Da un lato un aumento costante di quantità di sostanza sequestrata dalle forze dell’ordine, dall’altro il fenomeno è sempre più evidente agli operatori che lavorano con i tossicodipendenti. In Italia aumenta in maniera esponenziale il consumo di crack. Un boom della cosiddetta “cocaina dei poveri” che segue, di pari passo, la diffusione della povertà nel Paese. A spingerne la diffusione è soprattutto il fatto che costa molto meno di tante altre droghe: una dose di crack (che è sostanzialmente una miscela tra cocaina cloridrato e bicarbonato di sodio) può essere venduta anche a dosi da cinque euro nei vicoli attorno allo storico quartiere di Ballarò a Palermo, raggiungendo cifre intorno a 30 euro a dose nel nord Italia, dove circola sempre più nelle aree urbane più povere e tra gli indigenti delle metropoli.

Crack, i numeri della diffusione – Secondo i dati della Direzione centrale dei servizi antidroga (DCSA), come riporta LaPresse, dal 2019 a oggi c’è stato un raddoppio nei sequestri, da 6,9 chili a 14,8, con un aumento costante negli anni (nel 2021 6,9 chili, nel 2022 10,5). “Il dato già in pochi giorni è passato a 15”, spiega a LaPresse Salvatore Leotta, tenente colonnello della DCSA: “Non stiamo parlando di tonnellate ma c’è un maggior numero di sequestri che ovviamente corrisponde a un maggior consumo. Parliamo prevalentemente delle regioni del Meridione o delle aree urbane più povere. Non vogliamo creare allarmismo ma il raddoppio è comunque indice di qualcosa”. A questi dati corrisponde anche quanto nota chi si occupa di tossicodipendenze che sottolinea come l’uso di crack sia in aumento “da anni” in Italia, come spiega Leopoldo Grosso, presidente onorario del Gruppo Abele. Costa poco ma “crea una problematica compulsiva forte, non ci si ferma a una dose”, aggiunge Grosso: “La diffusione è in aumento ma quando i Sert lo registrano, vuol dire che il consumo già viaggia da anni”. “L’abuso di crack è sempre alto, ma è in aumento perché è un prodotto meno costoso della cocaina pura”, spiega Simona Pichini, direttrice reggente del Centro nazionale dipendenze e doping dell’Istituto Superiore di Sanità: “È una miscela – sottolinea – che serve soltanto, una volta inalata, a liberare la cocaina base che arriva più velocemente al cervello con un’effetto immediato. Essendo meno costoso e con un effetto velocissimo, gli acquisti sono in aumento tra i consumatori più poveri”.

Le benzodiazepine e il Fentanyl – Tra i più poveri e chi vive per strada aumenta anche l’abuso di sostanze legali, come le benzodiazepine: “Sono la droga dei poverissimi, di chi ha pochissima possibilità di spesa. Con i migranti in strada, oggi, va alla grande il Rivotril. Queste benzodiazepine subentrano quando non si riescono a sostenere le spese di altre sostanze, oppure, come l’alcol, il cui abuso è sempre alto, vengono utilizzate per sedare ansie e problemi della vita di strada” spiega ancora Leopoldo Grosso. Le nuove benzodiazepine in Italia “conquistano” di più il mercato rispetto al Fentanyl, a differenza di quanto accade ad esempio negli Stati Uniti, ma l’allerta è alta anche sugli oppioidi. L’analgesico oppioide sintetico è comparso in Italia con un primo sequestro nel 2018, poi nel 2019 ce ne sono stati cinque, per un totale di 122 grammi. Altri due sequestri per anno sono avvenuti anche nel 2020, 2021, 2022 e 2023, secondo i dati della DCSA. “I numeri dei sequestri da soli sono piuttosto esigui ma i fenomeni vanno inquadrati. Se parliamo di Fentanyl non possiamo dire che non ci sia un’allerta alta” dice ancora Leotta della DCSA. . L’allerta alta trova conferma in ambito medico: “Ci sono stati solo 2 morti accertati da analoghi del Fentanyl negli ultimi anni” dice Pichini, “dal 2019 il sistema nazionale di allerta precoce sta lanciando molte allerte per servizi per tossicodipendenze, per comunità, per forze dell’ordine sul tema”.

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