Il Real Madrid compra Bale, l’Europa lo paga. Sono passati poco più di 10 anni dall’acquisto del gallese che tanto scandalo generò tra i media, quanto meno tra quelli poco propensi a lisciare il pelo ai tifosi e più attenti allo sguardo d’insieme sul calcio, leggi la sua sostenibilità economica e il rispetto delle regole. All’epoca infatti diverse banche spagnole che avevano finanziato l’acquisto di Bale dal Tottenham Hotspur – primo giocatore il cui costo del cartellino aveva sfondato il muro dei 100 milioni di euro – era le stesse ad aver beneficiato dei soldi stanziati dal fondo europeo per combattere la crisi creditizia e salvare gli istituti in maggiore difficoltà. Perché la politica dei Galacticos di Florentino Perez, che aveva sostituito quella fallimentare degli Zidanes y Pavones, non si fermava davanti a nulla. Dieci anni fa il Real Madrid era l’equivalente odierno del Paris Saint Germain: una squadra finanziariamente bulimica che riusciva a piegare le regole (molto meno rigide di quelle attuali, già di per sé allegre) secondo i propri desideri. L’opulenza sbattuta in faccia ai rivali, e nonostante questo i soldi sembravano non bastare mai.

Oggi il Real Madrid è un’altra società. Magari l’aggettivo virtuoso può risultare eccessivo nei confronti di un club i cui debiti risultano essere ancora cospicui, anche se in calo rispetto a quelli di altre big (i rivali del Barcellona in primis), ma le Merengues possono sfoggiare una sostenibilità in termini di bilancio inferiore solo a quella del Bayern Monaco, da sempre la regina in tema di unione tra risultati sportivi (di altissimo livello) e risultati economici. Per la nona volta negli ultimi dieci anni il Real ha chiuso il bilancio in attivo, con un +12 milioni di euro dell’esercizio 2022/23, relativo a un anno nel quale sono stati messi in bacheca tre trofei – Copa del Rey, Supercoppa Europea e Mondiale per Club – ma nessuno dei due più importanti, ovvero campionato e Champions League. I blancos sono stati l’unica società top, assieme al citato Bayern, a produrre risultati positivi in tutte e tre le stagioni interessate dagli effetti della pandemia. Pur non essendo mancati episodi di finanza creativa modello Barcellona, che verranno accennati più avanti, il Real nei tre anni “pandemici” ha accumulato perdite per un totale di 300 milioni, mentre società quali Barcellona, PSG, Juventus e Inter oscillavano tra i 500 e i 700 milioni.

Perdite che il Real è riuscito a ripianare attraverso la cessione di una parte dei propri ricavi futuri all’americana Sixth Street, già protagonista di una costruzione simile con il Barcellona. Con la differenza che i blaugrana hanno ceduto al fondo il 25% dei propri ricavi televisivi per i prossimi 25 anni, mentre le merengues hanno venduto il 30% dei ricavi commerciali provenienti dal ristrutturato Santiago Bernabeu per i prossimi vent’anni. Un prestito oneroso che ha iniettato nelle casse madridiste 360 milioni di euro, utili per tamponare le citate perdite da pandemia. “Nessun club della Liga ha assorbito la crisi del coronavirus come il Real”, ha dichiarato il boss della Liga Javier Tebas, persona non propriamente tenera nei confronti delle società con le mani bucate. Ciò è stato possibile grazie all’ottima gestione finanziaria che ha caratterizzato il club negli ultimi anni, e infatti il Real – rispetto al Barcellona – non ha mai incontrato problemi con i limiti del salary cap della Liga. Quest’anno, ad esempio, il tetto massimo per stipendi e costi derivati, calcolato sulla base dei ricavi, ammontava a 727 milioni, oltre 400 milioni in più rispetto al secondo club in graduatoria, ovvero l’Atletico Madrid.

Il punto di forza del Real Madrid si chiama fatturato, che nel 2023/24 ha toccato i 940 milioni di euro, incrementando di quasi cento milioni il risultato dell’annualità precedente, già di per sé un record nella storia del club (prima della pandemia il miglior risultato si era attestato a 757 milioni). La base di questa grande prestazione va individuata nelle entrate commerciali, che hanno portato nelle case merengues circa 300 milioni, di cui 70 dallo sponsor Emirates e 110 dal fornitore di abbigliamento Adidas. Da notare anche i 15 milioni incassati dal tour estivo americano del 2022, dove furono disputate amichevoli a Las Vegas, Los Angeles e San Francisco. Queste entrate commerciali avrebbero potuto essere ancora più alte se il Real non ne avesse ceduto una quota (il 10%, da pagare fino al 2027) a un fondo americano per ottenere subito 250 milioni, ma anche con questo minore introito i numeri rimangono notevoli. Altre importanti fonti di reddito derivano dai diritti tv nazionali (150 milioni), dai premi Champions (120 milioni, perché il Real guadagna anche grazie al coefficiente decennale, strumento concepito appositamente per favorire le big) e dal botteghino (160 milioni). In quest’ultimo caso vanno considerati i lavori di ristrutturazione del Santiago Bernabeu che spesso hanno impedito il tutto esaurito, presentando una media spettatori attorno alle 57.000 unità. Facile però prevedere che un futuro stadio da 85.000 persone, unito ai premi ancora più munifici derivanti dalla nuova Champions League XL, i blancos supereranno senza problemi il miliardo di euro di fatturato. Soldi che però, a differenza di altri club, il Real riesce a spendere con intelligenza, rispettando tutti i parametri imposti da Uefa e dalla Liga spagnola.

Il tallone d’Achille dei top club sono sempre gli stipendi, il vero pozzo senza fondo nei propri bilanci. Sotto questo profilo, comparando il Real Madrid al Barcellona, il risultato è un abisso. Negli ultimi cinque anni il club della capitale ha speso circa 346 milioni di euro in meno rispetto ai catalani, abbassando nel 2022/23 questa voce di spesa da 478 a 413 milioni, contro i 517 del Barcellona, e arrivando a toccare quota 49% dell’impatto degli stipendi sul fatturato totale. Per ogni euro guadagnato, 49 centesimi vengono pagati in costo del personale. Una cifra ben al di sotto del 70% previsto dalla Uefa come paletto, per una squadra che, a differenza dei rivali blaugrana, ha comunque continuato a ottenere risultati sportivi di altissimo livello, vedi la Champions League nel 2022, trofeo che invece a Barcellona manca dal 2015. Hanno dato una mano al miglioramento di questa spesa le partenze di Eden Hazard e Karim Benzema, mentre dal calcolo è escluso Jude Bellingham, il cui salario sarà computato a partire dalla prossima stagione. Con questi numeri anche l’ipotetico arrivo di Kylian Mbappè a uno stipendio doppio del giocatore attualmente più pagato in rosa (Toni Kroos), il rapporto stipendi/fatturato non salirebbe oltre il 55%. Pertanto nessuna sorpresa se la prossima estate si concretizzerà il botto già annunciato da tempo. Perché anche se il Real Madrid non brilla per una politica di trasferimenti redditizia, ci penserà – come avvenuto in tempi recenti – l’utile operativo a coprire, o perlomeno a tamponare, il saldo negativo derivante dai trasferimenti.

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