di Gionata Borin

L’emendamento di Enrico Costa (Azione) alla legge di delegazione europea che introduce il divieto di pubblicazione da parte dei giornali “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare, detta anche “legge bavaglio”, è stato votato alla Camera da un’ampia maggioranza: Fdi, Lega, Forza Italia e dai partiti dell’ex duo – Renzi e Calenda – che oramai stanno all’opposizione tanto quanto Dracula sta all’Avis. Una legge controproducente, anche e proprio sul punto in cui i sedicenti “garantisti” un tanto al chilo l’hanno sostenuta con veemenza: quella di “tutelare la presunzione d’innocenza” ed evitare in futuro la cosiddetta “gogna mediatica” nei confronti dell’indagato.

I fatti, benché se ne dica, si possono conoscere solo attraverso la lettura dell’ordinanza, qualsiasi altra fonte si riduce ad una interpretazione di quei fatti e per ciò stesso sarebbe fuorviante o riduttiva; così (come è già stato evidenziato dal direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio) l’opinione pubblica, invece di sapere cosa scrive esattamente il giudice, quali prove ha raccolto, cosa ha detto l’arrestato o chi lo accusa, dovrà accontentarsi fino al processo del riassunto del cronista, il quale potrebbe equivocare il testo, non notare errori o contraddizioni, o magari occultarli ed ometterli apposta per favorire gli amici o colpire i nemici, ampliando in questo modo sì nei loro confronti la cosiddetta “gogna mediatica”.

Dare conto di un’indagine e dei motivi che portano un pubblico ministero a chiedere un arresto, e a un giudice ad autorizzarlo, rende possibile approfondire i motivi dell’indagine stessa. Questo non per condannare anticipatamente un accusato, ma anche per criticare il lavoro di un magistrato se necessario.

Per evitare casi, che in passato si sono verificati, di gogna mediatica nei confronti di un indagato, la soluzione non è quella di oscurare le notizie, ma se mai quella di introdurre la regola ferrea in cui venga riportato e ricordato in ogni articolo, quanto sancito dalla Costituzione: la posizione dell’indagato è quella del presunto non colpevole, fino ad un’eventualmente sentenza definitiva di condanna.

Poi, sarebbe anche utile e opportuno che ad ogni notizia di indagine e di arresto di un politico o di un cosiddetto “colletto bianco” si eviti di gridare alla gogna anche quando la gogna non esiste: questo è il classico metodo adottato solo per buttarla nel calderone, per far credere che sia sempre gogna mediatica, anche quando non lo è, ma con lo scopo di ampliarne la polemica ed avere così il pretesto per poter varare leggi porcata come queste.

Scritto questo, è chiaro che l’intento di questa legge, fortemente voluta dalla maggioranza dei parlamentari, non è quella di tutelare l’indagato dalla gogna dello “sbatti il mostro in prima pagina”. No, a lorsignori interessa evitare la sanzione sociale di eventuali comportamenti, situazioni o pessime frequentazioni che possono risultare nell’ordinanza d’arresto, che a prescindere se saranno giudicati in via definitiva reato o meno, possono rappresentare comunque una condotta quantomeno inopportuna o esecrabile da parte di un rappresentante delle istituzioni.

Questo, inequivocabilmente, è il loro obiettivo: tenere il più possibile all’oscuro i cittadini per evitare il più possibile la riprovazione sociale.

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