di Davide Gatto

Comunemente il mondo degli adulti e delle istituzioni lamenta l’insofferenza di giovani e giovanissimi per le regole civili fondamentali, inscritte nella Costituzione e trasmesse con grande trasporto da insegnanti e educatori. Ogni giorno infatti la cronaca informa di aggressioni alle forze dell’ordine, ma anche a genitori, a insegnanti, a chiunque a qualunque titolo venga etichettato come diverso – perché donna, perché omosessuale, perché africano, perché tifa un’altra squadra, perché troppo timido o troppo grasso. Per contrastare questa deriva, allora, sociologi e opinionisti si profondono in analisi molto sofisticate – l’eccesso di isolamento patito a causa del Covid o, al contrario, l’eccesso di contatti che la connessione continua ai social necessariamente comporta -, mentre la politica ha potenziato per decreto le ore di educazione civica nelle scuole e moltiplica proclami, inviti e auspici che i media prontamente raccolgono e rilanciano.

Vorrei però ricordare che la regola aurea di qualunque credibile formazione è l’esempio – la trasmissione dei valori non viaggia sulla loro enunciazione, ma sul loro concreto e coerente esercizio -, e che mentre io scrivo queste righe e gli studenti di tutta Italia studiano sui libri che “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona” (Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 3) e che in guerra “Le pene collettive […] sono vietate” (Convenzione di Ginevra, IV, art. 33), dagli innumerevoli schermi su cui noi tutti, giovani e giovanissimi compresi, teniamo sempre incollati gli occhi erompono le immagini di bombardamenti a tappeto su un piccolo territorio senza vie di uscita, di corpi straziati di bambini estratti a mani nude dalle macerie e di colonne di esseri umani privati di tutto che fuggono dalle bombe solo per trovare altre bombe.

L’impotenza delle Nazioni Unite e di tutte le associazioni internazionali poste a presidio dei diritti inviolabili della persona, il cinico cincischiare dei potenti della Terra, lo scandalo di uno Stato occidentale e democratico che sfacciatamente calpesta quegli stessi diritti umani di cui reca impressa nelle carni la più abominevole violazione della storia recente fanno dell’attuale guerra di Israele contro l’intera popolazione di Gaza il sigillo in cui è inscritto il tracollo degli ideali novecenteschi di uguaglianza, di rispetto delle regole, di solidarietà, di collaborazione pacifica e costruttiva.

Dopo questi due mesi di mattanza inarrestabile nella tonnara di Gaza, appellandoci a che cosa potremo richiamare le nuove generazioni al rispetto di principi che i loro governi enunciano solennemente a parole e poi violano così brutalmente nei fatti? Come potrà un insegnante spiegare credibilmente che l’Occidente è la patria dei diritti e che è grazie a questi se un popolo di profughi ha potuto finalmente costituirsi in Stato, diventando così il monumento vivente contro ogni violenza e contro ogni discriminazione?

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