La Davis ha dato alla testa. L’immagine del momento è la foto di Angelo Binaghi, potente presidente federale, con la coppa sollevata in alto all’interno della redazione della Gazzetta dello Sport. Binaghi ha l’indubbio merito di aver portato il tennis italiano ai massimi livelli e di aver quintuplicato il numero dei tesserati grazie anche a politiche nuove. Dal 26 novembre 2023, però, passa di celebrazione in celebrazione, rendendosi protagonista di una serie di uscite discutibili. Dopo pochi minuti dal trionfo di Malaga ha accusato il presidente del Coni, Giovanni Malagò. Ha gestito con modi sbrigativi il pasticcio della visita al Quirinale, rimandata per le vacanze dei giocatori. Non ha invitato alla festa della premiazione la squadra del 1976, rappresentata solo dal capitano di quel gruppo, Nicola Pietrangeli. Ha tirato in ballo persino il calcio, operazione facile visti i problemi dello sport più seguito in Italia. Il tutto mentre i giornali prendono nota senza contraddittorio. Le voci di dissenso sono pochissime. L’ex tennista Paolo Bertolucci, componente della squadra che conquistò la Davis nel 1976, su X ha scritto: “Credo che la FITP avrebbe dimostrato signorilità invitando alla premiazione oltre al capitano, anche la squadra del 1976. Sarebbe stato il naturale passaggio di consegne. Il silenzio totale della stampa avalla e convalida la scelta. Peccato”.

Bertolucci, perché questo astio nei vostri confronti?
Bisognerebbero chiederlo a Binaghi. Non so se all’origine ci sia gelosia perché il nostro gruppo è stato molto amato, oppure se prevalga in lui l’incapacità di saper gestire il successo. In un momento come questo, bisognerebbe volare alto. Invece siamo sotto rete. Peccato.

Rancori personali con qualcuno di voi?
Io posso parlare della mia esperienza: sono l’unico ex tecnico che non ha fatto causa alla federazione dopo essere stato rimosso. Sotto la mia guida retrocedemmo e fui messo da parte. Accettai senza battere ciglio e soprattutto senza battere cassa.

Non invitare la squadra del 1976 alla festa è stata l’ennesima mancanza di stile di queste due settimane di passerelle?
Binaghi ha perso l’occasione di mettere una parola fine a questa storia. Magari se ci avesse invitato nessuno di noi si sarebbe presentato, ma lui si è giocato male la chance di fare il signore.

I meriti di Binaghi?
Ha riportato il tennis italiano a livelli di eccellenza, ha dato lustro agli Internazionali di Roma, ha fatto un’ottima politica di reclutamento. Dal punto di vista manageriale, poco da dire, ma va anche precisato un concetto: sono i talenti che fanno grandi i dirigenti. Nello sport esistono cicli e ora, senza dubbio, abbiamo una generazione di tennisti straordinari.

Sempre su X, il 25 novembre Paolo Bertolucci scrisse: posti in piedi sul carro di Sinner.
A settembre Jannik fu giudicato un indegno per aver rifiutato la chiamata della nazionale, ma nel momento del successo, ci sono stati voltafaccia incredibili. Io non ho mai avuto dubbi sulle qualità tennistiche e umane di Sinner. Non è solo un talento formidabile: è anche un professionista esemplare, un ragazzo con la testa a posto e possiede una forza morale incredibile.

Sinner dove può arrivare?
Può piazzarsi in pianta stabile nel podio dei primi tre al mondo per diversi anni. La sua ascesa è stata continua e senza cedimenti.

Gli altri: Musetti, Arnaldi, Sonego?
Possono e devono inserirsi sulla scia di Sinner per crescere ancora.

Berrettini?
Io credo ancora in lui per una ragione molto semplice: è stato fermato da infortuni e ricadute. Se guarirà in modo definitivo e avrà la forza morale di ripartire da zero, potrà tornare a ottimi livelli. Non dico tra i primi dieci, ma almeno tra i primi venti. Tutto quello che si è detto sulla sua vita privata non mi interessa e mi pare anche fuori luogo.

Il doppio Panatta-Bertolucci, senza nulla togliere ai giocatori di oggi, resta il più famoso e il più amato dagli italiani.
Nonostante Panatta.

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