E quando lo trovi “per una casa sui 60 metri quadri in periferia, non si spendono meno di 8/900 euro al mese“. Peggio ancora, ovviamente, “nel centro di Sorrento”. “Non esiste un piano regolatore per nessuna attività da queste parti – commenta Nicola – e chi ne paga le spese siamo sempre e solo noi”.

Una selezione di storie che raccontano uno spaccato della situazione italiana sul fronte caro-affitti. Un problema che riguarda le famiglie ma anche i giovani. Angel, ad esempio, racconta che il figlio “paga 850 euro al mese in periferia di Milano per un bilocale di 65 m²”. “Il problema – scrive – non è in senso stretto il prezzo. Non essendoci regole precise sugli affitti e leggi a tutela di chi affitta, pochissimi si fidano ad affittare appartamenti vuoti. Per cui la richiesta c’è ma essendo pochi gli appartamenti il prezzo è ovviamente alto”. Un aspetto, quello della presenza di tante case sfitte, che viene riscontrato anche da Tonino a Verona. Racconta di vivere in un “quartiere periferico ad est dove sono presenti molti palazzi e villini bifamiliari che vengono tenuti vuoti dai costruttori per alimentare la speculazione edilizia, rendendo costantemente il mercato immobiliare carente di alloggi quando invece il 20/30% degli alloggi risultano vuoti da sempre”. “Chi permette tutto ciò – commenta – sono le banche, i costruttori a loro legati e lo Stato che permette tutto ciò, incapace di tassare pesantemente chi detiene e mantiene vuoti a lungo un numero immenso di vani abitativi”. Così la conseguenza è che in città “non ci sono affitti disponibili sotto i 1.000 euro, e questi anche in misura molto limitata”. Un problema che ne crea altri: “Per i giovani che si affacciano al mondo del lavoro, appare evidente l’impossibilità a spostarsi da un luogo ad un altro, poiché con uno stipendio di 1.200 euro è impossibile pensare di farlo. Per questo – conclude – le aziende non trovano lavoratori“.

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