Il sindaco e i vertici amministrativi del Comune di Grugliasco dovranno restituire quasi 80mila euro alle casse dell’ente per ristorarlo del danno erariale provocato. Lo ha stabilito a fine dicembre la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per il Piemonte, davanti a cui politici e manager pubblici dovevano rispondere in via amministrativa di un ammanco da 765mila euro, attribuito dai magistrati contabili a una serie di presunte irregolarità riscontrate nel periodo 2016-2021. Sotto la lente della procura erano finiti contratti, delibere e gli accantonamenti del Fondo per il trattamento accessorio della dirigenza, ovvero la quota variabile dello stipendio che viene erogata ai funzionari in base alle responsabilità e ai risultati raggiunti.

Questa indennità di risultato, dice la legge, deve essere ancorata “ad obiettivi predeterminati e misurabili”, mentre a Grugliasco sarebbe rimasta la stessa dal 2010 e identica per tutti e cinque i dirigenti che hanno sempre percepito trentamila euro a testa. L’obiettivo, secondo quanto riferito dal responsabile dello staff, era di “non creare elementi di frizione fra i dirigenti stessi e, attraverso questo, di contribuire a un miglioramento del clima organizzativo” in Municipio. La sua tesi non ha però convinto i giudici contabili che nei giorni scorsi lo hanno condannato insieme ad altre 5 persone proprio in relazione a quella posta di danno: l’extra infatti sarebbe stato distribuito a pioggia e in uguale misura a tutti, senza tenere conto delle singole performance.

Anche perché, rileva la sentenza, senza “specifici obiettivi annuali” stabiliti in anticipo non è possibile misurare i “risultati dell’attività gestionale” e a Grugliasco non risulta niente del genere negli anni oggetto di addebito. Oltre al funzionario di staff, dovranno pagare la direttrice delle Risorse Umane, due ragionieri generali, il segretario generale Luca Costantini e Roberto Montà, sindaco fino alla primavera 2022. A quest’ultimo i magistrati rimproveravano di aver firmato diversi atti di nomina senza indicare la durata dell’incarico, lo stipendio, le mansioni e gli obiettivi (fondamentali, questi ultimi, per determinare il trattamento accessorio). Su di lui, si legge nella pronuncia, gravava “un dovere di verifica più stringente sul procedimento amministrativo in argomento, posto anche che i documenti sulla base dei quali concedere le retribuzioni di posizione e di risultato provenivano proprio dai Dirigenti, ossia dalle persone direttamente interessate a una positiva e rapida definizione del procedimento stesso”.

Rigettata anche l’“esimente politica” accampata dagli avvocati dell’ex primo cittadino: firmare una nomina è “un’attribuzione propria di tipo squisitamente gestionale (e disciplinata dall’art. 50 Tuel) del rapporto di lavoro pubblico”, tutt’altra cosa rispetto a votare una delibera in Giunta, magari di contenuto specialistico. Proprio per questo motivo invece sono stati assolti gli altri politici citati in giudizio. Tra gli altri, l’ex assessore e attuale sindaco Emanuele Gaito e l’ex assessora al Personale Gabriella Borio, chiamati in causa per aver firmato le delibere che, secondo la Procura, stavano a monte della “catena causale che ha portato all’erogazione delle indennità” in questione. Rigettata, del resto, anche la possibilità per gli amministratori di avvalersi dello scudo erariale, che avrebbe escluso la responsabilità per le cifre erogate dopo luglio 2020: per i giudici bisogna guardare al tempo in cui il Comune decise di non definire gli “obiettivi individuali” da cui far dipendere l’indennità di risultato e non a quello in cui i dirigenti hanno concretamente ricevuto le somme.

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