di Federica Pistono*

In un momento come quello attuale, in cui la tragedia palestinese entra ogni giorno nelle nostre case attraverso le cronache dei media, è fondamentale, per inquadrare correttamente la questione, ascoltare le narrazioni che provengono dal popolo protagonista del dramma.

In questo ultimo scorcio del 2023, si segnala la pubblicazione di un romanzo la cui trama è incentrata proprio sulla condizione psicologica dell’individuo palestinese, esplorando le tematiche della separazione, della dilatazione di divieti e confini, della moltiplicazione delle barriere, della nevrosi che tale incremento esponenziale di impedimenti produce nella psiche di chi è costretto a subire. Si tratta del romanzo La confusione della cicogna, dello scrittore palestinese Akram Musallam (Edizioni Q, 2023, traduzione di Leila Mattar). L’autore è già noto al pubblico italiano per il romanzo La danza dello scorpione (Il Sirente, 2011, trad. L. Mattar), un’opera che ripercorre la recente storia palestinese sullo sfondo della Seconda Intifada e degli Accordi di Oslo.

Protagonista del nuovo romanzo è Cicogna, un uomo alto e allampanato che rivela i suoi segreti a poco a poco, trascinando il lettore in una ricerca di significato che corrisponde al tentativo del personaggio di capire il senso della vita nel Paese in cui vive, un’esistenza intessuta di assurdità e limiti invalicabili.

Durante l’infanzia, il protagonista ha ricevuto dalla nonna il soprannome di Cicogna, in arabo Laqlaq, per il suo aspetto fisico: gambe sottili, spalle spioventi, naso lungo. Il nomignolo provoca nel bambino la mania di invertire le sillabe all’infinito. La vita del protagonista, ragazzo e adulto, si riflette nel suo nome, spezzata dalla tragedia della separazione, della dislocazione, come quella di un uccello disorientato, che non sa più da quale parte del confine si trovi.

L’opera esplora dunque il tema della barriera, del limite, mettendo a nudo, con un’ironia pungente che ricorda quello dello scrittore palestinese Emile Habibi, gli effetti dell’occupazione sul mondo interiore della gente comune. Attraverso le vicende del protagonista e della sua famiglia, infatti, il lettore si immerge nella quotidianità del popolo palestinese sotto l’occupazione israeliana e conosce le nevrosi del protagonista, ossessionato dai divieti e dai confini invalicabili che hanno distrutto la sua famiglia e la sua vita.

Raccontando la disgregazione e la distruzione della società palestinese e degli individui che la compongono, il libro potrebbe essere definito, più che un romanzo di formazione, un romanzo di deformazione, in cui la separazione diventa la lente attraverso cui decifrare il senso dell’esistenza. Il palestinese infatti è collocato in una sorta di crudele gioco di specchi, in cui si riflettono all’infinito le divisioni e i veti, confondendo la demarcazione tra spazi geografici, verità e menzogna, sogno e realtà.

L’azione prende l’avvio nella seconda decade del nuovo millennio, in un paese della Cisgiordania. Cicogna, un quarantenne solitario e depresso di cui ignoriamo il vero nome, ha un appartamento in paese, ma ha preso l’abitudine di dormire in casa della nonna, ormai novantenne, e di coricarsi nel letto di ferro appartenuto al nonno, defunto da dieci anni. Nella vecchia casa della sua infanzia, Cicogna si interroga sul segreto del nonno, che lo tormentava da bambino e che si affaccia di nuovo nella sua vita di adulto: il nonno, infatti, ex militare nell’esercito del Mandato britannico negli anni Trenta, celava un oscuro segreto, legato all’omicidio di un commilitone e a una misteriosa giara di vetro.

Ripercorrendo la vicenda del nonno e la propria, Cicogna dipinge un affresco di storia palestinese lungo quasi un secolo, dagli anni Trenta ai giorni nostri: lunghi decenni segnati dalla sofferenza, dalla Nakba del ’48, dalla guerra del ’67, da quella del ’73, dalle due Intifada, da un’occupazione che ha imposto una serie infinita di proibizioni, così come ha negato il “diritto al ritorno” dei palestinesi nella propria terra, segnando in modo drammatico le vite di quattro generazioni di uomini e donne.

Secondo l’autore, Cicogna, come tutti i palestinesi, si sforza di vivere “normalmente”, ma questa normalità si scontra, continuamente e quotidianamente, con i muri, i fili spinati, il sistema vessatorio dei permessi di circolazione, necessari per farsi curare, per lasciare temporaneamente il Paese, per tornare, per coltivare la propria terra, per commerciare… Un sistema oppressivo che non può non generare malessere psicologico in chi lo subisce.

Un romanzo breve, intessuto di mistero e malinconia, che si legge d’un fiato.

* Dottore di Ricerca in Letteratura araba, traduttrice, arabista, docente, si occupa di narrativa araba contemporanea e di traduzione in italiano di letteratura araba

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