Non c’è pace per Gina Lollobrigida neppure sotto Natale e a quasi un anno dalla scomparsa avvenuta lo scorso 16 gennaio. La diva aveva manifestato le proprie volontà in ben due testamenti, uno olografo del 24 luglio 2013 scritto dinanzi al notaio Barbara Franceschini di cui ho già illustrato il contenuto in un precedente post e uno pubblico del 5 gennaio 2017 redatto dallo stesso notaio in presenza di due testimoni durante un ricovero ospedaliero.

Nel testamento del 2013 la Lollo sostanzialmente lasciava al figlio Milko Skofic soltanto un appartamento e motivava la sua scelta con il fatto di aver sempre provveduto al suo sostentamento economico, nonostante quest’ultimo si fosse sempre disinteressato di lei e non avesse mai condiviso le sue passioni come la scultura e la fotografia che considerava un inutile perdita di tempo e di denaro. Per questo motivo l’artista riteneva che suo figlio non fosse idoneo a gestire le sue opere, non avendo mai condiviso ideali comuni alla madre.

Nel successivo testamento, risalente al 2017, l’attrice aveva deciso di intestare la quota legittima al figlio e la quota disponibile al suo fido e amato assistente Andrea Piazzolla. Il fatto che i rapporti fra Gina Lollobrigida e suo figlio non fossero idilliaci e si fossero deteriorati parecchio tempo prima che quest’ultimo decidesse di intentare una causa a Piazzolla per circonvenzione di incapace si evince sia dal testamento del 2013 sia dalle numerose dichiarazioni pubbliche che l’attrice ha rilasciato a stampa e televisione in diverse occasioni.

Ora Milko Skofic ha deciso di intentare un’altra azione legale contro Piazzolla per impugnare i testamenti che ritiene nulli per circonvenzione di incapace da parte del factotum ai danni di sua madre. A questo riguardo occorre precisare che il tribunale di Roma lo scorso 13 novembre ha condannato a tre anni Andrea Piazzolla per circonvenzione di incapace, ma trattandosi di una sentenza di primo grado e non di una condanna passata in giudicato non si può affermare che il reato in questione sia un dato definitivamente assodato.

A ciò bisogna aggiungere che Piazzolla, dopo aver appreso di essere il destinatario della quota disponibile del testamento della Lollo, lo scorso 3 febbraio stipulò un atto notarile in cui si impegnava a destinare detta quota al trust Gina Lollobrigida. Da ciò ne consegue che l’azione legale intentata da Milko Skofic per impugnare i testamenti, qualora avesse esito favorevole, ostacolerebbe le prerogative e le intenzioni del trust stesso, che è stato pensato con la precisa funzione di promuovere e valorizzare al meglio in Italia e in tutto il mondo l’immagine, la memoria e le opere artistiche di Gina Lollobrigida, iniziativa fortemente voluta e caldeggiata dalla stessa attrice quando era ancora in vita, come tiene a precisare l’avvocatessa Francesca Romana Lupoi.

Senza contare il fatto che all’epoca del primo testamento, nel 2013, il tribunale rigettò il ricorso all’amministrazione di sostegno che Milko Skofic aveva chiesto per la madre, che fu ritenuta nel pieno delle sue facoltà intellettive; all’epoca del secondo testamento, inoltre, non era stata ancora redatta la perizia del dott. Massimo Di Genio che, in un documento del 2018, ritenne l’attrice vulnerabile e suggestionabile da parte di Piazzolla, parere peraltro completamente contestato e ribaltato dalle ulteriori perizie del dott. Alberto Siracusano e del dott. Fabrizio Iecher.

Al netto della controversia, quello che viene spontaneo chiedersi è se, ancor prima che dal punto di vista giuridico, sia moralmente ed eticamente accettabile che le volontà di Gina Lollobrigida espresse chiaramente in ben due lasciti testamentari e in svariate interviste e dichiarazioni pubbliche possano essere ignorate e calpestate in nome di una querelle che lede il prestigio, la dignità e la memoria di una delle ultime grandi dive italiane conosciute e amate in tutto il mondo.

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