In viaggio verso il Regno Unito parlando un buon inglese, già esperti nel proprio settore e con un contratto da almeno 45mila euro all’anno in tasca. Se l’era dei giovani che andavano a Londra a imparare la lingua servendo pizze nei ristoranti italiani era già stata sepolta dalla Brexit, il giro di vite all’immigrazione legale in Gran Bretagna messo in atto dal vacillante governo Sunak apre ora una nuova stagione di flussi migratori oltremanica. A essere i benvenuti sull’isola sono manager e professionisti italiani che approdano già formati, a tutto vantaggio dell’economia britannica.

Pensiamo a chef, consulenti finanziari, manager, ingegneri, fisici e scienziati. Per loro porte aperte in un Paese che sta combattendo contro inflazione da record e stagnazione economica, con un governo di conservatori ai coltelli che, in vista delle elezioni, ha scelto la battaglia politica più appetibile alle fazioni dei Tory radicali: la lotta all’immigrazione, o potremmo chiamarla ‘Brexit 2 la vendetta’. “Credo che il segnale sia stato molto forte. Portare il reddito minimo per ottenere i visti di lavoro qualificato da 26.200 a 38.700 sterline all’anno, un salario superiore a quello medio nazionale, vuol dire che quelle che il governo britannico intende continuare ad importare da altri Paesi, compresa l’Italia, sono le professioni di alta fascia, quelle che difficilmente si riescono a formare in loco o che è molto costoso formare”, dice Brunello Rosa, Professore di Policy and Global Affairs alla City University di Londra. Secondo Rosa, l’impatto della nuova stretta sull’immigrazione legale è sicuramente negativo: “Tutte le misure che restringono la circolazione del capitale umano non possono mai essere positive. E questo vale anche per i rientri di cervelli di cui l’Italia beneficerebbe ampiamente e che invece vengono scoraggiati dalla riduzione degli incentivi fiscali. Quindi – rimarca il professore- è difficile venire in Uk ma è anche più difficile rientrare in Italia. Una situazione non esattamente ideale per gli expat italiani che noi seguiamo da vicino e che sono già stati colpiti dalla Brexit”.

Nel 2018 Brunello Rosa ha fondato l’associazione Talented Italians in the UK che ogni anno, in collaborazione con Camera di Commercio e sotto l’egida dell’Ambasciata Italiana a Londra, conferisce il premio Talented Youngs Award a giovani italiani che si sono particolarmente distinti nel proprio campo, oltre ad ad organizzare programmi di mentoring di giovani studenti che vogliono lavorare all’estero, coaching di professionisti residenti che vogliono riqualificarsi, e tavole rotonde con politici impegnati su questioni relative degli italiani all’estero. “C’è un effetto scoraggiamento per i giovani che vogliono venire qui prima a studiare, ormai pagando le stesse rette universitarie degli studenti extracomunitari che sono tre volte più alte, e poi fermarsi per intraprendere un’attività lavorativa. Posso capire le misure di restrizione dell’immigrazione da un punto di vista politico, ma sul fronte economico sono assolutamente negative. Dopo la Brexit c’è stata un’autentica emorragia di europei e italiani in molti settori dove eravamo molto presenti, come l’ospitalità, e dove ora si fa fatica a trovare personale. Nel 2022 sono stati registrati 745mila immigrati netti in Regno Unito, mentre gli europei sono calati da 400mila a 100mila. Questo vuol dire che persone che possono venire a fare lavori che non richiedono grandi qualifiche ora possono essere reperite in qualunque parte del mondo”, spiega Rosa sottolineando però come la nostra cultura di base sia ancora molto rilevante perché “certe professionalità non possono sostituirsi a quelle costruite in Italia, patria del gusto e della moda”.

Lo sa bene Roberto Costa, ambasciatore dell’italianità in Regno Unito, tra i più celebri ristoratori italiani a Londra dove ha aperto una catena di ristoranti che ormai è un’istituzione tra i locali della capitale. Costa è arrivato in Regno Unito 12 anni fa, ha vissuto l’Eldorado quando sulla sua scrivania si accumulavano pile di curriculum vitae di giovani camerieri e chef italiani. Poi la Brexit e il Covid hanno dato una mazzata al settore. “Quando abbiamo riaperto dopo la pandemia, molti italiani avevano lasciato il Paese senza preoccuparsi di fare il settled status (la procedura per ottenere la residenza permanente in Regno Unito, nda) e programmare i visti di lavoro. Questo ha fatto sì che ci siamo trovati senza manodopera in un momento di instabilità globale”, spiega Costa che nel suo gruppo impiega 130 dipendenti, italiani al 90% prima di Brexit e Covid, mentre oggi sono il 50%, mentre l’altra metà viene da Spagna, Bangladesh, Pakistan, Venezuela, Colombia e Bolivia, un vero “melting pot” come lo definisce Costa.

L’imprenditore, che siede anche nel board della Camera di Commercio italiana a Londra, lo scorso settembre ha aperto l’accademia Matooro in collaborazione con la ESE (European School of Economics) che ha sponsorizzato la formazione di 10 ragazzi italiani e 21 tra indiani e pakistani, unendo la cultura dell’hospitality nostrana e l’esperienza di back-office britannica. “La Camera di Commercio stimola la formazione e il training delle aziende italiane verso nostri compaesani, ma anche ragazzi stranieri che vogliono imparare il Made in Italy. Abbiamo membri e partner che rappresentano tutte le categorie in cui, da sempre, eccelliamo”, dice Costa secondo cui siamo di fronte a un ulteriore grande cambiamento in una metropoli, Londra, in continua evoluzione, ma dove gli italiani che sono riusciti ad abbracciare le trasformazioni stanno cominciando a raccogliere i primi frutti.

Se quella del cameriere è una professione di poca presa sui nostri giovani, ancora meno inglesi sono allettati dai ruoli in ospitalità: “In 12 anni i dipendenti inglesi che abbiamo avuto si contano sulle dita di una mano, un dato sconcertante”, rivela Costa che dopo i nuovi paletti salariali per l’ingresso di professionisti stranieri sta ora spostando l’attività della sua accademia sugli studenti, anche italiani (possono lavorare fino a 20 ore settimanali), formando figure manageriali che con salari superiori alle 50mila sterline annue riusciranno poi a rimanere sull’isola con un visto di lavoro. “La cosa che mi preoccupa – spiega però Costa – è che quando si stringe l’immigrazione alla fine poi si allargano le maglie del lavoro in nero, come negli Stati Uniti dove le persone ‘di confine’ che entrano con visto turistico poi incominciano a lavorare fino a quando non vengono presi ed espulsi e magari succederà questo anche a Londra”.

Il leader laburista Keir Starmer ha promesso che una volta al governo farà retromarcia sulle barriere all’immigrazione regolare. Non tutti però sono convinti che questa sarà la priorità del nuovo esecutivo. Secondo Brunello Rosa quello che possiamo aspettarci nei prossimi anni è una rimodulazione della composizione dei flussi migratori e una riapertura alle professioni più richieste come medici, infermieri, ingegneri, fisici, giuristi ed economisti.

“Non vedo un’apertura all’immigrazione che rischierebbe di mettere i Labour in una posizione difficile in partenza, ma se così non fosse la nostra comunità si dovrà attivare con i canali ufficiali e ufficiosi, diretti o indiretti, per far capire che c’è ancora valore nel tenere le frontiere relativamente aperte. L’inflazione registrata qui, più alta degli altri Paesi, deriva anche dal fatto che c’è una chiusura e quando ci sono rigidità strutturali queste tendono a registrarsi con incremento dei prezzi e diminuzione dell’offerta. Questo era quello che ci si poteva aspettare con la Brexit e puntualmente è avvenuto. Un’associazione come la nostra cerca di far capire il valore dell’immigrazione italiana nel Regno Unito e nel resto del mondo. Al nostro interno ci sono professionisti di grande calibro che hanno raggiunto posizioni rilevanti in tutti gli ambiti dell’economia britannica, dall’accademia alla moda, fino all’industria, commercio, finanza e servizi. Persone della nostra associazione si esprimono per far capire l’importanza di avere un flusso di talenti dagli altri Paesi, che poi era il grande vantaggio del Regno Unito: attirava talenti senza dover pagare per formarli. Il contraltare dell’Italia che formava talenti di cui non usufruiva – conclude Brunello Rosa – Adesso la traiettoria è un po’ meno felice”.